Le fibre di lino sono ricavate dallo stelo della pianta a fusto eretto⁴, alto 70-120 cm, con piccoli rami (la pianta è poco ramificata), ciascuno dei quali ha un piccolo fiore con la corolla a cinque petali in genere di un colore azzurro intenso per la varietà originale, o rosa violaceo fino al bianco rosato degli ibridi, che fioriscono solo per un giorno.
Cresce in tutte le stagioni dell'anno (lino annuale, primaverile, estivo). Il ciclo biologico dura 90-100 giorni nei tipi a semina primaverile e 180-200 giorni o più in quelli a semina autunnale. Per ottenere una fibra tessile lunga, quella poi usata per i tessuti, nei paesi a clima freddo si semina molto fitto. La coltivazione interessa i climi delle zone temperate e umide e richiede una temperatura ottimale di 10 °C per il germogliamento, 15 °C per la fioritura e 20 °C per la maturazione.
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₁ Alcuni studiosi sostengono che la parola potrebbe essere derivata in latino dall'etrusco, ma non è un prestito dal greco λίνον "línon", con lo stesso significato, perché in tal caso avrebbe conservato la brevità della ί che presenta in greco. In realtà la parola esiste in parecchie lingue indoeuropee. Le forme celtiche e germaniche hanno la i lunga come in latino. Le forme slave e baltiche mostrano una ί breve come in greco. Ma nonostante la parola sia diffusa in molte lingue indoeuropee e che alcuni studiosi abbiano cercato di avallare una radice indoeuropea, tutto sembra indicare che si tratti di una parola molto antica presa in prestito dall'indoeuropeo occidentale o da varie lingue singolarmente, che acquisirono il prodotto e la tradizione in tempi antichi, e presero in prestito da una lingua che non possiamo determinare, ma sicuramente la parola faceva parte del Lessico mediterraneo comune.
₂ Lenza - dal latino classico linteum (neutro sostantivato dell'aggettivo linteus «di lino») incrociato con lĕntus «lento, flessibile».
II. Segue la macerazione, un processo naturale, che serve, grazie all'azione dei batteri che proliferano negli steli stessi, a disgregare (sciogliere) le sostanze gommose (pectina) che avvolgono le fibre cellulosiche alla paglia. La macerazione può avvenire a terra, sui campi medesimi, dopo l'estirpazione (lino greggio) oppure in vasche piene d'acqua (lino bianco).
III. Questa azione è poi seguita dalla gramolatura, che ha lo scopo di asportare le capsule contenenti i semi, e dalla stigliatura che separa meccanicamente le fibre tessili dai fusti macerati. Quando il trattamento era manuale, tali operazioni avvenivano in due fasi distinte; oggi il trattamento si compie, in un unico passaggio, nella strigliatrice a turbina. Il lino di "lungo tiglio" che ne deriva deve essere pettinato in modo da eliminare le parti più corte e le impurità, riunendo le fibre, parallele fra loro, in nastri o tops da filatura.
Nel caso del lino la filatura può avvenire in due modi distinti: ad umido ed a secco.
La filatura a umido è detta così perché lo stoppino viene immerso in acqua a 60°C prima di essere stirato o allungato; in tal modo si ammorbidiscono le sostanze che tengono unite le singole fibre, permettendo a queste ultime di scorrere l'una sull'altra, per formare un filato fine e regolare, nonché più resistente, lucido e liscio. Con i filati prodotti a umido si realizzano i tessuti di migliore qualità, utilizzando titoli che vanno da Nm. 10 a Nm. 90.
La filatura a secco usa normalmente i sottoprodotti delle fasi di stigliatura e di pettinatura: le fibre vengono raddrizzate e rese parallele da una carda, che produce un nastro, successivamente stirato e filato come nel procedimento a umido: con la differenza che durante l'operazione finale lo stoppino non viene immerso in acqua. Il lino filato a secco è più peloso e grossolano di quello filato ad umido, e i titoli metrici vanno da meno di 1 a circa 12 (in questo caso le applicazioni prevalenti sono le tappezzerie murali, i tessuti d'arredamento, gli strofinacci, oltre a particolari tessuti d'abbigliamento di aspetto rustico ed a tessuti tecnici per usi industriali).
Terminata la filatura, il filato viene controllato e confezionato su un cono tramite la “roccatrice” giungendo così al prodotto finale, la rocca di lino, pronta per essere imballata e spedita ai tessitori. Seguiranno poi eventuali colorazioni o trattamenti.
Le fibre di lino, coltura di nicchia, rappresentono meno dell'1% della produzione mondiale di fibre tessili.
NATURALMENTE ECOSOSTENIBILE
Il lino si distingue per il suo 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐢𝐥𝐨 𝐞𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐨 ed i 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢 𝐞𝐭𝐢𝐜𝐢:
✔️ Non produce scarti, tutte le sue parti vengono utilizzate. Fibra 100% biodegradabile.
I nomi, metamorfosi, del tessuto di lino - Ancor oggi i lini si chiamano batista, bisso, rinfranto, tela Assisi, saia, o conservano i nomi degli antichi luoghi, Fiandra, Batavia, Olona. Tuttavia, pur così variegata, è riconducibile a due grandi tipologie determinate dal telaio utilizzato. Ci sono le Tele e gli Operati che nascono dal telaio Jacquard e dal sistema Ratière, che permettono intrecci di trama e ordito irregolari e complessi per ottenere disegni e rilievi. Sono, invece, usati nell'arredamento, i Velluti di lino, che si ottengono sia con i telai ad armatura tela sia con i Jacquard ma formano una loro tipologia a se stante.
La già ricchissima tipologia dei lini nell'abbigliamento si diversifica ancora di più. Lini leggeri come, oltre alla già citata batista, il voile, il crespo; lini di peso medio come il gabardine, il madras, il picché, il twill, il double, il tubico, il reversibile, perfino il “jeans”; lini più pesanti come il tweed, il galles, la saglia, la classica drapperia, il broccato, il matelassé, il raso.
Poi, i lini dalla lavorazione speciale, come il plasticato, il goffrato, il delavé, persino lo “stropicciato” ad arte, con una macchina apposita, per esaltare il look spiegazzato tipico del lino.
Lino, infine, per la maglieria, in una esplosione di sofisticati filati fantasia, bottonati, fiammati, crespati, cangianti, bouclés, chinés, moulinés... Accanto, i classici jersey, morbidi e scattanti insieme.
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₅ Al Nord di solito la coltura non necessita di irrigazione; al Sud abbisogna di 2-3 interventi irrigui.
₆ Lenzuolo deriva dal latino linteŏlum, diminutivo di linteum, neutro sostantivato dell’aggettivo linteus «di lino».
Il marchio Masters of Linen® rilasciato dalla CELC (The European
Confederation of Flax and Hemp) certifica il lino con tracciabilità
europea seguendolo ad ogni passaggio della filiera: dalla coltivazione
della fibra su suolo europeo al filato, tessuto e confezione del bene
finito (brands e retailers).
La certificazione Masters of Linen® è infatti disponibile per
filatori, tessitori e brands che si impegnano a sostenere l’industria
europea e a implementare una rigorosa tracciabilità grazie ad un
controllo annuale.
Tale controllo è demandato ad un ente terzo, che per l’Italia è
Centrocot, o può essere effettuato dai revisori dell’azienda
assumendosene la responsabilità.
Le aziende che aderiscono alla certificazione Masters of Linen®
entrano in un club esclusivo della produzione di una fibra
straordinaria, che coniuga sia peculiarità qualitative (ad esempio se ne
ricava il lino più fine al mondo).
STORIA - I più antichi reperti di lino provengono dall'area caucasica-medio orientale (la pianta e la fibra provengono originariamente dalle valli del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate) e risalgono a un periodo anteriore a 8000 anni a.C. Già gli Egizi se ne servivano circa cinquemila anni fa: frammenti impalpabili di una tela di lino sono stati infatti ritrovati nel sepolcro di una principessa dell'epoca. Lo utilizzavano per l'abbigliamento e per fasciare le mummie. Il lino in Egitto veniva seminato a metà novembre, dopo le piene del Nilo, e raccolto in marzo. Fin dall'inizio fu una risorsa essenziale per il paese, tanto che tra le dieci piaghe d'Egitto citate dalla Bibbia si nomina anche la distruzione del lino e dell'orzo: "fece piovere grandine su tutto il paese... il lino e l'orzo furono colpiti, perché l'orzo era in spiga e il lino era in fiore..." (Esodo 9,25-31)⁷. La Bibbia ne parla come di un dono prezioso e raro, ricompensa di un potente per un gradito servigio.
In Grecia in fatto di lino e lusso erano un po' indietro rispetto agli pulenti Orientali: forse perché avevano una terra povera e il clima in molte zone era rigido, sta di fatto che tra tutti i tessuti dominava la lana.⁸ Vi sono del lino, comunque, precise e significative tracce: nelle tombe di Micene, di Troia. Il Mediterraneo, dunque, ecco il punto di partenza. E più precisamente pare, qualche lembo di terra fra il golfo Persico, il Mar Caspio e il Mar Nero dove il clima è umido, la temperatura mite, il terreno ricco e soffice. Furono i primi navigatori ad estendere la conoscenza e l'uso in tutta Europa. Furono i Fenici e gli antichi abitanti della Palestina a curarne la qualità, la tessitura.
A Roma, almeno fino all'Impero, il lino non conobbe grandi fortune: troppo raffinato, troppo costoso per gli eredi dei rudi pastori latini. Non a caso il lino era stato coltivato e lavorato dagli Etruschi, specie per usi industriali: vele, reti da pesca, supporto per scruttura; sconfitti gli Etruschi, nella valle del Tevere non era rimastatraccia di lino, mentre fiorente era la coltivazione in Campania e nella valle del Po. Se volevano lino, quindi i Romani dovevano acquistarlo dai paesi produttori, dall'Egitto soprattutto, e dai Cartaginesi e Fenici. Poi, quando la Repubblica diventa Impero, Roma mette le mani sulla materia prima e l'uso della raffinata fibra si diffonde molto di più.⁹
Carlo Magno, come re dei Franchi prima e imperatore del Sacro Romano Impero, poi, incrementa la coltura e l'industria del lino in tutte le zone in cui è possibile ed economicamente vantaggioso, in Francia e nelle Fiandre soprattutto, sinonimo appunto di quel tessuto ricco di lucenti arabeschi, lavorato con inesauribile perizia e fantasia.¹⁰ Il lino raggiunse la massima diffusione nell'Europa settentrionale tra il 1100 e il 1300 d.C.
Nel Medioevo il lino ha raggiunto il culmine della sua espansione sul continente, in particolare nel centro e nord Europa. Con il Rinascimento il gusto per uno stile di vita raffinato ha rafforzato la presenza del lino nella vita quotidiana estendendone l’uso per produrre lenzuola e camicie. Nel corso delle guerre di religione (dalla metà del 1500 alla metà del 1600), migliaia di artigiani tessitori fiamminghi furono forzati all’esilio in Inghilterra e soprattutto in Irlanda, dove nacque una qualità nota come Lino Irlandese¹¹ tanto caratteristica per la finezza dei filati e la brillantezza dei colori che permette di ottenere un tessuto di aspetto e manegevolezza unica; mentre Russia e Polonia si apprestavano negli stessi decenni a fare la loro prima comparsa sul mercato.
E per alcune regioni, per numerosi paesi, la filatura e la tessitura del lino non soltanto costituirono fonte di notevole benessere, ma giunsero a tale perfezione da legare per sempre nel tempo il nome del paese a quello delle tele che vi venivano prodotte.
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₇ Si tratta della Settima piaga: la grandine.
₉ Giovanna Bergamaschi, op. cit., p. 33
₁₀ Carlo Magno intuendo la crescente importanza del lino, pare emanasse uno speciale decreto per rendere obbligatoria, per tutti i suoi sudditi, la coltivazione, la filatura e la tessitura del lino additandola così come la più importante attività dell'impero, quella destinata al maggiore sviluppo.
olio su tela, 95.6 x 83.8 cm
Tate Moderm - Londra
- Linificio e Canapificio Nazionale
(azienda facente parte del Gruppo Marzotto che è in Italia la più grande azienda produttrice di filato di lino, attività che conduce dal 1873) - Albini Group “Lino Europeo”
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