26 giugno 2019

PAGLIETTA


Paglietta - diminutivo di paglia.

Cappello estivo circolare, di paglia, rigido, con calotta (cupola) piatta, ornato da un nastro tutto intorno alla calotta e spesso colorato, e con una piccola tesa diritta, appartenente al guardaroba sia maschile che femminile. 




Viene chiamato anche canotier, derivato dal francese à la canotier, o «cappello alla canottiera» in quanto nasce come copricapo sportivo maschile, associato all'uniforme estiva da canottaggio; questo cappello è circondato da un fiocco nero o blu, fermato a fiocco piatto con lunghe cocche che scendono sul dietro. In inglese è detto sennit, straw boater oppure  boater o
straw sailor.

A Milano è chiamato familiarmente magiostrina, in quanto indossato  all'arrivo della bella stagione, verso maggio.

A Venezia il cappello da gondoliere si chiama mariegola, che nella versione estiva è di paglia intrecciata, con il doppio raso di guarnizione.  


Cappello da gondoliere «mariegola»
foto: © Nicolò Zanatta


A Napoli gli avvocati del primo '900 venivano chiamati in modo bonario “pagliette” o i "paglietta" o più comunemente è detto, affettuosamente, o' scurnacchiato proprio per la loro abitudine di portare in testa come tratto distintivo cappelli di paglia di colore nero; era riferito a quegli avvocati che non esitano ad accendere ceri alle madonne del vicolo pur di intascare scudi e denari, sono figure-cerniere tra l’irraggiungibile latinorum del diritto vero, e il popolo che cerca giustizia e al Sud si affida sempre armi e bagagli a chi sape e conosce e po’ trovà a chiave per aprì na porta ‘nserrata. Astuti e cavillosi, abitano una Napoli senza tempo perché esperta di umanità, si muovono a metà strada tra il diritto che non guarda in faccia a nessuno e la carne del popolo che vive nei Bassi, con gente che quando ha problemi ‘mette e’ ccarte mmano all’avvocato’.


STORIA - Già nel Settecento gli artigiani di Signa (Toscana) conoscono la lavorazione della paglia intrecciata con cui sono realizzati questi cappelli, conosciuti universalmente come leghorn perché imbarcati dal porto di Livorno verso i più lontani paesi del mondo. Creato come cappello per bambini (Les coquelicots) fu in seguito usato anche da adulti, uomini e donne. Dalla fine dell'Ottocento completerà l'abbigliamento di artisti del cinema e del teatro. Era il cappello da scena e da set di Maurice Chevalier, di Odoardo Spadaro e, sfrangiato a stella, di Nino Taranto. È tra i cappelli più usati da Gabriele D'annunzio. Divenne il copricapo di coloro interventisti” che manifestarono nelle piazze perché l'Italia intervenisse nella Prima Guerra Mondiale. Il cappello fu indossato dai canottieri, abbinato a blazer a strisce e pantaloni di flanella, costituiva l'uniforme per lo sport estivo del canottaggio dalla fine dell'Ottocento fino a circa il 1940. In versioni diverse la paglietta è divenuta decisamente popolare negli anni '20 del secolo scorso, come copricapo femminile, con l'aggiunta di decorazioni varie (nastri, fiori e frutti artificiali, e similari), e come parte dell'uniforme estiva di molti collegi femminili inglesi. 


dal film francese «Bilitis» del 1977 diretto dal fotografo David Hamilton.
Questo film ha influenzato il mondo della moda alla fine degli anni '70.


CURIOSITÀ - Il 29 novembre 2014 è stato emesso dalle Poste Italiane un francobollo da 80 centesimi "Industria della paglia di Firenze", in occasione del trecentesimo anniversario della fondazione dell'industria della paglia che si diffuse in un vastissimo territorio dell'hinterland fiorentino.


La vignetta rappresenta tre diversi modelli di cappelli di paglia di Firenze esposti in una vetrina del
Museo della Paglia e dell'Intreccio
“Domenico Michelacci” di Signa - Firenze.


La Paglia di Firenze è detta anche paglia d'Italia. Paglia di grano che pur essendo imbiancata artificialmente con lo zolfo, conservava riflessi dorati.

L'Italia era importantissima per la lavorazione della paglia con la quale si facevano anche cappelli, in cui trovavano lavoro stagionalmente nelle campagne molte migliaia di persone, in grandissima parte donne, le quali integravano il reddito rurale delle famiglie. Il centro tradizionale era Firenze con i paesi circostanti (Signa, Brozzi, ecc.); anche a Marostica (Vicenza), c'era una rispettabile attività, mentre a Carpi (Modena) si fabbricava la treccia di truciolo (paglia di riso) o di paglia, lavorata altresì presso Teramo e a Napoli; altre località ove si producevano delle qualità ordinarie in paglia erano i paesi di Falerone, Montappone e Monte Vidon Corrado presso Ascoli Piceno.

Numerosi i dipinti dei pittori impressionisti che in cui compare il cappello di paglia, tra questi La partie des dames à Amfreville di Edouard Vuillar (1868-1940), Le déjeuner  des canotiers del 1861 di Auguste Renoir, Femme à l'ombrelle tournée vers la droite del 1866 di Claude Monet.   

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Nato nel 1947 vi è a Prato il Club delle Pagliette” che si può considerare una delle ultime tradizioni rimaste in questa città. Storicamente la sede operativa è lo storico Istituto Tullio Buzzi di Prato, ad indirizzo tessile. Il Club delle Pagliette  svolge la funzione di aggregare tutti i ragazzi che oltre a studiare hanno voglia di divertirsi in nome della goliardia.


Club delle Pagliette, dal 1947 Io sono di Prato 



26 Giugno 2019
Rames GAIBA

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