ROSSO

Mi avventuro tra Riforma e Cappuccetto e il fango rosso di Ajka 


Balmain | Primavera Estate 2011


Il rosso è un colore orgoglioso, pieno d'ambizione e assetato di potere, un colore che vuol essere visto e che è ben deciso a imporsi su tutti gli altri. A dispetto di tanta insolenza, il suo passato non è stato sempre glorioso. Esiste una faccia nascosta del rosso, un "cattivo rosso" (così come si dice "cattivo sangue") che nel corso del tempo ha provocato molti danni, con un brutto retaggio pieno di violenze e di furori, di delitti e di peccati. Diffidatene: questo colore nasconde la sua doppiezza. È affascinante, e bruciante come le fiamme di Satana.

Se c'è un colore che può essere definito tale è proprio il rosso!
Parlare di «colore rosso» è difatti quasi un pleonasmo! D'altronde, certi termini, come coloratus in latino o colorado in spagnolo, significano tanto «rosso» quanto «colorato». In russo, krasnoi, significa «rosso» ma anche «bello» (etimologicamente, la Piazza Rossa di Mosca è la «bella piazza»).

Il rosso ha un passato più che glorioso.
Fin dall'antichità lo si ammira e gli si attribuiscono i simboli del potere, ovvero quelli della religione e della guerra. Il dio Marte (il «pianeta rosso»), i centurioni romani, certi sacerdoti... sono tutti vestiti di rosso. Questo colore s'imporrà perché rimanda a due elementi, onnipresenti in tutta la sua storia: il fuoco e il sangue. Li si può considerare positivamente o negativamente, e ciò ci fornisce quattro poli attorno ai quali il cristianesimo delle origini ha costituito una simbologia così tenace che sussiste ancora oggi. Il rosso fuoco è la vita, lo Spirito santo delle Pentecoste, le lingue di fuoco rigeneratrici che scendono sugli apostoli; ma è anche la morte, l'inferno, le fiamme di Satana che consumano e annientano. Il rosso sangue è quello versato dal Cristo, la forza del salvatore che purifica e santifica: ma è anche la carne insozzata, i crimini (di sangue), il peccato e le impurità dei tabù biblici.

Il colore rosso è un colore ambivalente.
Con la sua insolenza non piacerà ai bacchettoni della Riforma, tanto più che è il colore dei «papisti»! Per i riformatori protestanti, il rosso è immorale. Costoro tengono sempre presente un passo dell'Apocalisse in cui san Giovanni racconta come la grande prostituta di Babilonia, vestita di rosso, cavalcasse una bestia uscita dal mare. Per Lutero, Babilonia è Roma! Bisogna dunque cacciare il rosso dal tempio... e dagli indumenti di ogni buon cristiano. Questa «fuga» del rosso non è priva di conseguenze: a partire dal XVI secolo, gli uomini non si vestono più di rosso (a eccezione dei cardinali e degli appartenenti a certi ordini cavallereschi). Negli ambienti cattolici, le donne possono farlo. Se n'è serbata traccia: azzurro per i neonati maschi, rosa per le femminucce... Il rosso resterà anche il colore dell'abito da sposa fino al XIX secolo. In questo ambito, ritroviamo la solita ambivalenza: per molto tempo le prostitute sono state costrette a portare un capo rosso, affinché, per strada, le cose fossero chiare a tutti.


Elmetto delle Guardie Svizzere del Vaticano 


A Pasqua, a Natale e durante il giuramento le Guardie Svizzere del Vaticano indossano una corazza del XVII secolo sulla divisa di gala, i guanti bianchi e il casco argentato. Il casco, un morione (tipo di elmetto in uso in Europa tra il XVI ed il XVII secolo, caratterizzato da una tesa a barca) è ornato con una piuma di struzzo rosso per gli alabardieri e sottoufficiali, viola scuro per gli ufficiali, bianca per il Sergente Maggiore e il Comandante.

Il colore rosso è il colore della rivoluzione

Il rosso contrassegna l'ostilità e la rivolta da tempi assai remoti: nell'antica Roma il berretto frigio di colore rosso fu emblema degli schiavi che si erano conquistati il diritto della libertà; questo colore ricompare all'indomani della rivoluzione francese fra democratici e giacobini a esprimere, anche nell'abbigliamento, i valori  sovversivi della nuova cultura. Esso fu il colore della rivolta femminile e di liberazione sessuale nell'America Latina agli inizi del XX secolo (per esempio nel movimento «pane e rose» e fu rosso il garofano del movimento socialista. Le camicie rosse dei garibaldini e le bandiere rosse della rivoluzione proletaria sono esempi lontani [N.M. - e recenti] nel tempo e nell'ideologia.¹

Il
Libretto rosso di Mao è stata l'opera che ha avuto la maggiore diffusione nel mondo moderno, sia pure per un periodo molto breve: furono stampate in Cina 300 milioni di copie, tradotto in molte lingue ebbe una diffusione immensa anche nei paesi occidentali e del terzo mondo, ma ne fu impedita la circolazione nei paesi comunisti dell'est europeo. Dal 1966, durante la Rivoluzione Culturale, in Cina divenne obbligatorio portarlo con se. Occorreva studiarlo attentamente e anzi era consigliato impararlo tutto a memoria. Le folli cinesi lo alzavano in alto con la mano sinistra nelle occasioni pubbliche, lo recitavano collettivamente a memoria, ne gridavano brani come slogans in tutte le manifestazioni. Le somiglianze con i Vangeli o il Corano potevano sembrare impressionanti: come i testi sacri anche il pensiero di Mao era ritenuto in grado di regolare e risolvere i problemi della Società. In Occidente non gli fu riconosciuto un tale potere: tuttavia, nell'ambito della contestazione del '68, fu una delle voci più importanti per la formazione di una società autenticamente comunista.²


Pechino (北京, Běijīng), 1966
Libretto rosso di Mao della Rivoluzione culturale cinese.
   

Il colore rosso ha assunto una posizione centrale nelle nostre immagini della libido, l'energia vitale, sia nella forma della passione sessuale che in quella del vivere una «vita spericolata» che ha - ancora un ambivalenza - un labile confine con l'aggressività: vi è la meretrice di Babilonia vestita di rosso scarlatto, la Lettera Scarlatta (titolo del romanzo «The Scarlet Letter» scritto da Nathaniel Hawthorne, nel 1950, che ci racconta di un adulterio commesso), i cuori rossi sui biglietti di san Valentino, il «quartiere a luci rosse» (da Pigalle a St Pauli, St Kilda, Karakoy, passando per la più esplicita Pattaya Beach), in un giro del mondo tra sexy shop, spettacoli erotici e prostitute, umorismo e squallore nell'amore per la vita vissuta, le stranezze e la tolleranza, le diversità e il colore.

E Cappuccetto Rosso³ si avventura nella foresta del Medioevo.
In tutte le versioni della favola la bambina ha una mantellina di colore rosso. Era perché i bambini vestiti così si tenevano meglio d'occhio da lontano, come hanno affermato alcuni storici? O perché, come dicono certi testi antichi, la storia si svolge nel giorno delle Pentecoste e della festa dello Spirito Santo, il cui colore liturgico è il rosso? Oppure ancora perché la bambina sarebbe finita nel letto del lupo e sarebbe scorso il sangue, tesi avanzata dagli psicanalisti? Anche qui vi è ambivalenza: la lotta tra l'aurora (Cappuccetto Rosso), le tenebre (il lupo) e il sole (il cacciatore).


Cappuccetto Rosso
Otto Kubel (1868-1951, pittore tedesco)
noto soprattutto per le sue illustrazioni delle fiabe.



Cappuccetto Rosso - una fiaba moderna
scritto da Aaron Frisch
illustrato da Roberto Innocenti nel 2012
pubblicato da La Margherita edizioni nel 2013


“... rosso è il diavolo nel suo furore.”
(filastrocca Esiodo - Teogonia, VIII/VII a.C.)



foto:
maschera giapponese


Viene in mente la canzone Diavolo Rosso di Paolo Conte contenuta nell'album Appunti di Viaggio” del 1982.




Rosso è il colore del mantello di Mephisto, interpretato da Klaus Maria Brandauer come Hendrick Hõfgen nel film diretto da István Szabó. Il film è ispirato al romanzo di Klaus Mann scritto tra il 1935-1936, dopo che la sua famiglia aveva lasciato la Germania all'avvento del nazismo. Attraverso il personaggio del protagonista Mann racconta i momenti più significativi della vita di un suo ex amico carissimo, il celebre attore Gustav Gründgens.



      
Rosso è il colore del cappotto della Gradisca di Amarcord (1973), film del regista Federico Fellini.


“Signor Principe, GRADISCA”, sibila in un romagnolo intriso di sensualità sotto le lenzuola del Grande Hotel di Rimini, mentre in sottofondo si sente la colonna sonora celeberrima firmata da Nino Rota.




Nel film Schindler's List (1993) del regista Steven Spielberg vi è un interessante esempio della capacità spersonalizzante dei costumi e dell'abbigliamento, dove l'abbigliamento uniforme e contrassegnato dalla stella di David contribuisce a creare la massa anonima degli ebrei deportati e uccisi dai nazisti, e dove per riferirsi ad una bambina in particolare il regista usa l'espediente di colorarle, nel vero senso della parola, il cappottino di rosso, di intervenire cioè sull'immagine dal di fuori, per evidenziare ciò che, lasciando l'immagine così com'è, si perderebbe nell'anonimato del resto.


Schindler's List (1993) ispirato al romanzo La Lista di Schindler di Thomas Keneally
film del regista Steven Spielberg.


Il sipario rosso a
punto smockprogettato per l'Hackney Empire Theatre di Londra
da Petra Blaisse(2005).





Il fango rosso di Ajka

Ottobre 2010, Ajka (Ungheria). Durante la notte una fuga di materiale tossico da un impianto per la lavorazione inonda l’intera città di masse di fango rosso.
Il rosso è dovuto al colore dell’allumina (ossido di alluminio), che diventa simile al fango se a contatto con l’acqua, presente sul luogo a causa delle forti piogge. Le stesse che danneggiato il deposito che conteneva il materiale.
L’incidente ha attratto reporter e fotografi da tutto il mondo. Elicotteri sorvolavano la città per catturare le surreali immagini aeree del disastro. Ma di tutte le immagini raccolte durante e dopo l’inondazione, quelle di Peter Kollanyi, fotografo freelance che risiede tra Tallinn e Londra, sono le più impressionanti.
A prima vista, molte delle foto hanno un che di macabro – le immagini di muri coperti di schizzi rossi -, ma poi quelle foto illuminano il quadro creando un paradossale effetto di pace in uno scenario post-apocalittico.




Le foto di Peter Kollanyi sono raccolte nel libro “Memento”, che non è solo una documentazione del disastro, ma anche una più ampia comprensione dell’esistenza umana attraverso la catastrofe.
Il libro, in edizione limitata, è stato pubblicato per il 5° anniversario della catastrofe del fango rosso. La sua storia illustrata 'Marks of a Catastrophe' (Segni di una catastrofe) ha ricevuto vari premi internazionali, fra cui il 2° posto al Pictures of the Year International (POYi) 2010. Nel 2011 è stato insignito del Premio Junior Prima che è il più prestigioso premio per giovani giornalisti e fotografi in Ungheria.


Il rosso in giapponese: 赤


È il Sole che fa un nuovo giorno. In giapponese i termini “alba” e “rosso” sono simili: il rosso da sempre rappresenta il Sole, lo splendore che emana portando luce nella vita più buia. Il calore del rosso fuoco dà conforto. Il sangue stesso, rosso scuro, è alla base della vita che fluisce nel corpo.
Tutte le sfumature del rosso sono simboli fondamentali del vivere. Non per niente questo colore è definito “colore sacro”.



Hi-iro: accesa gradazione di rosso ottenuta con una miscela di carminio di robbia e liscivia. Il procedimento per ottenere questo colore è lo stesso di quello seguito per il vermiglio scuro presente sullo stemma dell'Imperatore Kōtoku, e delle due sfumature di vermiglio sullo stemma dell'Imperatrice Jitō del periodo Asuka (592-645). Era il colore preferito dai capi militari per il suo tono acceso; il Corpo Akazonae dell'esercito Takeda, in particolare, si distingueva per l'uso del vermiglio francese. Le difficoltà di tingerlo con il carminio di robbia vennero sormontate durante il periodo Edo (1603-1867), dando prima una base di giallo estratto dalla gardenia e poi tingendolo nel rosso lampone per ottenere questo intenso vermiglio.


Claudio Widmann - Il simbolismo dei colori; Ed. Ma.Gi., 2014, pp. 89-90.
In Italia, il Partito Socialista Italiano (PSI) ha utilizzato il garofano rosso nel suo logo  dal 1973, sostituendo la falce e martello in seguito a una svolta ideologica.
Il garofano è anche simbolo della
Rivoluzione dei garofani in Portogallo (in portoghese “Revolução dos cravos), che segnò la fine della dittatura e l'inizio di un periodo di democrazia, con cui nel 1974 si pose fine al regime dittatoriale noto come Estado Novo (Nuovo Stato) instaurato da António Salazar nel 1933.
Il titolo originale  del “Libretto rosso” di Mao era Citazioni dalle Opere del presidente Mao tze tung (attualmente: Mao Zedong), in cinese si pronunciava "Máo Zhuxí Yulì" secondo la translitterazione ora in uso. In Occidente fu conosciuto però generalmente come Libretto Rosso di Mao o anche delle Guardie Rosse. Era costituito da un antologia dei pensieri di Mao tratte da varie opere.
La favola di Cappuccetto rosso è giunta a noi in due versioni: quella seicentesca di Perrault (il lupo divora la bambina) e quella ottocentesca dei fratelli Grimm (un cacciatore apre la pancia dell'animale e ne fa uscire nonna e nipotina sane e salve). La tradizione letteraria ha completamente ignorato i temi che appartengono alle versioni popolari della storia, qui proposte e commentate per la prima volta. Anzitutto, la domanda che il lupo rivolge alla bambina nel bosco: «Quale sentiero vuoi prendere, quello degli aghi o quello degli spilli?», indicando con la prima opzione il lavoro di cucito e di ricamo e con la seconda la cura in funzione del corteggiamento. Un ulteriore motivo riguarda l'inconsapevole pasto cannibalesco della bambina, che mangia la carne e beve il sangue della nonna nel quadro di un'evidente contrapposizione generazionale.
Nelle sue versioni orali, la fiaba tratteggia dunque un percorso iniziatico femminile legato ai riti della crescita, alla capacità di far figli e alle tecniche - cucire e sedurre - che consentono di addomesticare la società maschile.
Se la morale di Perrault e dei Grimm era: «Bambine, diffidate dal lupo», quella delle versioni popolari è più sottile: «Nonne, diffidate delle vostre nipoti»
.
Uno dei numeri obbligatori nelle esibizioni live! Chi ha avuto la fortuna di vedere Conte dal vivo sa di cosa sto parlando! La densità e lo spessore di quella canzone dal vivo trova, per distillazione o sublimazione, una memorabile interpretazione. Una cavalcata mesmerica dentro l’epopea contadina, nel sogno terragno di generazioni; evocazione di spiriti più antichi di chi osa raccontarli, visioni pagane e allucinazioni polverose.
Il ruolo della sinuosa Gradisca, una delle muse del cineasta riminese, fu dato all'
ultra quarantenne attrice francese Magali Noël (1931-2015), doppiata da Adriana Asti, che aveva raccontato come era andato l’incontro con Fellini: “Mi ha fatto andare a Cinecittà senza spiegarmi nulla del ruolo. Poi il costumista Danilo Donati mi avvolse in una enorme coperta di lana e Federico mi disse che dovevo solo fare smorfie e ammiccare”. La parola Amarcord, univerbazione della frase in lingua romagnola "a m'arcord", cioè "io mi ricordo", è entrata nella cultura popolare diventando un neologismo della lingua italiana, con il significato di rievocazione in chiave nostalgica.
Patrizia Calefato (a cura di) -  Moda e cinema; Ed. costa&nalon, 1999
Il film Schindler's List vinse 7 Oscar fra cui per il miglior film e la migliore regia. Questa costruzione cromatica è chiamata «contrasto di quantità». Si tratta di una espressione facile e trasparente per dire che il layout è costruito mettendo in contrapposizione  una grande superficie di una certa tinta con una piccola quantità di un'altra. In questo caso molto grigio-nero e pochissimo rosso. È una relazione sempre evocativa in quanto il poco circondato dal tanto attira subito l'attenzione. Potremo anche chiamarlo «contrasto di cromaticità» dove il cappotto rosso della bambina si oppone al bianco e nero del film, crudo come quello di un cinegiornale: sineddoche del destino dei singoli all'interno della grande Storia. 
Petra Blaisse è una designer olandese di origine britannica (Londra, 1955 - ). Il suo lavoro è un'intersezione tra le professioni dell'architettura, dell'architettura d'interni, dell'architettura del paesaggio, del design tessile e dell'exhibition design.
Hackney Empire Theatre di Londra è un teatro di varietà. Si trova in Mare Street, nel quartiere londinese di Hackney.
Punto smock - Tecnica di cucitura manuale usata per fissare e regolare le pieghe in un'area di tessuto finemente pieghettato.


Rames Gaiba
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