23 gennaio 2018

TABARRO

Tabarro - l'origine del termine è molto incerta; chi lo fa derivare dal latino medioevale tabarrus, chi invece dal francese antico tabart, e chi ancora dal latino tabae.

Ampio mantello, che si indossa sull'abito, da uomo (ma oggi la moda lo presenta anche per la donna), rotondo, a ruota, lungo fino al polpaccio in tessuto pesante in lana spesso reso impermeabile, con bavero e pellegrina; come il ferraiolo (ferraiuolo).  Per fare un tabarro sono necessari sei metri di tessuto. Il tabarro è formato da una ruota perfetta che bisogna tagliare in coppia; una sola cucitura passa lungo la schiena, per il resto non serve in quanto la stoffa è a "taglio vivo", avendo il tessuto una particolare compattatura che permette appunto di tagliarla senza dover cucire i bordi per evitare la sfilacciatura. Chiuso sul petto, allacciatura sotto il mento,  da due bottoni che si chiamano “gangheri, che riproducono "mascheroni" veneziani (preferibilmente in argento), volendo con il collo di astrakan. Può essere di modello classico lungo fino al polpaccio o più corto (tabarrino) per andare a cavallo o in bicicletta. Va indossato sull'abito. Questi viene indossato chiuso buttando un'estremità sopra la spalla opposta in modo da avvolgerlo intorno al capo. 

Il Tabarro ha una storia centenaria. In uso ancora,  come capo popolare indossato  dagli abitanti nella pianura padana, dove sulle rive del Po (Italia settentrionale) il tabarro è rimasto uno stile di vita fino al  dopoguerra e non è difficile ancor oggi  incontrare uomini intabarrati.



Uomini "intabarrati" nella campagna pianura padana
foto: © Fausto Preziosi 


Molto diffuso negli anni '60 questo capo ogni tanto è "rivisto" dagli stilisti contemporanei.




Identificabile con il tabarro è il vecchio ferraiolo (ferraiol in Veneto). In Romagna il tabarro è capparela (Caparèla). Diminutivo, non comune, tabarrèllo, tabarrétto, tabarrìno. Diminutivo e peggiorativo tabarrùccio. Accrescitivo tabarr
óne. Peggiorativo tabarràccio.  


In Veneto vi sono diverse aziende che producono questo capo esclusivo. Qui il video del “Tabarrificio Veneto”, dove l'imprenditore veneziano Sandro Zaia,  ci parla e ci presenta questo capo di vestiario.




Capelli da abbinare al tabarro: il cilindro, ma se volete essere eccentrici allora mettete il tricorno Il cappello nero a tre punte che si portava nel '700) o il cappello di "ezra pound".
 

Il bevitore di assenzio (1858)¹
Edouard Manet (Parigi, Francia, 1832-1883)
olio su tela, 180.5 x 105.6 cm
Ny Carlsberg Glyptotek - Copenaghen, Danimarca


Qui il soggetto in tabarro non è ritratto in una rigida postura, come si usava allora, ma in una posa quotidiana, per ottenere una resa più realistica.


STORIA - A partire dal 1300 era indossato solitamente da persone importanti come medici, magistrati, ecclesiastici, caratterizzato da grandi strisce di stoffa attaccate al cappuccio. Come nel secolo precedente continuerà a far parte delle sopravvesti maschili: pesante, con o senza fodera in pelliccia.


Rinuncia di San Francesco ai beni paterni (1452)
Benazzo Gozzoli (Firenze, 1420 - Pistoia, 1497)
affresco, chiesa di San Francesco a Montefalco, Perugia  


Nel 1500 si definisce tabarro una giacca elegante con maniche e aperta sul davanti, usata specialmente dagli scudieri del Doge di Venezia, che la portavano gettata sulle spalle senza infilare le maniche. Sempre nel 1500 era anche un grossolano indumento con cappuccio e cinto in vita, portato dai galeotti e dalla povera gente. Nel 1700 il tabarro diventa anche una sopravveste femminile più corta e leggera, spesso di colori chiari, detto tabarrino; a Venezia, nel Settecento, è un mantello rotondo con doppia mantellina, portato dai nobili e adottato anche dalle donne.² Nel 1800, infine, si trasforma in un ampio mantello di uso borghese, completamente rotondo, con collo risvoltato e mantellina lunga quasi fino al gomito. Veniva indossato dagli uomini sull'abito o sul cappotto, ed era lasciato cadere diritto o rialzato da un lato per avvolgerlo intorno alle spalle con ampio panneggio. Di solito era grigio o nero.


Dalla moda maschile, le donne prendono il tabarro rotondo e ampio, spesso con pellegrina sulle spalle e bavero rivoltato, che nel modello più comune scende poco oltre il ginocchio, mentre il tabarrino è più leggero e più corto. L'elegante patrizia veneziana, nel suo corredo, aveva tre tabarri: due di cambellotto (tessuto fatto con pelo di cammello o di capra), dei quali uno con ricamo d'oro e l'altro con galloni d'argento, e un terzo di "nobiltà" ricamato e ha pure tre tabarrino oltre a quello del viaggio.


  
 
Tabarro a Venezia - Paseando por Cannaregio...   


Il tabarro inoltre divenne il capo prediletto degli anarchici che ne fecero un simbolo di ribellione distinguibile dall’aggiunta di un grande fiocco nero come allacciatura sotto il mento. Anche i contrabbandieri lo utilizzavano spesso, probabilmente per nascondere mercanzia al di sotto di esso. Ma ai più la parola tabarro evoca un grezzo indumento dei pastori o le fosche immagini dei briganti di fine Ottocento che nascondevano così il corpo e il volto, ma se necessario anche le armi. In Italia, durante il Fascismo, viene considerato un elemento d'ispirazione anarchico - sovversiva con l’abbinamento di cravatta fiocco o a stringa e soprattutto in città si tende a ostacolarne l’uso. Infatti poteva contribuire a celare l'identità e consentire di nascondere le più svariate cose; alcune prefetture arrivarono, a discrezione, a limitarne se non addirittura a vietarne l'uso. 

Ad ogni modo è nelle zone di campagna in Emilia Romagna e Veneto, e in genere tutta la pianura padana, dove il tabarro ebbe più fortuna: il suo uso era generalizzato per combattere il clima invernale, nebbioso e umido che entrava nelle ossa. I proprietari terrieri di queste zone, che giravano in bicicletta per la pianura, indossavano il tabarro, sotto al quale portavano in tasca qualche strumento atto a difendersi da eventuali malintenzionati. Si dice che persino Giuseppe Verdi, nella sua tenuta di Busseto, girasse così abbigliato, portando sotto il tabarro, una pistola di piccolo calibro.
Non dimentichiamo il tabarro  militare grigioverde della prima guerra mondiale, indossato anche da re Vittorio Emanuele III.

Successivamente, soprattutto nel secondo dopoguerra, il cappotto soppiantò definitivamente il tabarro, che rimase diffuso unicamente nelle campagne e nei piccoli centri agricoli come abbigliamento popolare. Poi per anni se ne sono perse un po' le tracce, ricomparendo di quando in quando, sulle spalle di qualche Sgnor, come si usa dire in Romagna.


CURIOSITÀ - Uscire dai gangheri”. Questo modo di dire vuol dire che una persona si è arrabbiata davvero. Questa è una espressione strettamente legata al tabarro. Per trattenere questo capo sulle spalle, si applicano ai lati del colletto “I Mascheroni” che sono placche generalmente argentate, unite da una catenella. Nei tabarri d'uso popolare il gancio che ha questa funzione si chiama “ganghero”. Da qui uscire dai gangheri”, quando una persona molto arrabbiata a causa dell'ingrossamento delle vena del collo, faceva uscire questo gancio. 


       

Durante il Settecento alcuni furfanti si dilettavano a tagliare il retro dei tabarri delle persone che li indossavano, talvolta per dileggio, talvolta per borseggiarle. Ecco il termine Tagiar Tabari” diventa epiteto per indicare i maldicenti, coloro che sono soliti parlar male alle spalle. A Cittadella, comune della provincia di Padova, vi era a Borgo Bassano una contrada denominata via Taja Tabari, perché qui c'erano due sarti, che cucivano appunto i tabari” per i cittadellesi, in quanto era il capo d'abbigliamento che tutti usavano d'inverno. (il mattino di Padova - 12 giugno 2012)   


foto: © Taja Tabàri - Design e moda | pagina Facebook


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A Santa Vittoria, frazione di Gualtieri (Reggio Emilia) nella piazza-giardino antistante lo storico Palazzo Greppi hanno dedicato al Tabarro un monumento.



monumento al Tabarro - Santa Vittoria, Gualtieri, Reggio Emilia
scultore ed architetto Antonio Pastorini, 2010³


Antonio Pastorini progettò il primo stabilimento di Max Mara (nota azienda abbigliamento femminile) nel 1960.


A Casa Cervi a Gattatico (Reggio Emilia) è conservato nel museo il tabarro di lana, color grigio-nero, ampio e molto pesante, che indossava il vecchio Alcide, il padre dei sette eroici fratelli,  fucilati dai fascisti nel dicembre del 1943.



LETTERATURA - Il Prete da Varlungo si giace con monna Belcolore; lasciale pegno un suo tabarro; ed accattato da lei un mortaio, il rimanda e fa domandare il tabarro lasciato per ricordanza; rendelo proverbiando la buona donna. Giovanni Boccaccio - Decameron; Giornata ottava, Novella seconda. (XIV secolo)

     

Nel XIX secolo, l'ampio mantello senza maniche fu chiamato, con particolare favore, ferraiolo. 

Il marchese [...] s'era buttato un ferraiolo sulle spalle [...] Giovanni Verga - Mastro don Gesualdo (1890)

e inferraiuolato si diceva a chi portava il ferraiolo.

Andava dianzi perdendomi per le campagne, inferraiuolato sino agli occhi. Ugo Foscolo - Lettere di Jacopo Ortis - 19 gennaio 1798 

       

Leggendo i vari Don Camillo di Guareschi,celebre scrittore della Bassa, vestiva col tabarro e lo descriveva indosso ai personaggi nei racconti ambientati durante l’inverno; si legge spesso che “Don Camillo, preso il pesante tabarro, se ne avvolse e inforcò la bicicletta…”. Segno evidente dell’uso quotidiano dell’indumento nella "bassa" Emilia (ma anche in Romagna ed in Veneto).


Giovannino Guareschi con tabarro e nebbia (1953)


       

Cesare Zavattini ha scritto, nel suo dialetto di Luzzara (Reggio Emilia) una poesia, che evoca il tabarro della pianura, delle nebbie e della bicicletta. Tradotta in italiano dice:

PORTANO ANCORA IL TABARRO DALLE MIE PARTI 

Portano ancora il tabarro
dalle mie parti.
C'è un vecchio del Ricovero Buris-Lodigiani
che vi s'involta dentro fino agli occhi
come volesse dire
non voglio più vedere nessuno. 

Sembrano uccelli
la gente in bicicletta. 
Appena il piede
tocca ancora la terra
torna in mente
quello che avevano voluto scordare 

 

«Di gennaio e febbraio metti il tabarro; di marzo ogni matto vada scalzo; d’aprile non ti scoprire; di maggio vai adagio; di giugno levati il cuticugno e se non ti pare tornalo a infilare; di luglio vai ignudo» ammonisce un proverbio. Già i mesi
delle febbri (soprattutto a Gennaio e Febbraio). Perché il Tabarro è caldo, di lana spessa. Ti copre da capo a piedi, ma lascia respirare il corpo. E non sudi. Sano.


Giovanni Guareschi (Roccabianca, Parma, 1908 - Cervia, 1968), scrittore, giornalista, umorista e caricaturista.  
Cesare Zavattini (Luzzara, 1902 - Roma, 1989), sceneggiatore, giornalista, commediografo, scrittore, poeta e pittore.
I porta ancora al tabar da li me bandi // I porta ancora al tabar / da li me bandi. / A ghè an vèc dal Ricovar Buris-Lodigiani / c'al sgh'invoia dentr'in fin i oc / cme s'al vrès dir / a vöi pö vedr'ansön. // I par usei / la gent in bicicletta. / Appena al pé / al toca ancor la tera / a turna in ment / col c'i evum vrü smangà. Da: Cesare Zavattini - Stricarm' in d'na parola. Stringermi in una parola. 50 poesie in dialetto. (Questa raccolta di versi venne pubblicata nel 1973). 




 
MUSICA - Il Tabarro è un atto unico di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Adami da «La Houppelande» di Didier Gold, parte del Trittico, ambientato sulle rive della Senna. La prima esecuzione dell'opera fu data il 14 dicembre 1914 al Metropolitan Opera di New York. Il tabarro di Michele (un battelliere della Senna) è stato inizialmente, quando l'amore era ancora intenso e appassionato, il caldo rifugio di Giorgietta e del figlio dei due immaturamente scomparso; nell'epilogo del dramma sarà il nascondiglio del cadavere di Luigi, l'amante di Giorgietta ucciso da Michele.


Il disegno originale dello schizzo in costume del 1918 per Michele


Canta Giorgietta prima di veder rotolare a terra il corpo dell'amante nascosto nel tabarro di Michele

Se mi dicevi un tempo: tutti quanti portiamo un tabarro che nasconde qualche volta una gioia, qualche volta un dolor.  

Già, lo diceva il Magistrato nella Venezia del '700 Il tabarro aiuta a nascondere le trasgressioni alle leggi. 



Rames Gaiba
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