13 maggio 2017

Farsetto: analisi di un indumento in Santa Maria della Scala - Siena, di Domenico di Bartolo


La costruzione del Duomo (1441-1442)
Domenico di Bartolo (1400-1445)
negli affreschi
di Santa Maria della Scala - Siena [1]
Sala del Pellegrinaio [2]

L'affresco è di Domenico di Bartolo
e si trova nel ex Ospedale di Santa Maria della Scala, Siena.



Il farsetto che indossa l'uomo ritratto di spalle sulla scala è un indumento maschile, imbottito è comunemente di tessuto bianco ("tela alba" o "buchiramo") e fascia strettamente la persona, allacciato da una fitta abbottonatura che permette di aprirlo intieramente. Qui, nella parte inferiore, si intravedono le zarabulle, mutande aderenti e ridotte ai minimi termini come i moderni slip. Inginocchiato, al centro in basso vicino ai cavalli, vi è anche un altro uomo, sempre ritratto di spalle, in farsetto rosso.  


affreschi di Santa Maria della Scala - Siena
Sala del Pellegrinaio


Rosita Levi Pizetsky [3]  sottolinea come il farsetto sia di probabile origine militare quando, nascosto sotto la cotta di maglia, era una giacchetta aderente che forse aiutava a parare i colpi o a rendere meno sgradevole il contatto con il metallo. A Firenze e in altre città esistevano le corporazioni dei farsettai, specializzate in quest'ultimo indumento che finì per trascendere la pratica bellica ed essere portato nell'uso civile. Nel '400 il farsetto non era solo un indumento popolare ma era indossato anche dai giovani benestanti, e verso la fine del periodo utilizzato con le calzebrache che mettevano completamente in mostra gambe e glutei. Grande lo scandalo dei benpensanti per questa esibizione della figura maschile. Gli uomini in età (per allora oltre i trent'anni) indossavano infatti vesti gravi, ossia lunghe fino al polpaccio e alla caviglia.

"Farsetto, zuparello, zupa, zupeta..., giubba - Di giorno, sulla camicia, gli uomini portano, come nel Duecento, il farsetto imbottito e trapuntato. Questo farsetto è detto nell'area settentrionale d'Italia zuparello, zupa, zupetta. [...] Al farsetto, come si è detto, si allacciano le calze. [...] Dal termine zupa a quelli di çuba o di giubba usati qualche volta come sinonimo di farsetto il passo è breve; pure, vi è una netta sfumatura di significato, che si è notata nel Duecento e che possiamo afferrare ancora meglio nei testi narrativi del Trecento: la giubba è un indumento molto più signorile del farsetto, per l'uso e per la stoffa in cui è confezionata, cioé catasciamito, borra di seta, zetanino, vellexis ossia velluto, ma più comunemente zendalo. [...] Tuttavia si deve osservare che la distinzione dei due termini non è sempre nettissima. [...] Nel farsetto, che è indumento quasi intimo, risalta in ogni modo la lindura della persona. [...] Generalmente in solo farsetto vanno quelli che accudiscono a certi lavori manuali... Nelle classi più elevate invece il farsetto è un indumento da portar sotto gli altri e da tener in vista soltanto in confidenza, per essere spicci, o per casa. [...] Quindi «spogliarsi in farsetto» equivale a mettersi in disimpegno [...]


Il farsetto sopravvive, in una linea semplificata, in alcuni costumi regionali.
Il farsetto veniva fatto dai "farsettai" (gli stessi che facevano le coperte trapuntate) e non dai sarti.



[1] Di fronte al Duomo di Siena si trova uno dei più antichi e grandi ospedali di Europa. Oggi l’ospedale di Santa Maria della Scala è un complesso museale che ospita collezioni antiche e il Pellegrinaio, con uno straordinario ciclo di affreschi del Quattrocento senese. Il nome dell’ospedale fa riferimento alla leggenda, affrescata, secondo cui la madre del Beato Sorore (un calzolaio) ebbe una visione in cui i bambini abbandonati (i ‘gettatelli‘) salivano su una scala miracolosa per essere accolti in paradiso.
[2] La sala del Pellegrinaio è un salone enorme con affreschi del Quattrocento opera di Domenico di Bartolo, Lorenzo Vecchietta ed altri. Gli affreschi sono collocati in quattro delle sei campate della lunga corsia.    
[3] Rosita Levi Pizetsky, Storia del Costume in Italia - vol. II, ed. Istituto Editoriale Italiano, 1967 


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"era un giorno fuor dell'ordinario, un giorno in cui le cappe si inchinavano ai farsetti" (Manzoni - Promessi Sposi - cap. 11); nel significato di persone che indossano il solo farsetto, come indice di condizione sociale modesta.

Nel riminese vi era un detto "vesti strette per sotto e robe larghe per sopra", per indicare il modo in cui si portava detto abbigliamento.

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