Boubou - la parola deriva dal wolof (che è la principale lingua africana del Senegal) mbubbe, e questa origine linguistica suggerisce che, contrariamente a stili di abbigliamento presi in prestito, come il caftano arabo e il vestito europeo, il boubou è sempre stato senegalese.
Il boubou è la classica veste (tunica) femminile e maschile in uso in tutta l'Africa occidentale (in particolare Senegal, Nigeria, Mali) e, in misura minore, in Nord Africa. Si tratta di un indumento lungo, cucito da un unico pezzo di tessuto, il boubou è solitamente largo 150 cm e di lunghezza variabile (può arrivare nel grand boubou fino a 300 cm) che raggiunge le caviglie. Gli uomini indossano il classico boubou, generalmente in tinta unita con blusa e pantaloni abbinati. Le donne lo indossano come un involucro abbinato a gonna a pareo (pagne) e foulard (il tradizionale triangolo di stoffa chiamato moussor, con cui le donne si coprono i capelli) con stampe multicolore.
Podor, Senegal, 1963-1968
foto: © Oumar Ly (fotografo senegalese, 1943-2016)
foto: © Oumar Ly (fotografo senegalese, 1943-2016)
Boubou del Camerun
Cotone tinto con pigmenti e ricamato
Cotone tinto con pigmenti e ricamato
Nel corso degli anni la seta ha affiancato i tessuti di cotone stampati, le passamanerie si sono fatte via via più vistose, con ricami che lo impreziosiscono, il taglio più sartoriale.
STORIA - Giunto nel secolo XVIII in Africa Occidentale durante la campagna di islamizzazione promossa dagli Arabi, il boubou colora ancor oggi le strade di Dakar (capitale del Senegal) e di numerose capitali africane. [1]
[1] Michela Manservisi, African Style. Stilisti, moda e design nel Continente Nero. Ed. Castelvecchi, 2003, p. 72
CURIOSITÀ - La costa del Golfo di Guinea potrebbe a buon diritto essere designata con il nome di Costa dei Tessuti, per la straordinaria gamma di notevoli tessuti e capi d'abbigliamento che si producono nella regione dell'Africa Occidentale varia sul piano geografico, climatico e linguistico. [2]
[2] Patricia Rieff, Storia Universale del Costume, Ed. Mondadori, 2008, p. 550
Rames Gaiba
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