Diamante paese della costa tirrenica della Calabria (siamo in provincia di Cosenza), al centro della famosa Riviera dei Cedri, chemantiene intatto nel tempo il suo fascino antico di paese di pescatori, ad oggi conta oltre 300 opere. Si è incominciato nel 1981, “un’autentica città di arte popolare, di un’arte fruibile dal popolo e per questo scritta o dipinta sui muri”¹, muri che si trasformano in arte e che donano un valore aggiunto ad una località che di per sé è già molto affascinante. Ad ogni angolo, sulle pareti delle abitazioni, colori, volti ed
immagini disegnate dai migliori artisti del mondo riempiono di vita ed
arte il paese. Si inizia con la figura dell'emigrante che mostrano una grande sensibilità per la cosiddetta «questione meridionale». Poi, nel 1986, ci sono le poesie scritte sui muri. Nel 2000 al posto dei dipinti ci sono le vignette. Nasce “Piazza della satira” e arrivano i più famosi vignettisti italiani. Nel 2006 è la volta delle “Fiabe calabresi”.
Nel borgo della parte vecchia, da dove tutto è cominciato, su un muro questo murales dedicato, immagino, alle sartorie.
Nel borgo della parte vecchia, da dove tutto è cominciato, su un muro questo murales dedicato, immagino, alle sartorie.
Qui sono rappresentati:
- Un ferro in ghisa a fornello, chiamati anche "battello", del periodo 1900-1910. In pratica hanno un contenitore per il carbone e una serie di feritoie che consentono l'alimentazione di aria per la combustione. Questo ferro aveva un coperchio incernierato sul quale era applicato un grosso manico di legno per non scottarsi; lungo i fianchi, una fila di fori faceva circolare l'aria sulle braci sistemate all'interno.
Viene in mente il proverbio: Il ferro da stiro è il ruffiano del sarto. [Perché riesce a far apparire presentabili indumenti sciupati].
- Un manichino da sartoria. Il manichino nacque sul finire del secolo XVIII, ed era niente altro che una piccola bambola, lunga tre o quattro spanne, vestita di abitini perfettamente ridotti sulle sue proporzioni, con una cura ammirevole. Ancora nei primi anni del XIX secolo, se ne trovavano in certe vetrine di provincia, tristi e fredde, e piacevano molto ai bambini. Queste bambole, naturalmente, servivano alla mostra dei modelli, ma non alla loro confezione; venivano spedite, in eleganti cassette, e dalla loro patria, che allora era Parigi, venivano inviate alla corte di Russia, ed in USA, quivi chiamate dalle ricche figlie di qualche piantatore; né mancavano di essere inviate in Italia a Torino, Milano, Roma, Firenze e Venezia. Assai presto queste graziose bambole dovettero dividere il loro regno, con i manichini di vimini, sformati, poverissimi. Però, evidentemente, i manichini di vimini non diedero molte soddisfazioni alle donne di allora. Forse la loro scheletrica magrezza le turbava, forse la loro bruttezza sembrava a molte un po’ irreverente. Fatto è che entrò in lizza il manichino imbottito: quel coso che se ne sta ritto su una gamba con tre piedi, e gira quand’uno lo spinge, e si lascia aprire il seno e il fianco, per ricevere iniezioni di ovatta. Solo sul finire del secolo XIX cominciarono le migliorie. Dapprima si attaccò al manichino imbottito una testa di cera, poi, oltre alla testa, un paio di braccia, poi tutto il busto, imponente, solido, liscio. Non più di cera, ma di legno; non più curve procaci, ma angolosità veramente lignee; non più epidermici di rosa e di latte-miele, ma vernici forate, bronzee, ecc.; non più chiome fluenti, ma striature nel legno e, talvolta, crani rotondi e lisci.
- Le forbici da tagliatore, che possono avere una lunghezza fino a 50 cm e un peso fino a 1 kg. La loro manipolazione è agevolata dalla forma fisiologica degli anelli che si infilano al pollice e alle altre dita: indice, medio, anulare, mignolo. Un nasello (centro di movimento e di equilibrio) fornisce un appoggio durante il taglio.
Anche qui il proverbio: Taglia lungo, e cuci stretto.
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¹ Come aveva immaginato Nani Razzetti, un pittore genovese di nascita, calabrese di adozione. Rames Gaiba
© Riproduzione riservata
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