L'allestimento della Mostra e il relativo catalogo furono realizzati in collaborazione con Grandi Stazioni SpA, "Fondazione Antonio Mazzotta" e con "Moruzzi Communications Group".
Io con questo album ho inteso far conoscere a Voi (solitamente il pubblico medio ne percepisce la sola dimensione commerciale) il valore culturale della comunicazione pubblicitaria insito nella sua capacità di rappresentare valori e modalità espressive della società, e di evidenziare nel contempo la capacità della business community della comunicazione di esprimere un elevato grado di responsabilità sociale.
Ogni allusione al sesso serve a svegliare l'attenzione del pubblico, dicono gli esperti della comunicazione. Abbastanza eloquente è la traiettoria del pudore nella pubblicità, dalle censure degli anni Sessanta e Settanta alle immagini non convenzionali di fine Novecento, fino all'abuso del messaggio sessuale, che forse non stupisce più ma dà assuefazione.¹
Nella pubblicità le immagini della biancheria suggeriscono che gli slip e il reggiseno servano a eccitare chi guarda e non a coprire chi li indossa.
Tutte le immagini qui presentate si trovano in rete, senza alcuna limitazione.
Io con questo album ho inteso far conoscere a Voi (solitamente il pubblico medio ne percepisce la sola dimensione commerciale) il valore culturale della comunicazione pubblicitaria insito nella sua capacità di rappresentare valori e modalità espressive della società, e di evidenziare nel contempo la capacità della business community della comunicazione di esprimere un elevato grado di responsabilità sociale.
Ogni allusione al sesso serve a svegliare l'attenzione del pubblico, dicono gli esperti della comunicazione. Abbastanza eloquente è la traiettoria del pudore nella pubblicità, dalle censure degli anni Sessanta e Settanta alle immagini non convenzionali di fine Novecento, fino all'abuso del messaggio sessuale, che forse non stupisce più ma dà assuefazione.¹
Nella pubblicità le immagini della biancheria suggeriscono che gli slip e il reggiseno servano a eccitare chi guarda e non a coprire chi li indossa.
Eva Herzigova - reggiseno Wonderbra, 1994
con lo slogan «Guardami negli occhi»
David Beckam - underwear Emporio Armani, 2017
Tutte le immagini qui presentate si trovano in rete, senza alcuna limitazione.
United Colors of Benetton - Oliviero Toscani (1991)
La collaborazione tra la Benetton e il grande fotografo Oliviero Toscani inizia nel 1982 che in vent'anni, grazie a una serie di manifesti tra i più discussi nell'intera storia della pubblicità, ne fa una delle marche d'abbigliamento più conosciute al mondo. Giocando sullo slogan "United Colors of Benetton" (Colori Uniti di Benetton), realizza immagini che, al di là di precisi obbiettivi di mercato, affrontano problematiche sociali mai toccate prima d'ora dal mondo della pubblicità commerciale. Le sue affiche affrontano i temi del razzismo, dell'ecologia, del sesso, dell'Aids (memorabili, in proposito, due scatti: quello con la composizione di preservativi colorati sistemati come tanti spermatozoi e quello con il malato terminale che ha le sembianze di Cristo). In questi anni Toscani perfeziona un linguaggio che ha fatto della provocazione un'arte. Attraverso lo scandalo, lo choc, il disorientamento generato dai suoi lavori ha voluto colpire con dura forza il castello di pregiudizi, ipocrisia, perbenismo, malafede ideologica, convenzioni comportamentali - e visuali - dentro al quale è saldamente barricata gran parte dell'opinione pubblica. Questa foto, tutta orchestrata sul contrasto bianco-nero, coglie un bacio casto, ma vibrante di innegabile passione, tra un prete e una suora; nell'interpretazione dell'autore, i due, prima ancora che religiosi, sono innanzi tutto un uomo e una donna. Anche quando sembra che nell'immagine non ci sia alcun riferimento al prodotto, come in questo caso, esiste sempre una corrispondenza cromatica e simbolica con lo slogan, secondo il quale la gioia del colore abbatte ogni barriera, da quella della pelle a quella di una divisa. Per le campagne Benetton Toscani ha ricevuto alcuni tra i riconoscimenti più prestigiosi del settore, come il Grand Prix dell'Unesco e il Grand Prix dell'Affichage.
L'ultima cena tutta femminile (2005)
campagna pubblicitaria di Marithé e François Girbaud
foto di Brigitte Niedermasir
foto di Brigitte Niedermasir
Quest’immagine, che riprende il Cenacolo di Leonardo in versione tutta femminile, dove però c'erano dodici modelle (alcune delle quali in jeans) in luogo degli apostoli è stata utilizzata qualche anno fa per uno spot per la casa di moda Girbaud. Il gruppo cattolico francese «Croyances et Liberté» li trascinò in tribunale chiedendo il sequestro della pubblicità, e i Girbaud persero la causa in prima istanza, ma vinsero in appello.² All'epoca, siamo nel 2006, venne censurata dal comune di Milano perché ritenuta offensiva nei confronti del sentimento religioso (non è stata certo la prima né sarà temo l’ultima). A parte questo ci sono diversi aspetti curiosi che mi interessa sottolineare:
1) L’affresco di Leonardo ha praticamente creato un paradigma universale di come deve essere rappresentata l’Ultima Cena. Pensateci un attimo: i dipinti che raffigurano questo episodio dei Vangeli sono centinaia, se non migliaia, ma quando qualcuno deve riproporre un’immagine sceglie inevitabilmente quella di Leonardo.
2) Nella fotografia ci sono i concetti di "femminilizzazione" o di ""transgender" in connessione al lavoro dell'artista che ha sostituito gli apostoli e Gesù da donne e la donna (forse "Maria Maddalena"), da un uomo. Guardando la foto ci sono diversi particolari anomali: una mano sotto il tavolo sulla quale è posata una colomba. Una delle “apostole” con tre gambe, e più in generale non tutte le gambe sotto al tavolo sono riconducibili a qualcuno.
3) Il traditore, Giuda, è un uomo a differenza di tutte le altre.
La rivoluzione sessuale e la pubblicità
In passato, il massimo dell'erotismo di solito era affidato alle gambe, lunghe e affusolate, della pubblicità per le calze delle "donnine" di Boccasile, tentato dal nudo non soltanto per la lavanda della Paglieri. Ma già nel '70 il messaggio si fa più audace con il Carosello per la birra Peroni, con un messaggio che ammicca sensualità
Si era già pronti alla campagna pubblicitaria della primavera del 1973 dell'Agenzia Italia di Gianni Muccini.
La rivoluzione sessuale e la pubblicità
In passato, il massimo dell'erotismo di solito era affidato alle gambe, lunghe e affusolate, della pubblicità per le calze delle "donnine" di Boccasile, tentato dal nudo non soltanto per la lavanda della Paglieri. Ma già nel '70 il messaggio si fa più audace con il Carosello per la birra Peroni, con un messaggio che ammicca sensualità
Si era già pronti alla campagna pubblicitaria della primavera del 1973 dell'Agenzia Italia di Gianni Muccini.
campagna pubblicitaria Jesus Jeans
Oliviero Toscani e Emanuele Pirella, 1973
Questa pubblicità scandalizzò Pier Paolo Pasolinic che contestò aspramente lo slogan (non la foto) con una analisi linguistica apparsa il 17 maggio 1973 sul "Corriere della Sera". Già dal nome "Jesus Jeans" (Jesus, un nome bi-millenario). Il testo, di Emanuele Pirella (un maestro della pubblicità italiana, qui alle prime prove) e Michael Goettsche dell’agenzia Italia, riprende le parole di Cristo "Chi mi ama mi segue" e quelle, adattate, del primo comandamento «Non avrai altro jeans all'infuori di me». In realtà, la frase «Chi mi ama mi segua» non è una citazione dal Vangelo ma un’esortazione pronunciata dal re di Francia Filippo il Bello durante una battaglia. Quella del Vangelo di Matteo dice: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua». L'immagine è di Oliviero Toscani, quarantenne fotografo e creativo la cui storia, da lì a pochi anni, si intreccerà fortemente con quella della comunicazione Benetton. Erano gli anni Settanta, li produceva un giovane imprenditore, Maurizio Vitale, con i telai del Maglificio Calzificio Torinese (già proprietario del marchio Robe di Kappa), che desidera lanciare i suoi hot pants in tessuto jeans, che battezza Jesus (è il momento del successo mondiale del musical Jesus Christ Superstar). Nella prima foto abbiamo un'immagine raffigurante un personaggio dal sesso dubbio (androgeno) a petto nudo e con i jeans sbottonati che lasciano intravedere in penombra il pube senza biancheria, al limite dei peli pubici; nell'altro, ancor più celebre, le natiche della modella americana Donna Jordan, semicoperte da short particolarmente succinti.
L' e la sensibilità correnti, debbono ritenersi volgari o ripugnanti").
tasca disegnata sul gluteo (miss Levi's, agenzia Young & Rubicam) |
Nel 2008 Oliviero Toscani ha deciso di riproporre questa seconda idea, lievemente modificata, per la campagna pubblicitaria del quotidiano l'Unità. In questo ultimo caso il "lato B" è quello della figlia di Oliviero Toscani.
Da: "Scritti corsari"³, Ed. Garzanti (1975) Pier Paolo Pasolini scrive:
" [...] Coloro che hanno prodotto
questi jeans e li hanno lanciati nel mercato, usando per lo slogan di
prammatica uno dei dieci Comandamenti, dimostrano - probabilmente con
una certa mancanza di senso di colpa, cioè con l’incoscienza di chi non
si pone più certi problemi - di essere già oltre la soglia entro cui si
dispone la nostra forma di vita e il nostro orizzonte mentale.
C’è, nel cinismo di questo slogan,
un’intensità e una innocenza di tipo assolutamente nuovo, benché
probabilmente maturato a lungo in questi ultimi decenni (per un periodo
più breve in Italia). Esso dice appunto, nella sua laconicità di
fenomeno rivelatosi di colpo alla nostra coscienza, già così completo e
definitivo, che i nuovi industriali e nuovi tecnici sono completamente
laici, ma di una laicità che non si misura più con la religione. Tale
laicità è un “nuovo valore” nato nell'entropia borghese, in cui la
religione sta deperendo come autorità e forma di potere, e sopravvive in
quanto ancora prodotto naturale di enorme consumo e forma folcloristica
ancora sfruttabile.
Ma l’interesse di questo slogan non è
solo negativo, non rappresenta solo il modo nuovo un cui la Chiesa viene
ridimensionata brutalmente a ciò che essa realmente ormai rappresenta:
c’è in esso un interesse anche positivo, cioè la possibilità imprevista
di ideologizzare, e quindi rendere espressivo, il linguaggio dello
slogan e quindi presumibilmente, quello dell’intero mondo tecnologico.
Lo spirito blasfemo di questo slogan non si limita a una apodissi, a una
pura osservazione che fissa la espressività in pura comunicatività.
Esso è qualcosa di più che una trovata spregiudicata (il cui modello è
l’anglosassone “Cristo super-star”): al contrario, esso si presta a
un’interpretazione, che non può essere che infinita: esso conserva
quindi nello slogan i caratteri ideologici e estetici della
espressività. Vuol dire - forse - che anche il futuro che a noi -
religiosi e umanisti - appare come fissazione e morte, sarà in un modo
nuovo, storia; che l’esigenza di pura comunicatività della produzione
sarà in qualche modo contraddetta. Infatti lo slogan di questi jeans non
si limita a comunicarne la necessità del consumo, ma si presenta
addirittura come la nemesi - sia pur incosciente - che punisce la Chiesa
per il suo patto col diavolo. L’articolista dell'"Osservatore" questa
volta sì è davvero indifeso e impotente: anche se magari magistratura e
poliziotti, messi subito cristianamente in moto, riusciranno a strappare
dai muri della nazione questo manifesto e questo slogan, ormai si
tratta di un fatto irreversibile anche se forse molto anticipato: il suo
spirito è il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale e
della conseguente mutazione dei valori".
Questo spot di Dolce & Gabbana fu censurato in Spagna,
e non sono mancate le polemiche anche in Italia (marzo 2007)
Censura in USA per lo spot di Calvin Klein Jeans
Calvin Klein colpisce ancora la sensibilità (o forse dovremmo scrivere "il senso del pudore") della tv commerciale americana.
Questa pubblicità in Australia è stata bloccata
perché l'immagine della modella Lara Stone seminuda e contornata da uomini
evocherebbe una scena di violenza
La campagna pubblicitaria porta la firma di Steven Meisel e si caratterizza per la sua qualità video "granulosa" ed è stato vietato in America. La campagna ha come modelli: Anna Jagodzinska, Anna Selezneva, Natasha Poly, Edita Vilkeviciute, Carson Parker, Danny Schwarz, Vladimir Ivanov e il nuovo volto Mikus Lasmanis con indosso i loro Calvins.
Nel 2003 la campagna stampa di Gucci proponeva la fotografia di un giovane inginocchiato davanti ad una donna. Il ragazzo guarda la modella con lo slip a metà gamba e il pube rasato in modo da evidenziare una lettera “G” simile al logo Gucci. Il Giurì ha censurato il messaggio perché sostiene che la lettera rasata sul pube è quasi un marchio e Il corpo viene quindi equiparato, ad un qualsiasi prodotto griffato e, come tale, mercificato.
__________
₁ Marta Boneschi - Il comune senso del pudore - Ed. il Mulino, 2018, p. 165
₂ Remo Guerrini - Bleu de Gênes; Ed. Mursia, 2009, p. 142
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₁ Marta Boneschi - Il comune senso del pudore - Ed. il Mulino, 2018, p. 165
₂ Remo Guerrini - Bleu de Gênes; Ed. Mursia, 2009, p. 142
₃ Questo scritto è stato pubblicato il 17 maggio 1973 sul "Corriere della Sera" con il titolo "Il folle slogan del Jeans Jesus". Pasolini, in sintesi, diceva che questo "slogan" fatto per
impressionare in realtà è mostruoso perché è legato agli stereotipi e
gli stereotipi sono la negazione della libertà, della espressività. Pasolini si riferisce qui ai "Jeans
Jesus" pubblicizzati ai suoi giorni con lo slogan "non avrai altro jeans
all'infuori di me".
Rames Gaiba
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