29 aprile 2017

De Pisis, filologo della moda


Prima di dedicarsi alla pittura, Filippo De Pisis¹ tenta in vari modi la via della letteratura. Nei trasferimenti da una città all'altra egli si porta dietro intere casse di fogli scritti che avrebbero dovuto diventare opere letterarie.

Si tratta per lo più di osservazioni e descrizioni molto vicine alla sua pittura, che non diventano mai veri e propri romanzi, ma si risolvono letterariamente secondo una poetica del frammento e della prosa d'arte.


Francesco Gnerre ²


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Il saggio sull'estetica del vestire che de Pisis aveva sempre desiderato scrivere non venne mai alla luce in vita l'artista. Ma il suo interesse per il tema rimase sempre vivo, e pagine scritte in proposito, frammentarie e di varie epoche, continuarono ad accumularsi seguendolo nei suoi vari soggiorni a Parigi, a Londra, a Venezia. 

L'incipit del libro che qui presento è una raccolta di osservazioni di de Pisis sul buon vestire, scritte con estro ed eleganza, che nelle intenzioni iniziali dell'artista dovevano costituire l'ordito per una opera più organica.

Gentiluomo, De Pisis


Questo del pittore Filippo de Pisis è un caso del tutto singolare nel panorama degli scrittori affascinati dalla moda, il quale all'inizio degli anni venti scrive una sorta di diario o zibaldone di pensieri, appunti, aforismi dedicati all'eleganza, un «Vademecum dell'uomo elegante, ossia memoriale portatile per chi voglia essere davvero di buon gusto nel suo vestire». Si rivela in queste pagine uno spirito aristocratico che si ispira ai modelli di Balzac e Oscar Wilde, assumendo gli atteggiamenti del dandy originale e anticonformista, anche per sfuggire al clima di politicizzazione che incomincia ad invadere ogni aspetto della vita sociale italiana negli anni del dopoguerra. Non per caso tra le sue carte si trova un'opera inedita e frammentaria intitolata Wildismo, che rivela l'interesse precoce per il dandismo e la filosofia degli abiti del giovane che fin dal 1913 conserva gli opuscoli pubblicitari in stile liberty dei "Magazzini Baroni di E. Guizzardi di Bologna" con la moda femminile rifatta da Parigi. In questa atmosfera si esercita copiando i gioielli di antiche famiglie bolognesi, particolari di abbigliamento o arredamento antichi e moderni, motivi ornamentali liberty nei quali sperimenta già il concetto dell'eleganza.

Nel 1921 de Pisis si trasferisce a Roma e comincia la stesura dei testi raccolti nel fascicolo Dell'eleganza, che continua fino alla partenza per Parigi nel 1925. Si compone così un opera frammentaria, ma nel contempo coerente, ora pubblicata con il titolo Adamo o dell'eleganza. Per una estetica del vestire, interamente dedicata all'abbigliamento maschile «Parlerò del modo di vestire e dei suoi accessori, e solo di quello maschile» (Dell'eleganza 17. V. 920). In questo modo riabilita un argomento tradizionalmente considerato frivolo, scoprendo dietro la leggerezza apparente della moda un intreccio complesso di significati estetici e psicologici: «Ma io vorrei far considerare a costoro che il modo di vestire, o meglio l'aspetto esteriore degli uomini nel suo più intimo spirito, ha un'importanza ben maggiore di quella che si direbbe a prima vista, non solo, è insito un mistero tremendo o dilettevole. L'intima essenza dell'eleganza insomma è qualcosa di eterno e anche di insondabile» (27. IV. 922). [...] Il de Pisis attraverso il tema degli abiti medita in realtà sulle leggi del bello, elaborando una vera e propria estetica della moda, che a tratti assume un tono quasi filosofico: «Un libro che tratti del modo di vestire potrà sembrare per se stesso vile e di genere leggero, ma a torto. Il vestiario di una persona, vale a dire ciò che forma l'essenziale del suo esteriore, è cosa che di lui cambia e resta forma palpabile attraverso i secoli» (28. VIII. 921).

Nella concezione di de Pisis l'eleganza è sinonimo di semplicità, intesa però come frutto di sapienza, dialettica tra spontaneità e costruzione, gusto innato e trasfigurazione artistica. Distingue pertanto in modo deciso tra vestire bene ed essere eleganti, mostrando un'idea estremamente elitaria della raffinatezza autentica come qualità innanzitutto dell'animo: «Il giovanotto belloccio e di belle speranze, che si metta dopo un buon bagno un tout de memê di seta dal colore tenue o mauve, rosa o grigioverde, e sopra una camicia di seta gris perle col colletto uguale vi annodi una deliziosa cravatta di maglia di seta col colore dei tiranti pure di seta, e indossi un abito di bella stoffa tagliato da un sarto che sappia il suo mestiere, e pensi solo per questo d'essere elegante, avrebbe dell'eleganza un concetto abbastanza banale» (17. V. 920). Lungi dall'identificarsi  soltanto nell'ultima moda («Certi vecchi  e distinti signori, nel loro abito scuro un po' giù di moda e con la loro semplicità dignitosa, possono essere molto più eleganti, in un certo senso, del giovanotto che si ispira  al "Vogue" o alla "Vie Parisienne" o al "Lidel"»), ritiene al contrario che l'eleganza sia fatta soprattutto di sapienza e grazia, armonia e squisitezza, distinzione e semplicità poiché consiste nel rifuggire «dalle cose comuni e dalle mode prescritte» perseguendo buon gusto e senso della misura: «Con un vestito un po' fané, insomma non tagliato all'ultima moda, ma di stoffa finissima e con qualche nota che riveli la persona di buona nascita, come un abito di sacco, ma con arditi e profondi toni di colore, si può essere più eleganti che seguendo ciecamente i figurini più accreditati » (20. VII. 920).

Nel contempo de Pisis stabilisce un rapporto preciso tra abiti e pittura, convinto della necessità di un'eleganza pittorica dominata dal senso del colore, per raggiungere l'armonia degli accostamenti cromatici e intonare le parti di una toilette con originalità. Ne consegue un'idea dell'eleganza come opera d'arte, sorta dallo «studio amoroso e particolare di un solo individuo»: non per caso coloro che raggiunsero i vertici dell'eleganza furono uomini alieni dalla vita mondana e galante, ma piuttosto solitari artisti (20. VI. 920).            

Daniela Baroncini ³


ADAMO O DELL'ELEGANZA
per una estetica nel vestire




Premessa


Ad alcuni parrà leggero, come si suol dire, l'argomento che ò² preso a trattare, e si meraviglierà che proprio io che aspiro all'alta poesia e all'alta filosofia, l'abbia scelto, e abbia avuto "la pazienza" di stendere queste pagine, ma io vorrei far considerare  a costoro che il modo di vestire, o meglio l'aspetto esteriore degli uomini nel suo più intimo spirito, à un'importanza ben maggiore di quella che si direbbe a prima vista, non solo, in esso è insito un mistero tremendo o dilettevole. L'intima essenza dell'eleganza, insomma è qualcosa di eterno e anche di insondabile. 
Io poi, devoto all'idea dell'indifferenziabilità del tutto, credo che qualunque argomento sia egualmente leggero e profondo a seconda del modo in cui viene trattato. E' vero ciò che diceva un bello spirito: "Tutte le cose divengon complicate e profonde a pensarvi sopra".
E vorrei anche dire che avendo "i cassetti", come si dice, pieni di manoscritti di ben più grande importanza e la testa piena di ben molte e gravi idee, mi è caro tuttavia licenziare questo libretto innocuo e gentile.

27.IV. 922   

"Un libro sul modo di vestire!", qualcuno penserà con una smorfiaccia di scherno e anch'io da prima l'ò giudicato alquanto alla leggera, ma ò riflettuto meglio e mi son convinto che il modo di andar  vestito à un'importanza ben maggiore di quella che si potrebbe pensare e che l'esteriore influisce più di quanto alcuno potrebbe credere sull'interiore. Ciò spiega in qualche modo perché il modo di vestire à riscosso l'attenzione di letterati, di poeti e perfino di filosofi, e perfino di scienziati.
E' innegabile che negli uomini e specie nei giovani, anche nella mediocre borghesia, anche in quelli non dotati di particolari attitudini artistiche, è sviluppatissimo e vivo il senso di attenzione e di preoccupazione per ciò che si riferisce al vestiario e all'abbigliamento.
Questa preoccupazione sembra intensificarsi nei periodi, come il nostro, di rivolgimenti sociali.
E qui sarà interessante osservare come sia necessario per riuscire davvero eleganti, attenzione e cura, ma non preoccupazione, e come l'eleganza del vestiario (tutto nelle arti infine è indifferenziato) sottostia alle leggi generali dell'arte e del bello.
L'arte è fatta di sapienza e di equilibrio, ma anche di semplicità e di spontaneità: di cura e attenzione estrema, e di noncuranza e disinvoltura insieme.

10. V. 921

Alcuni raccomandano come cosa indispensabile all'eleganza la semplicità, e sta bene, ma sarà opportuno fare osservare che vi sono varie specie di semplicità: c'è quella che è frutto di sapienza, di complicazione e di cautela, e quella che deriva da ignoranza, superficialità, fretta o economia. Certi americani ben nutriti, anche della più bassa borghesia, tu li vedrai ad esempio per le vie di Roma con buone scarpe, abiti di stoffa inglese ben tagliati, camiceria fresca e un berettino in testa. Visti di lontano potrebbero sembrare regnanti che viaggiano in incognito, ma ben diversa e certo più elegante è la semplicità, ad esempio, dei parigini di buona razza. Semplicità che à origine dalla fuga di tutto ciò che sa di ostentazione, semplicità complicata e gustosa, non primitiva e spicciola.


1948, de Pisis durante il suo secondo soggiorno parigino.
poco prima della malattia che lo porterà alla morte.


Nell'arte decorativa, e così nell'eleganza, che à bisogno del superfluo e del complicato, una domanda che non à senso è "Che cosa significa?".
Che cosa significa una sfumatura, un gingillo, una linea curva piuttosto che diritta, una piega, un neo? Significa tutto e nulla! Che cosa significa un gran pianto dirotto improvviso davanti a un tramonto intenso in una via deserta?
E come la poesia, è tutto per chi vi è nato e la sa sentire, nulla per gli altri.

Certi uomini di ingegno ad imitazione degli stranieri e forse anche spinti da ragioni d'indole economica, ànno adottato un metodo di andar vestiti con una semplicità quasi ascetica. Non è però a dirsi che non vi sia uno studio anche in ciò.
Essi certo vogliono far capire che ànno superato le piccole vanità, tutti assorbiti in più attrattive. Li vedete preferire stoffe grossolane, tagli d'abiti dall'aspetto quasi campagnolo e poco curare anche la toilette della persona. Sono soprattutto letterati noti, anche giovani, e potrei far nomi. Usato con vera sagacia anche questo metodo può esser buono, specie se chi lo usa saprà impreziosire con certe nascoste squisitezze tutte sue  l'apparente povertà.

Sempre contrario alla vera eleganza, come alla vera signorilità, è ciò che si designa con l'appellativo di snobismo, dalle sue forme più contegnose ed evolute, alle più goffe e volgari.
Lo snobismo, nella vita come nell'arte, è frutto di poca sapienza e di non sufficiente ironia, è perciò molto comune nei periodi di rivoluzione e caratteristico dei nostri tempi di servi fatti padroni.
Molti usano senza troppo pensare tutto ciò  che è disegnato e venduto e fatto pagare come "molto chic", ottenendo il risultato contrario. Grandi occhiali e caramelle cerchiate di tartaruga, ghette chiare, spille con gemme, bastoni con manici eccentrici, giacche dal taglio ardito e con un sol bottone davanti etc. etc.

24. I. 920

Una caratteristica poi e anche un segreto dell'eleganza è di essere pittorica nel senso più nobile della parola.
Il tale può sembrare vestito bene, con buon gusto, può sembrare elegante a giudizio dei giudici superficiali, dei più, ma si provi a fargli un vero ritratto a colore: sarebbeuna pena per un colorista sapiente. Chi à il senso vero e profondo del colore invece saprà combinare le diverse tonalità del suo vestiario in modo da raggiungere un equilibrio anche coloristico veramente pittorico. Ciò, si può osservare di sfuggita, sembra ottenersi con la massima semplicità, frutto però di esperienza e di paziente scelta.
Dò un esempio. Una cravatta di velluto di uno smorto bleu marin potà essere una "deliziosa nota di colore" sopra il bianco freddo della camicia e il nero morbido di un vestito di panno, o sopra il marrone lanoso di un paletot inglese o il giallo di una pelliccia di martora.

Roma 17. II. 920


La scelta


Alle volte, lo scegliere un fiore piuttosto che un altro a completare una toilette armoniosa, provoca davvero un leggero strazio per l'incertezza della scelta. La senecio di un viola cupo, squisitamente si intonava con la cravatta di maglia di seta, ma la valerianella tenue meglio s'attenua sul fondo grigio morbido del costume.

Cesenatico, 10. VII. 919


Da «Fumatori» 1924
Il disegno è commentato dalla scritta «Giovane
che non fuma ma che gode brutta fama».




Filippo de Pisis


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₁ Filippo de Pisis, pseudonimo di Filippo Tibertelli (Ferrara, 11 maggio 1896 - Milano, 2 aprile 1956) è stato un pittore e scrittore.       
₂ Francesco Gnerre, edito in "Babilonia", gennaio 1998
₃ Daniela Baroncini - La moda nella letteratura contemporanea - Ed. Bruno Mondadori, 2010, pp. 86-94
₄ Interessante osservare, che come altri autori a lui coevi (ad esempio Comiso), egli scrive "ò", "ànno" anziché "ho", "hanno".


Pagina di Diario del 24.IV.1918


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ADAMO O DELL'ELEGANZA
per una estetica nel vestire
Autore: Filippo de Pisis
A cura di: Bona de Pisis e Sandro Zanotto
Edizioni L'inchiostroblu, 1981

Questa edizione rispetto ad altre, pubblicate dopo, ha il pregio di avere un ampio repertorio fotografico e di disegni, giusto complemento di questo bel saggio, scritto con estro ed eleganza, che raccomando non solo a chi si interessa di arte ma anche di chi studia la moda.


a cura di Rames Gaiba
© Riproduzione riservata

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Il rapporto di de Pisis con Cesenatico, e più in generale con la Romagna e la riviera adriatica (soprattutto a Rimini meta di soggiorni estivi, in particolare negli anni 1939, 1940 e 1941) ebbero qualche riflesso sulla sua attività di pittore “en plein air”.

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