Il nero nella natura (mondo vegetale) non esiste. Questo colore, tanto importante, si ottiene solo mescolando le tre tinte base: il blu, il rosso, il giallo, con il solfato di ferro. Anticamente per arrivare al nero ci volevano ore e ore di lavoro e nel bagno ci si metteva un po' di tutto: scorza e germogli dell'ontano, sommaco, solfato di ferro¹, galle tritate, cremor tartari², sale e crusca di grano. Il nero serviva per tante cose: per le feste religiose, per il clero, per il lutto, per le persone importanti, per le persone modeste. Il materiale da tingere era quasi sempre o la lana o la seta con il solfato di ferro e il tannino³ - ⁴.
«In principio Dio creò il Cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: 'Sia la luce!'. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte». (Gen I 1-5). Stando a questi primi versetti della Genesi, le tenebre hanno preceduto la luce. Esse avvilupparono la terra quando era ancora priva di ogni essere vivente e l'apparizione della luce era una condizione obbligata affinché la vita potesse fare la sua comparsa: Fiat Lux! ("Sia luce!", Gen 1-3) Per la Bibbia, o almeno per il primo racconto della Creazione, il nero ha dunque preceduto ogni altro colore. È il colore primigenio, ma anche quello che fin dall'origine possiede uno statuto negativo: nel nero, nessuna vita è possibile, la luce è buona, le tenebre no. Per il simbolismo dei colori, il nero appare già, dopo solo cinque versetti, vuoto e mortifero.⁵
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₁ Il Solfato di ferro rende il colore più scuro, più smorto o più grigio a seconda dei casi. In dosi elevate può servire per arrivare a tonalità quasi nere o nere.
₂ Il Cremor tartari lo si usa spesso insieme ad un altro mordente per migliorare l'assorbimento del colore e per rendere la tintura più uniforme. È un acido organico molto diffuso nel mondo vegetale: lo troviamo nell'uva, nelle patate, nei cetrioli, ecc.
₃ Il tannino viene estratto dalle noci di galla.
₄ Gun Lundborg - Come tingere al naturale, il cotone, la lana, il lino, la seta - Ed. Edagricole, 1983, p. 51
₅ Michel Pastoureau - Nero storia di un colore - Ed. Ponte alle Grazie, 2008, p. 20
₆ Eboni Davis (Seattle, Washinton, 1994- ) - Erez Sabag, nato in Israele, ha iniziato la sua carriera di livello mondiale come fotografo di moda all'età di 16 anni. Oggi è fotografo, regista e artista multimediale con un impressionante curriculum vitae, con clienti di alto profilo e crediti editoriali. Autore di campagne fotografiche anche per il brand moda Marina Rinaldi (Gruppo Max Mara).
IL NERO NON SOLO COLORE DEL LUTTO
(il colore nella rappresentazione dell'Occidente)
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₁ Il Solfato di ferro rende il colore più scuro, più smorto o più grigio a seconda dei casi. In dosi elevate può servire per arrivare a tonalità quasi nere o nere.
₂ Il Cremor tartari lo si usa spesso insieme ad un altro mordente per migliorare l'assorbimento del colore e per rendere la tintura più uniforme. È un acido organico molto diffuso nel mondo vegetale: lo troviamo nell'uva, nelle patate, nei cetrioli, ecc.
₃ Il tannino viene estratto dalle noci di galla.
₄ Gun Lundborg - Come tingere al naturale, il cotone, la lana, il lino, la seta - Ed. Edagricole, 1983, p. 51
₅ Michel Pastoureau - Nero storia di un colore - Ed. Ponte alle Grazie, 2008, p. 20
₆ Eboni Davis (Seattle, Washinton, 1994- ) - Erez Sabag, nato in Israele, ha iniziato la sua carriera di livello mondiale come fotografo di moda all'età di 16 anni. Oggi è fotografo, regista e artista multimediale con un impressionante curriculum vitae, con clienti di alto profilo e crediti editoriali. Autore di campagne fotografiche anche per il brand moda Marina Rinaldi (Gruppo Max Mara).
IL NERO NON SOLO COLORE DEL LUTTO
(il colore nella rappresentazione dell'Occidente)
Ombrello da lutto (1895-1900) The Metropolitan Museum of Art, New York, USA |
Il nero luttuoso⁷, è il colore del lutto in Occidente tanto che si dovrebbe,
oggi che siamo in un mondo globalizzato, scrivere di "colori del lutto", al plurale,
perché vi è una molteplicità di tinte, a seconda delle epoche e delle
latitudini; quello in Occidente è un nero assorbente, freddo, che simbolicamente rappresenta la fine di un'esistenza e per traslato il dolore di chi di questa fine è spettatore, e quindi lo subisce. E per lo stesso motivo la correlazione nero-lutto non è esclusivamente sinonimo di finitezza; anzi, fino al secolo XIX è fortemente intrisa di religiosità e ha un valore consolatorio, dal momento che sottende la considerazione della morte non solo come parte integrante della vita, ma addirittura come ingresso nella vera vita, quella definita ultra-terrena.
Le prime testimonianze in merito all'uso del nero per il lutto ci giungono dall'antica Grecia, dove nero è tutto ciò che afferisce al mondo dei morti, visto in maniera speculare rispetto a quello dei vivi, e quindi innanzitutto privo di luce. Tutto ciò aveva una durata molto limitata. Invece a considerare l'usanza di portare il lutto per un periodo di tempo dopo il decesso di un congiunto, e a stabilire delle vere e proprie regole in materia, sono i Romani.⁸
Anche se fino al Quattrocento i colori associati al lutto sono, oltre il nero, il verde e il blu scuro (in realtà spesso e soprattutto nelle classi inferiori si indossava semplicemente l'abito migliore, indipendentemente dal suo colore) una prima reale formalizzazione del nero funereo si può fissare nella prescrizione di papa Innocenzo III (1216) che, nel definire i colori degli abiti sacerdotali utilizzati nella liturgia cattolica, destinava il nero e il viola al servizio funebre.
Alla fine dell'Ottocento il nero arriverà sedimentato come colore del potere economico, della serietà professionale, della moralità integerrima, dell'investitura sacerdotale e intellettuale. In sintesi come colore del potere maschile. In un unico caso è colore di potere femminile, ma di un potere ambiguo perché passivo, e cioè il potere di chi soffre. Dal momento che per lunghissimo tempo è stato consentito alle donne solo e soltanto nei periodi di lutto, il nero - utilizzato nella sua declinazione più punitiva e spesso anche più esteriore - ha significato nell'espressione femminile soltanto il rivestimento delle vedove. Unica eccezione gli abiti delle streghe e quelle delle suore, donne comunque appartenenti al confine tra realtà e immaginazione, comunque vedove del Diavolo o di Dio, da esorcizzare riducendo la loro visibilità, relegando i loro saperi nei conventi o spegnendoli sul rogo.⁹
Le prime testimonianze in merito all'uso del nero per il lutto ci giungono dall'antica Grecia, dove nero è tutto ciò che afferisce al mondo dei morti, visto in maniera speculare rispetto a quello dei vivi, e quindi innanzitutto privo di luce. Tutto ciò aveva una durata molto limitata. Invece a considerare l'usanza di portare il lutto per un periodo di tempo dopo il decesso di un congiunto, e a stabilire delle vere e proprie regole in materia, sono i Romani.⁸
Anche se fino al Quattrocento i colori associati al lutto sono, oltre il nero, il verde e il blu scuro (in realtà spesso e soprattutto nelle classi inferiori si indossava semplicemente l'abito migliore, indipendentemente dal suo colore) una prima reale formalizzazione del nero funereo si può fissare nella prescrizione di papa Innocenzo III (1216) che, nel definire i colori degli abiti sacerdotali utilizzati nella liturgia cattolica, destinava il nero e il viola al servizio funebre.
Abito da sera da lutto
in moiré di seta nera, 1861
|
Alla fine dell'Ottocento il nero arriverà sedimentato come colore del potere economico, della serietà professionale, della moralità integerrima, dell'investitura sacerdotale e intellettuale. In sintesi come colore del potere maschile. In un unico caso è colore di potere femminile, ma di un potere ambiguo perché passivo, e cioè il potere di chi soffre. Dal momento che per lunghissimo tempo è stato consentito alle donne solo e soltanto nei periodi di lutto, il nero - utilizzato nella sua declinazione più punitiva e spesso anche più esteriore - ha significato nell'espressione femminile soltanto il rivestimento delle vedove. Unica eccezione gli abiti delle streghe e quelle delle suore, donne comunque appartenenti al confine tra realtà e immaginazione, comunque vedove del Diavolo o di Dio, da esorcizzare riducendo la loro visibilità, relegando i loro saperi nei conventi o spegnendoli sul rogo.⁹
L'abito del lutto Immagini della mostra "morte ti fa bella: Un secolo di lutto nell'abbigliamento" Museo Metropolian of Art di New York (21 ottobre 2014-1 febbraio 2015) |
«L'assetto
societario conobbe un'embrionale rivoluzione ancora lontana dai
successivi fenomeni consumistici e, per gran parte delle persone, il
numero di vestiti a disposizione non superava le due unità. In tal modo
le tinte scure dei tessuti permisero vantaggi di diversa natura, in
primo luogo legati all'estetica. Strade polverose e infangate, infatti,
sporcavano le lunghe vesti delle signore, e in un'epoca in cui il bucato
era ritenuto un lusso furono gli abiti neri quelli che permisero di
nascondere sudiciume e difetti. Utile per la celebrazione del lutto
l'abito nero era inoltre anche comodo per camuffare quei ritocchi
sartoriali che ne modificavano le fogge durante il suo passaggio dalle
mani di un parente all'altro, solcando in tal guisa mode e decenni.»¹⁰
«A fine Ottocento, però, il nero acquista altre valenze: è anche il
colore della metropoli, del carbone e della fuliggine che ricopre
palazzi e passanti. Gli abiti scuri non sono più indossati solo per il
loro potere evocativo, ma anche per la praticità nel nascondere
sporcizia e polvere. Insomma, il nero entra lentamente anche negli
armadi delle classi inferiori, come colore del lavoro
[...]
Oggi, ormai sdoganato da ideologie e simbolismi, grazie anche al lavoro di stilisti quali Coco Chanel o Hubert de Givenchy, il nero è alla portata di tutti. Il look total black resiste in alcune sottoculture, ad esempio la scena techno, ma la sua valenza simbolica si è fortemente indebolita. Nemmeno nella sfera del lutto l’abito nero è più obbligatorio.».¹¹
[...]
Oggi, ormai sdoganato da ideologie e simbolismi, grazie anche al lavoro di stilisti quali Coco Chanel o Hubert de Givenchy, il nero è alla portata di tutti. Il look total black resiste in alcune sottoculture, ad esempio la scena techno, ma la sua valenza simbolica si è fortemente indebolita. Nemmeno nella sfera del lutto l’abito nero è più obbligatorio.».¹¹
Il nero è il colore del glamour. Quando troverò un colore più scuro del nero lo indosserò.
Coco Chanel
CURIOSITÀ - Fra le stravaganze del bizzarro e raffinato dandy, scrittore inglese Oscar Wilde, c'era l'abitudine a indossare abiti neri in occasione del suo compleanno e dire che era a lutto per la morte di uno dei suoi anni.
Nell'antichità
il colore nero associato all'immagine di un teschio o di uno scheletro è
già, nell'iconografia romana di epoca imperiale, un attributo obbligato
della morte. Lo resterà fino ai giorni nostri.
Gnòthi seautòn ‹ġnòtħi seautòn›. – Traslitterazione del greco γνῶϑι σεαυτόν, forma originale della sentenza citata in latino con le parole "nosce te ipsum"; in italiano con la traduzione "conosci te stesso".
Gnòthi seautòn ‹ġnòtħi seautòn›. – Traslitterazione del greco γνῶϑι σεαυτόν, forma originale della sentenza citata in latino con le parole "nosce te ipsum"; in italiano con la traduzione "conosci te stesso".
Conosci te stesso. Mosaico funebre
trovato lungo la via Appia (San Gregorio),
inizio del III secolo d.C.
Roma - Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano.¹²
A Roma la moda delle colonne e delle statue in marmo nero, importato dalle isole greche di Chios e di Melos, comincia nel I secolo a.C. A volte questo marmo è detto luculliano, dal nome del console Lucullo che per primo ne fece ampio uso nella sua villa romana.
Statua di una Danaide dagli occhi dipinti.
Napoli - Museo archeologico nazionale
Napoli - Museo archeologico nazionale
Sino alla fine del XIV secolo, il gatto viene spesso considerato un animale furbo e inquietante, in particolare il gatto nero, che rientra a pieno titolo nel bestiario del Diavolo. In seguito, quando ci si rende conto che il gatto è più utile della donnola per dare la caccia ai topi e ratti, ottiene il diritto di entrare nelle case e a poco a poco diventa il compagno familiare che noi conosciamo.
Gatti neri in processione.
Miniatura di un bestiario inglese della metà del XIII secolo.
Oxford - The Bodleian Library, Ms. Bodley 533 fol. 13
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₇ È probabile che il primo colore funebre sia stato il rosso: nella preistoria era uso dipingere le spoglie con terra rossa, forse nell'intenzione di trasmettere al defunto l'energia vitale associata al sangue. Anche presso gli Egizi e i Romani il rosso era il colore associato alla morte. Nell'antico Egitto il sarcofago era rivestito di teli rossi, e "arrossire" voleva dire "morire". Nell'antica Roma al defunto si facevano indossare vesti rosse. In Occidente è rimasto un solo caso in cui il rosso è associato al lutto: sono infatti rossi i paramenti dei celebranti il funerale di un papa. Con l'avvento del Cristianesimo in Occidente il colore del lutto divenne il nero. Neri sono gli abiti dei parenti del defunto, neri gli addobbi, neri i paramenti del sacerdote. In certe Regioni Italiane, soprattutto al Sud, abiti neri caratterizzavano il periodo del lutto (o il bottone nero posto nell'occhiello della giacca maschile), che poteva essere più o meno lungo in relazione a quanto era stretta la parentela col defunto. Il fatto che poco a poco gli abiti neri scomparissero, sostituiti da altri colori comunque mai sgargianti, faceva capire quanto tempo fosse trascorso dalla dipartita del parente. In ambito Cristiano anche il viola è un colore del lutto: oltre che in Avvento e in Quaresima, i sacerdoti vestono paramenti viola quando celebrano i funerali e alla ricorrenza della Commemorazione dei Defunti. Nella liturgia ambrosiana (quella dell'arcidiocesi di Milano) il viola è sostituito dal morello, un viola di tonalità più scura che ricorda quello delle more. Nella simbologia orientale il colore del lutto è invece il bianco. Si usa in Cina e anche in Giappone, dove tuttavia si è diffuso anche l'uso occidentale del nero. Per questa ragione il kouden, cioè il sacchetto per raccogliere le offerte durante la funzione funebre, ha un cordoncino nero e uno bianco. Il bianco è anche il colore del lutto nel mondo islamico, perché è il colore del sudario. In Egitto, Etiopia e Messico il colore del lutto è il giallo. In Corea il colore del lutto è il blu.
₈ I Greci indicavano il nero con la parola μέλας che ha paralleli nelle lingue indoeuropee e significa «sudicio, mesto, che arreca travaglio, lugubre, triste, fosco, oscuro, velenoso». Mariangela Surace, Nero. La religione di un colore e i suoi fedeli laici. Ed. Castelvecchi, 2000, p. 16 e 22.
₉ Mariangela Surace, Nero. La religione di un colore e i suoi fedeli laici - Ed. Castelvecchi, 2000, p. 39
₁₀ Luciano Lapadula, Il macabro e il grottesco nella moda e nel costume - Ed. Progedit, 2017, p. 58
₁₁ Margherita Dellantonio, Il look total black. Storia del nero tra simbologie e guardaroba - in "93% Materiali per una politica non verbale", 06 giugno 2018
₁₂ Il dito della mano verso il basso sta ad indicare la scritta il motto greco γνῶθι σαυτόν "Conosci te stesso".
₇ È probabile che il primo colore funebre sia stato il rosso: nella preistoria era uso dipingere le spoglie con terra rossa, forse nell'intenzione di trasmettere al defunto l'energia vitale associata al sangue. Anche presso gli Egizi e i Romani il rosso era il colore associato alla morte. Nell'antico Egitto il sarcofago era rivestito di teli rossi, e "arrossire" voleva dire "morire". Nell'antica Roma al defunto si facevano indossare vesti rosse. In Occidente è rimasto un solo caso in cui il rosso è associato al lutto: sono infatti rossi i paramenti dei celebranti il funerale di un papa. Con l'avvento del Cristianesimo in Occidente il colore del lutto divenne il nero. Neri sono gli abiti dei parenti del defunto, neri gli addobbi, neri i paramenti del sacerdote. In certe Regioni Italiane, soprattutto al Sud, abiti neri caratterizzavano il periodo del lutto (o il bottone nero posto nell'occhiello della giacca maschile), che poteva essere più o meno lungo in relazione a quanto era stretta la parentela col defunto. Il fatto che poco a poco gli abiti neri scomparissero, sostituiti da altri colori comunque mai sgargianti, faceva capire quanto tempo fosse trascorso dalla dipartita del parente. In ambito Cristiano anche il viola è un colore del lutto: oltre che in Avvento e in Quaresima, i sacerdoti vestono paramenti viola quando celebrano i funerali e alla ricorrenza della Commemorazione dei Defunti. Nella liturgia ambrosiana (quella dell'arcidiocesi di Milano) il viola è sostituito dal morello, un viola di tonalità più scura che ricorda quello delle more. Nella simbologia orientale il colore del lutto è invece il bianco. Si usa in Cina e anche in Giappone, dove tuttavia si è diffuso anche l'uso occidentale del nero. Per questa ragione il kouden, cioè il sacchetto per raccogliere le offerte durante la funzione funebre, ha un cordoncino nero e uno bianco. Il bianco è anche il colore del lutto nel mondo islamico, perché è il colore del sudario. In Egitto, Etiopia e Messico il colore del lutto è il giallo. In Corea il colore del lutto è il blu.
₈ I Greci indicavano il nero con la parola μέλας che ha paralleli nelle lingue indoeuropee e significa «sudicio, mesto, che arreca travaglio, lugubre, triste, fosco, oscuro, velenoso». Mariangela Surace, Nero. La religione di un colore e i suoi fedeli laici. Ed. Castelvecchi, 2000, p. 16 e 22.
₉ Mariangela Surace, Nero. La religione di un colore e i suoi fedeli laici - Ed. Castelvecchi, 2000, p. 39
₁₀ Luciano Lapadula, Il macabro e il grottesco nella moda e nel costume - Ed. Progedit, 2017, p. 58
₁₁ Margherita Dellantonio, Il look total black. Storia del nero tra simbologie e guardaroba - in "93% Materiali per una politica non verbale", 06 giugno 2018
₁₂ Il dito della mano verso il basso sta ad indicare la scritta il motto greco γνῶθι σαυτόν "Conosci te stesso".
UN DOPPIO PARADOSSO
Nel 1245 Domenico di Guzman fonda i frati neri, i domenicani, che in seguito all'istituzione dell'Inquisizione spagnola (1478) ne saranno messi a capo.
Il percorso che porta all'associazione nero-potere passa per le tonache dei sacerdoti, dei benedettini e dei domenicani tinte di nero distintivo di una classe, di un ordine, di una casta, di un potere collettivo, o comunque conferito e riconosciuto da una collettività.¹³
Predicatore rigorista e lugubre profeta, il frate domenicano Girolamo Savonarola (1452-1498) instaura a Firenze la repubblica ed esercita di fatto per quattro anni (1494-1498) una dittatura predicando con fervore la riforma dei costumi così come più tardi faranno i grandi riformatori protestanti: condanna del lusso, delle feste e dei giochi, rogo di libri e di opere d'arte, obbligo per tutti di indossare abiti scuri e severi.
Già dal Medioevo il nero era il colore della Chiesa cattolica, e curiosamente anche quello dei suoi avversari: prima che dei riformisti (Lutero indossava il nero pessimistico dei canonici agostiniani, Calvino il nero volitivo degli studenti in legge), di quelle entità connesse con il sottosuolo e il suo potere demoniaco e sulfureo quali streghe, alchimisti, fino a giungere a Satana in persona.¹⁴
I preti cattolici sono vestiti di nero. Lo sono ancora, nelle regioni non sommerse da quella modernità che è riuscita a dissolvere il prete nell'umanesimo della folla dei consumatori. Di nero, hanno la tonaca. Qui, un doppio paradosso: da una parte, il prete del Dio consolatore porta i colori del Principe delle Tenebre; dall'altra, guardiano di una rigida separazione gerarchica tra i sessi, ricopre con abiti la propria ipotetica castità. Ancora una volta, è possibile scorgere le dialettiche del nero. Il più grande avversario filosofico del prete, Nietzsche, voleva farla finita con il culto mortifero del Crocifisso, e la sua intenzione era appunto quella di «spezzare in due la storia del mondo». Per quello che lo riguarda, invece, il prete spezza in due la storia del nero: lo strappa al demonio e ne fa, contro il bianco virginale che ci si aspetterebbe, l'emblema visibile e femminilizzato del servizio della fede e dell'astinenza che questa esige.¹⁵
Predicatore rigorista e lugubre profeta, il frate domenicano Girolamo Savonarola (1452-1498) instaura a Firenze la repubblica ed esercita di fatto per quattro anni (1494-1498) una dittatura predicando con fervore la riforma dei costumi così come più tardi faranno i grandi riformatori protestanti: condanna del lusso, delle feste e dei giochi, rogo di libri e di opere d'arte, obbligo per tutti di indossare abiti scuri e severi.
Ritratto di Savonarola (1524)
Moretto da Brescia (1498-1554)
olio su tela, cm 74 x 66
Verona - Museo di Castelvecchio.
Moretto da Brescia (1498-1554)
olio su tela, cm 74 x 66
Verona - Museo di Castelvecchio.
Già dal Medioevo il nero era il colore della Chiesa cattolica, e curiosamente anche quello dei suoi avversari: prima che dei riformisti (Lutero indossava il nero pessimistico dei canonici agostiniani, Calvino il nero volitivo degli studenti in legge), di quelle entità connesse con il sottosuolo e il suo potere demoniaco e sulfureo quali streghe, alchimisti, fino a giungere a Satana in persona.¹⁴
I preti cattolici sono vestiti di nero. Lo sono ancora, nelle regioni non sommerse da quella modernità che è riuscita a dissolvere il prete nell'umanesimo della folla dei consumatori. Di nero, hanno la tonaca. Qui, un doppio paradosso: da una parte, il prete del Dio consolatore porta i colori del Principe delle Tenebre; dall'altra, guardiano di una rigida separazione gerarchica tra i sessi, ricopre con abiti la propria ipotetica castità. Ancora una volta, è possibile scorgere le dialettiche del nero. Il più grande avversario filosofico del prete, Nietzsche, voleva farla finita con il culto mortifero del Crocifisso, e la sua intenzione era appunto quella di «spezzare in due la storia del mondo». Per quello che lo riguarda, invece, il prete spezza in due la storia del nero: lo strappa al demonio e ne fa, contro il bianco virginale che ci si aspetterebbe, l'emblema visibile e femminilizzato del servizio della fede e dell'astinenza che questa esige.¹⁵
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₁₃ Mariangela Surace, Nero la religione di un colore e i suoi fedeli laici., Ed. Castelvecchi, 2000, p. 21
₁₄ Mariangela Surace, Nero. Le ragioni di un colore e i suoi fedeli laici., Ed. Castelvecchi, 2000, pp. 27-28
₁₅ Alain Badiou, Lo splendore del nero. Filosofia di un non-colore., Ed. Ponte alle Grazie, 2017, pp. 53-54
Ritratto di René d'Anjou (1475 circa)
Dittico dei Matheron
Nicolas Froment
Parigi - Musée du Louvre
René d'Anjou, principe, poeta e colto mecenate, cambia spesso i colori della sua livrea nel corso della sua lunga vita (1409-1480), ma il nero non manca mai, sia che venga utilizzato da solo, sia che venga associato al bianco e/o al grigio.
Uomo dal guanto (1523 circa) - Tiziano Vecellio
olio su tela, cm 100 x 89
Parigi - Musée du Louvre
«Sebbene il colore nero sia e appaia triste, esso ha grande dignità e condizione; e per questo borghesi e mercanti, uomini e donne, ne sono riccamente abbigliati. Al presente stato delle cose, questo colore è il più richiesto per gli abiti a cagione della semplicità che è in esso, ma se ne fa un uso fuor di misura [...] al punto che si trovano tessuti neri di così fine fattura che costano come gli scarlatti». (Sicile - Blason des coleurs, 1450)
Interno di un tempio (1660 circa)
Emanuel de Witte (Olanda, 1617-1692)
La pittura olandese del XVII secolo mostra spesso templi privi di qualsiasi immagine e di qualsiasi colore, così come aveva prescritto Calvino nel secolo precedente: «Il più bell'ornamento del tempio deve essere la parola di Dio».
Ritratto di un artista nel suo studio (1812)
Attribuito a Théodore Géricault
Parigi - Musée du Louvre
Nel XIX secolo, due attributi accompagnano spesso la rappresentazione dell'artista o del poeta romantico: un abito nero e una postura malinconica. Il corpo è più o meno reclinato, il gomito piegato e la mano è appoggiata sulla tempia, la guancia o la fronte, nell'atteggiamento caratteristico dei personaggi sofferenti o tormentati che si incontra già nell'iconografia antica e medioevale.
Il dolore (1898)
Émile Friant (Dieuze, Francia, 1863 - Parigi, Francia, 1932)
olio su tela, cm 254 x 325
Nancy, Francia - Musée des Beaux-Arts
Émile Friant (Dieuze, Francia, 1863 - Parigi, Francia, 1932)
olio su tela, cm 254 x 325
Nancy, Francia - Musée des Beaux-Arts
Il tema delle vergini nere, largamente diffuso in tutta Europa, è il simbolo della verginità della terra (non ancora fecondata). Il prototipo delle vergini nere è Iside che avrebbe, secondo la leggenda, portato in seno e messo al mondo da sola un bambino: il "sole di verità" (Horus). La vergine nera è stata identificata in seguito con la Pietra Nera che si ritrova nel culto di Cibele ma anche nelle tradizioni celtica e musulmana.
LA PESTE NEL XVIII SECOLO
L'espressione «peste nera» designa di solito la grande epidemia che colpì l'Europa tra il 1346 e il 1350 uccidendo quasi un terzo dei suoi abitanti. Ma tutte le pesti sono poste sotto il segno del colore nero. È il caso di quella, particolarmente drammatica, che imperversò a Marsiglia nel 1720.
Il dottor Chicogneau, decano dell'università di Montpellier,
inviato a Marsiglia nel 1720 per lottare contro la peste.
Incisione anonima colorata, 1725 circa.
IL SELCIATO DI PARIGI
Tra le grandi capitali europee, Parigi non è certo la più nera. Ma colta di notte dalle fotografie di Brassaï mostra, sotto la pioggia e alla luce della luna, una sorta di bellezza tenebrosa.
Les pavés (1932) - foto
Brassaï
Parigi, Musée national d'Art moderne.
Brassaï
Parigi, Musée national d'Art moderne.
IL VOLTO DELLA MORTE
Il vero eroe del "Settimo sigillo" (titolo originale Det sjunde inseglet), film del 1957, trasposizione cinematografica della pièce teatrale Pittura su legno (Trämålning) che lo stesso Bergman aveva scritto nel 1955 per la sua compagnia di attori teatrali, capolavoro di Ingmar Bergman, è la Morte.
Nella Svezia del XIV secolo, devastata dalla peste nera, la Morte viene a cercare un cavaliere di ritorno dalle crociate. Per ritardare la fine, quest'ultimo le propone una partita a scacchi.
- Alain Badiou, Lo splendore del nero. Filosofia di un non-colore, Ed. Ponte alle Grazie, 2017
- Michel Pastoureau - NERO storia di un colore - Ed. Ponte Alle Grazie, 2008
- Mariangela Surace - NERO la religione di un colore e i suoi fedeli laici - Ed. Castelvecchi, 2000
16 Settembre 2017
rivisto il 04 Aprile 2023
rivisto il 04 Aprile 2023
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© Riproduzione riservata
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