10 agosto 2018

Arazzo di Bayeux - I Vichinghi si pagavano in tessuti


L'abbigliamento della popolazione scandinava medioevale era improntato alla funzionalità.
Assai sviluppata l'arte della tessitura, praticata da uomini e donne.



Manca un capitolo nella maggiore parte delle storie della moda: è quello dedicato ai Vichinghi. Questa lacuna può anche dipendere dal fatto che non si conosce molto del modo di vestirsi delle popolazioni vissute in Scandinavia tra il IX e XI secolo (cioè i Vichinghi), perché scarsi sono i reperti che ne raffigurano il modo di vivere.

Tuttavia, secondo gli studiosi, lo stile del  vichingo è ben lontano da quello piuttosto rozzo scolpito nell'immaginario comune. Sembra, anzi, che il vichingo tenesse molto alla sua mise.




La parte inferiore del corpo era coperta da lunghe mutande di lana e da pantaloni che potevano essere lunghi e sciolti, oppure più corti, come i pantaloni alla zuava, aderenti come quelli da sci o sbuffo, mentre sul busto veniva indossata una tunica che scendeva fino a metà coscia, stretta in vita da una cintura di cuoio, o camicia con lo scollo quadrato e a maniche lunghe. Sulla tunica si portava un mantello senza maniche, fissato sopra la spalla da una fibbia ovale. il mantello, fatto di un solo pezzo di tessuto, lasciava libero un braccio per poter afferrare la spada. Ai piedi il vichingo sfoggiava calzature fabbricate con un pezzo unico di cuoio ripiegato e tenuto fermo alla caviglia con un cordoncino e talvolta rinforzate da una suola. Guanti senza dita e copricapi, entrambi di lana o di feltro, completavano la sua tenuta, che comunque si caratterizzava per la funzionalità, visto che veniva usata per pescare, lavorare la terra o forgiare i metalli.



Molto pratico era anche il guardaroba della donna vichinga. Il capo principale era una lunga veste di lana pieghettata, con le maniche di varie lunghezze, che si apriva sui seni per permettere l'allattamento, essendo le gravidanze molto ravvicinate. Era ricoperto da un grembiulr di tessuto rettangolare e ricamato, su cui erano attaccati gli accessori per il cucito, oppure da uno scialle trattenuto sulla parte alta del petto da una spilla. I capelli erano avvolti da una specie di foulard legato sulla nuca. Gli indumenti venivano fabbricati in casa da uomini e donne grazie a un telaio verticale appoggiato contro il muro. I fili dell'ordito erano tenuti tesi con delle piccole pietre colorate, mentre quelli della trama venivano infilati con una primitiva navetta azionata a mano. Il filo di lana si otteneva tramite la filatura con la conocchia e i fili della matassa erano ritorti a mano, con l'aiuto di un peso, un cilindretto affilato ai due capi, che poteva essere di legno, terracotta o pietra, e al quale veniva impressa una veloce rotazione. Alla stessa maniera veniva filato il lino. 

Tra i tessuti preferiti spiccavano quelli in seta e in velluto, mentre larga diffusione avevano le pellicce. Le tinte più usate erano quelle naturali, il beige, il marrone e il nero, ma non era raro il ricorso alla tintura, adoperando conchiglie frantumate o erbe e piante.








Per i Vichinghi il telaio casalingo non era solo uno strumento per abbigliarsi ma costituiva una sorta di "zecca" privata. Con esso si realizzava il vadhmàl, il solido panno di lana di montone che, oltre a comporre i capi di vestiario, fungeva da moneta. Molte ammende dovevano essere saldate in unità di peso di quella stoffa, senza scordare che, nella forma di balle stivate nelle navi, rappresentava una merce di scambio utile per pagare le spese dei viaggi per mare. Chissà quante balle di tale panno costò ai Vichinghi la scoperta dell'America prima di Colombo.

Fabio Scaletti

Articolo tratto dalla rivista "Tecnica della Confezione" n. 227/2002
 


L'arazzo di Bayeux nella sua vetrina al Museo degli Arazzi di Bayeux
La sistemazione attuale in questa teca è del 1983 [1]
foto: © Stéphane Maurice - Museo Bayeux


L'estrema rarità di reperti dell'epoca vichinga fa sì che anche per l'abbigliamento, si ricorra a immagini di confronto. Nelle foto: particolari dell'Arazzo di Bayeux, [2], che mostra dei guerrieri Normanni. La Tapisserie de Bayeux ci invita a scoprire la conquista del trono d'Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore, dal 1064 fino alla battaglia di Hastings del 1066. La lunga ascia, la cotta di maglia al ginocchio, l'elmo conico con nasale e (contrariamente all'immagine diffusa) privo di corna, erano adoperati anche dai Vichinghi.




L'arazzo documenta notevoli illustrazioni di navi inglesi e normanne, costruite nel tradizionale stile vichingo. Le navi furono costruite usando la tecnica del clinker (grandi assi di legno sovrapposte come le tegole di un tetto) e senza cinghia, che potevano essere arenate su qualsiasi costa senza la necessità di porti di acque profonde. La tecnica del clinker - sviluppata dagli scandinavi - consentì la costruzione di barche snelle, veloci ed adatte al mare, anche nelle condizioni climatiche avverse del Nord Europa. C'erano diversi tipi di barche: il langskip ("longship"), una nave da guerra e il knarr, una nave da carico, ma l'Arazzo non li distingue chiaramente. Prua e poppa erano decorate con teste di drago, che davano alle navi il nome Drekar ("draghi"), un termine usato nel XIX secolo per le navi scandinave. Con le sue 1515 figure (626 personaggi, 202 tra cavalli e muli, 55 cani, 505 altri animali, 37 edifici, 41 navi e 49 alberi). L'azione si dipana sul tessuto scena dopo scena, come moderne “vignette” con didascalie che accompagnano il “lettore” spiegando il significato delle vicende e fornendo i nomi dei personaggi.

La Tapisserie de Bayeux (che in realtà è un tessuto ricamato, non un arazzo) si svolge in orizzontale ed è lunga in complessivo  68 metri x 52 centimetri di altezza (mancano le scene finali, così che manca la lunghezza originale della tela), ed è costituita da una tela di lino, nella quale sono state ricamate, sotto forma di 58 scene individuali messe assieme in ordine conseguenziale e successive, tutte le fasi della conquista, dalla partenza dalla Francia alla incoronazione. Per l'esecuzione del lavoro sono stati utilizzati fili di lana pettinata finissimi, tinti in solo otto colori naturali disponibili a quel tempo e che hanno fortunatamente conservato quasi intatte le tonalità originali. [3] Risale al 1070 o 1080. È iscritta nel Registre Mémoire du Munde de l'UNESCO. Si trova a Bayeux, Normandia, Francia. 


[1] Il tessuto  è conservato in una sofisticata teca, in cui la temperatura, umidità e illuminazione sono controllate e le particelle di polvere vengono filtrate. Il vetro dietro il quale viene visualizzato è infrangibile e ingrandisce leggermente per migliorare l'apprezzamento delle immagini.
[2] L'Arazzo di Bayeux a volte è chiamato anche arazzo della regina Mathilda. La scena inizia con un incontro di Harald Godwinson, Conte di Wessex con il re inglese Edward e termina con la battaglia di Hastings il 14 ottobre 1066. Questo capolavoro fu probabilmente commissionato dal fratellastro di Guglielmo il Conquistatore, il Vescovo Odo di Bayeux, per decorare la nuova cattedrale di Bayeux, che fu consacrata nel 1077.    
[3] La sua tela di lino fine è consumata e strappata, è estremamente fragile; è stata rammendata in oltre 500 punti. Non conosciamo la sua prima storia prima del suo ricomparire nel XV secolo, ma nel corso della sua esistenza è stata piegata, arrotolata, conservata in una cassa, appesa a cerchi metallici e nastri, avvolta introno a bobine e persino inchiodata su. È stata macchiata dalla ruggine e ciò che può essere grasso di candela. I pezzi sono stati tagliati. Manca la fine.       



Nessun commento:

Posta un commento

Per ogni richiesta rettifica o integrazione o segnalazione link non più attivi esterni (anche video) inviare a Rames Gaiba una
Email: rames.gaiba@gmail.com
-----
■ I commenti non potranno essere utilizzati e non è accettata la condivisione a fini pubblicitari di vendita prodotti o servizi o a scopo di lucro o su articoli/post di informazione politica.
■ Non saranno accettati i commenti:
(a) che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.
(b) che contengano indirizzi internet (siti collegati, e-mail).
■ Vi invito a non usare nei vostri commenti i caratteri tutti in maiuscolo.
■ Non manterrò in memoria interventi e messaggi che, a mio insindacabile giudizio, riterrò superati, inutili o frivoli o di carattere personale (anche se di saluto o di apprezzamento di quel mio post), e dunque non di interesse generale.

Le chiedo di utilizzare la Sua identità reale o sulla Sua organizzazione, e di condividere soltanto informazioni veritiere e autentiche. Non saranno pubblicati e non avranno risposta commenti da autori anonimi o con nomi di fantasia.

⚠ La responsabilità per quanto scritto nell'area Discussioni rimane dei singoli.

È attiva la moderazione di tutti i commenti.

Grazie per l'attenzione.

Rames GAIBA