21 aprile 2024

CASTELLO DI ISSOGNE - Bottega di un mercante di stoffe e lavori sartoriali


Il ciclo degli affreschi delle botteghe artigiane che troviamo nelle lunette sotto il porticato - esempio di pittura alpina medioevale - nel Castello di Issogne [Château d’Issogne] raffigurano scene di vita rinascimentale, che testimoniano il buon governo della famiglia Challant, sono stati fatti nel periodo 1498 e il 1501 e sono attribuiti da ignoto pittore detto Maitre Colin (Maestro Colin), che troviamo a volte citato come "Magister Collinus", in virtù di un graffito, presente proprio al di sopra della panca nella lunetta del corpo di guardia, che appunto indica il suo nome come autore dell'opera.   


Bottega di un mercante di stoffe
affresco del Castello di Issogne, Valle d'Aosta, seconda metà del sec. XV


Bottega di un mercante di stoffe
particolare del sarto che confeziona una calza suolata
affresco del Castello di Issogne, Valle d'Aosta, seconda metà del sec. XV


Si noti la precisa distribuzione dei compiti all'interno della sartoria: sulla destra due personaggi misurano le pezze di tessuto, piegate ordinatamente sul banco; un terzo si occupa di tagliare i vari pezzi degli abiti, che poi vengono appesi sulla barra orizzontale, mentre l'ultimo personaggio cuce e confeziona i capi di abbigliamento.¹ 





VENDITA DI TESSUTI E LAVORI  SARTORIALI


Il lavoro principale del sarto era quello di tagliare e cucire; tagliavano o lavoravano panni nuovi (aliquod pannum novum incixerit aut laboraverit) e si occupavano della vendita di manufatti sartoriali (ex aliqua alia causa quam pro vendendo).

Quella dei sarti era una arte «lizera» giacché per l'esercizio di essa potevano bastare ago, filo e ditale.² Se però non richiedeva la disponibilità di consistenti capitali, con l'imporsi di fogge elaborate si resero necessarie conoscenze approfondite, una grande abilità e molta condiscendenza nei confronti di una clientela esigente e volubile. Scriveva il Garzoni: «cotesto mestieri, oltre che è pieno di mille varietà di punti (come di semplici, di doppi, di punto allacciato, di drieto punto, di gasi, di cadenelle, di gipature), porta seco diversità d'ornamento (perché chi vuole liste, chi cordoni, chi franzette, chi passamano, chi tagli, chi cordella, chi raso, chi cendado, chi velluto, chi nastro di seta, chi treccietta d'oro) non ha mai fine, e mai giornata si avriano tanto che i sartori ne sanno meno in lor vecchiezza che sul principio che aprono bottega».    

La bottega del sarto
affresco del Castello di Issogne, Valle d'Aosta, seconda metà del sec. XV


Un buon sarto con quel semplice ago, quel ditale e quelle forbici, che costituivano l'unica dotazione o quasi, doveva in sostanza fare miracoli: accontentare imperatori, principi e marchesi, dottori, frati e donne che «ogni giorno mutano usanza e modo di vestire».  Ciò accadeva non solo nel XVI secolo, ma a partire almeno dalla metà del Trecento.




Gli affreschi del cortile e del porticato


In epoca bassomedievale le scarpe quotidiane da uomo più frequentemente raffigurate erano basse, scure, dotate di cinturino oppure chiuse e alte fino alla caviglia. Potevano essere sia di cuoio che di tessuto e presentavano minime varianti che è facile scorgere visto l'abbigliamento degli uomini giovani che indossavano calze attillate e colorate sotto a corti farsetti. Contenevano il piede fino alla caviglia ed erano chiuse lateralmente da lacci ma, quando anche ne erano prive agevolmente calzabili grazie a scalvi laterali. Non di rado gli uomini avevano stivali che arrivavano al ginocchio oppure calze solate, cioè dotate di un rinforzo in cuoio per la pianta del piede distinguibile per spessore e colore. Il sarto della bottega di Issogne appare intento a confezionare proprio questo tipo di calza che nel corso del XV secolo, epoca alla quale risale l'affresco valdostano, passarono lentamente di moda.³

Secondo il compilatore settecentesco del Dizionario delle arti e dei mestieri, Francesco Grisellini, «il sartore munito di una striscia di carta addoppiata» e di un paio di cesoie, prima prende le misure, poi con le cesoie fa sopra al modello di carta diverse intaccature che gli serviranno da guida al momento del taglio, quindi «taglia in prima il dietro, i davanti e le maniche».⁴ Che il momento del taglio, inesorabile e definitivo, dovesse essere preceduto da ponderazioni e misure attente, lo prova il detto al quale fece ricorso Lorenzo il Magnifico per raccomandare la massima prudenza ai Malvezzi, che assieme ad altri ordirono una congiura contro Giovanni Bentivoglio: pare che abbia suggerito loro di «imitare il sarto che mille volta disegna et una sol volta taglia».  I congiurati in quel caso però non avevano disegnato abbastanza e alcuni fra loro finirono decapitati, altri impiccati.⁵

La lettura dell'inventario di una bottega di sarto conferma l'ipotesi che si trattasse di un'arte «lizera». Troviamo infatti pochi strumenti nella «apoteca» del riminese Pietro Calbelli: alcuni sacchi di lino e di cotone che servivano per imbottire farsetti e giubboni, cotone filato, «bombice» da filare.

I colori di Issogne


__________
Si nota la canna con la quale il venditore misura i tessuti, verosimilmente panni di lana, e la varietà dei colori delle pezze appoggiate una sopra l'altra sul bancone. In secondo piano appaiono appesi a un sostegno alcuni capi d'abbigliamento già confezionati. Il cliente indossa un corto farsetto stretto in vita. Si osservano in particolare le vesti rigate dei due sarti e le calze sempre a righe di colori vivaci con rinforzo al piede che uno dei due artigiani appare intento a confezionare. La confezione delle calze richiedeva abilità nel taglio di stoffe come il taglio di lana per riuscire a renderle aderenti alle gambe.  
₂ R. Greci, Corporazioni e mondo del lavoro nell'Italia padana medioevale, Bologna (1988), p. 249.
₃ Giorgio Riello e Peter McNeil - Scarpe. Dal sandalo antico alla calzatura d'alta moda - Ed. Angelo Colla, 2007, cap. Scarpe suntuose: produrre e calzare nell'Italia medievale, pp. 37-38, di Maria Giuseppina Muzzarelli.
₄ F. Grisellini, Dizionario delle Arti e de' Mestieri, 1743, vol. XV, p. 24.
₅ Si legge di ciò nelle cronache bolognesi, come è riferito in M. Poli e T. Costa, Storie sotto il voltone. Alla riscoperta dell'antico centro di Bologna, Bologna (1996), p. 49.


Vedute del castello



Veduta area del castello


Il maniero fu eretto nel XII secolo⁶ senza alcuno scopo difensivo ma come elegante palazzo nobiliare, in origine appartenente al vescovo di Aosta in seguito (Issogne rimase sede vescovile fino al 1379) il vescovo d'Aosta infeudò della giurisdizione della signoria l'allora signore di Verrès Ibleto di Challant⁷. Il castello, la cui apparenza esterna è poco appariscente, più simile ad una residenza rinascimentale, ha torri angolari non molto alte.





Dalla famiglia Challant il castello passò ai Madruzzo e ritornò ai Challant dopo un processo per la successione durato più di un secolo. Dalla morte dell’ultimo esponente della famiglia Challant nel 1804 il castello venne abbandonato per diversi decenni. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1872 fu acquistato dal pittore Vittorio Avondo, collezionista e conoscitore dell'arte medievale, il quale, con l'aiuto di altri artisti suoi amici, lo riportò all'antico splendore con accorti interventi conservativi e restauri. Ultimati i lavori, che durarono alcuni anni, il castello venne poi donato nel 1907 allo Stato italiano, che a sua volta nel 1948 lo cedette in proprietà alla Regione Valle d'Aosta.
 



L'ingresso e le lunette con il corpo di guardia
Gli affreschi di botteghe rinascimentali del Maestro Colin. 
Castello di Issogne, Valle d'Aosta, seconda metà del sec. XV

 
Lo stemma di Giorgio di Challant, ricorrente al Castello di Issogne 


Severo e quasi anonimo all'esterno, il castello rivela le preziosità architettoniche dei volumi interni e la magnificenza delle sue stanze e saloni. La pianta dell'edificio, di forma quadrangolare, è chiusa su tre lati; il quarto è formato dal giardino delimitato verso l'esterno da un semplice muro di cinta. 



Ingresso del castello di Issogne (lato ovest)


All'interno vi è il cortile che è un disimpegno aperto, dal quale si accede agli ambienti interni dei singoli piani.


Il cortile interno

Al centro del cortile venne collocata una fontana
, con la vasca ottagonale in pietra e l’elegante struttura con un albero di melograno in ferro battuto (dono per le nozze di Filiberto con Louise d’Aarberg nel 1502), simbolo di prosperità. 


 
Veduta del giardino e del cortile




Sul lato ovest si affaccia il porticato
, corredato da panche a muro con schienale. La facciata del cortile mostra gli stemmi della famiglia Challant e delle dinastie ad essa legate
, a far sfoggio della sua importanza. Al suo interno, l'androne e il porticato sono entrambi decorati (sette lunette) con affreschi riproducenti scene di vita quotidiana e mestieri di straordinaria freschezza espressiva (la bottega del sartola farmacia, la macelleria, il corpo di guardia, il mercato di frutta e verdura, la bottega del fornaio e beccaio, quella del formaggiaio e del salumiere), mentre la tipica decorazione geometrica quattrocentesca sottolinea, come del resto in tutti gli altri ambienti, la nervatura delle volte gotiche.



__________
₆ È citato il castello di Issogne è una bolla di papa Eugenio III del 1151, che attesta la presenza ad Issogne di una casaforte di proprietà del vescovo di Aosta.
₇ Il potere del vescovo era però contrastato della famiglia De Verrecio, signori di Verrès, e le tensioni culminarono intorno al 1333 con un assalto da parte di Aymon de Verrès alla casaforte vescovile, che fu data alle fiamme e seriamente danneggiata. Issogne rimase sede vescovile fino al 1379, quando il vescovo di Aosta infeudò della giurisdizione della signoria l'allora signore di Verrès Ibleto di Challant.  Ibleto iniziò così i lavori di ristrutturazione del castello trasformando la casaforte vescovile in una dimora complessa ed elegante, improntata sullo stile del gotico cortese, composta da una serie di torri e corpi di fabbrica racchiusi da una cinta muraria.



Come si arriva
Il Castello di Issogne è uno dei più famosi castelli della Valle d'Aosta. È situato nel capoluogo di Issogne (località: La Place), nell'abitato omonimo sul versante destra idrografica del fiume Dora Baltea. 

 Auto a meno di 1 km è Verrès, stazione autostradale della A5 (a 38 km da Aosta)

 Ferrovia (ore 1.45 per Torino, 50 minuti per Aosta)


Bibliografia
  • M. G. Muzzarelli, Guardaroba medioevale. Vesti e società dal XIII al XVI secolo, il Mulino, 2008


Rames Gaiba
© Riproduzione riservata

__________
Leggi anche:  

Nessun commento:

Posta un commento

Per ogni richiesta rettifica o integrazione o segnalazione link non più attivi esterni (anche video) inviare a Rames Gaiba una
Email: rames.gaiba@gmail.com
-----
■ I commenti non potranno essere utilizzati e non è accettata la condivisione a fini pubblicitari di vendita prodotti o servizi o a scopo di lucro o su articoli/post di informazione politica.
■ Non saranno accettati i commenti:
(a) che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.
(b) che contengano indirizzi internet (siti collegati, e-mail).
■ Vi invito a non usare nei vostri commenti i caratteri tutti in maiuscolo.
■ Non manterrò in memoria interventi e messaggi che, a mio insindacabile giudizio, riterrò superati, inutili o frivoli o di carattere personale (anche se di saluto o di apprezzamento di quel mio post), e dunque non di interesse generale.

Le chiedo di utilizzare la Sua identità reale o sulla Sua organizzazione, e di condividere soltanto informazioni veritiere e autentiche. Non saranno pubblicati e non avranno risposta commenti da autori anonimi o con nomi di fantasia.

⚠ La responsabilità per quanto scritto nell'area Discussioni rimane dei singoli.

È attiva la moderazione di tutti i commenti.

Grazie per l'attenzione.

Rames GAIBA