28 settembre 2016

TUAREG: lo spirito degli "uomini blu"



Tuareg area

I Tuareg [1] non possiedono una tradizione tessile, e pertanto si procurono le stoffe da altri gruppi. Dagli Hausa nigeriani acquistono l'aleshu.
Il costume femminile è costituito da una veste voluminosa e piuttosto ingrombrante simile alla toga romana e al sari indù. L'estetica dell'abbigliamento femminile tende a enfatizzare la sovrapposizione degli strati e il volume. Molte donne apprezzano le maniche fluttuanti che si gonfiano al vento e le vesti che scivolano liberamente sul corpo o che cadono direttamente dalle spalle. I movimenti delle vesti sono considerati sensuali; vi è chi sostiene che quanti più strati la donna indossa, tanti più uomini desiderano svestirla.





Mali - Giovani ragazze Tuareg
foto: © Mark William Brunner


Uomini e donne Tuareg calzano sandali aperti e indossano gioielli, anche se non usano le grosse perle di ambra e corallo (come alcuni Berberi del Nord), ma prediligono i monili sobri e ripetitivi, con forme e decorazioni simili.
Sono di colore indaco i veli degli uomini Tuareg: il padre, alla pubertà, consegnerà al ragazzo il litham. Gli uomini hanno due tipi di velo: il cheche è costituito da una fascia alta una ventina di centimetri e lunga fino a tre metri, avvolta attorno al viso e al capo, nascondendo la bocca, realizzato in tessuto di cotone, preferibilmente bianco o tinto di blu o nero. I veli sono avvolti in tanti modi, mai casuali e rispondono a precise esigenze estetiche e di riconoscimento. Si è dibattuto a lungo sull'origine di questo velo maschile presso i Tuareg, dal momento che nelle società islamiche l'uso di coprire il volto riguarda soltanto le donne. Indipendentemente all'origine, il velo oltre a proteggere dalla polvere e dal sole, copre la bocca proteggendola dagli spiriti negativi, portatori del malocchio. Il taguelmoust è il velo delle feste (in particolare viene indossato in quella dell'Illoudjan), ed è costituito da una fascia che può arrivare fino a sette metri, di finissimo cotone impregnato d'indaco, d'aspetto lucido e cangiante, che riluce di metallico. Più l'uomo è importante e più si coprirà il volto lasciando intravedere solo gli occhi. Il curioso effetto è dovuto dal fatto che il colore viene battuto direttamente sul tessuto, invece di essere immerso, a causa di scarsità d'acqua. Pian piano il colore va via impregnando la pelle lasciando sul volto di chi indossa il caratteristico colore che è valso ai Tuareg il soprannome di uomini blu”.            
    




Pur rivendicando una omogeneità, non solo sulla base della lingua che condividono ma della cultura, dei valori, delle regole sociali, i Tuareg non si danno un'ascendenza comune:
«Il nostro insieme è mescolato e intrecciato come il tessuto di una tenda nel quale entra pelo di cammello e lana di montone. Per distinguere tra pelo e lana bisogna essere abili. E tuttavia sappiamo che ognuna delle nostre numerose frazioni proviene da un paese diverso.» [2]  
Nonostante i cambiamenti prodotti dalla modernità, l'ideale di libertà dei Tuareg - spostarsi liberamente nel Sahara, dominare il deserto dal dorso di un dromedario o da un veicolo a trazione integrale munito di navigatore satellitare - rimarrà vivo anche in un mondo sempre più connesso e interdipendente.



[1] Sull'origine del termine tuareg sono state fatte in passato ipotesi diverse. In effetti il termine sembra aver seguito questo percorso: da Targa, nome con cui i Berberi chiamavano il Fezzan libico, deriva in arabo l'aggettivo t
ārgi che significa «di Targa», indica cioè provenienza da quella zona. Dal termine arabo deriva a sua volta quello adottato in francese (touareg), e infine da quello francese i termini italiano e delle altre lingue europee.I Tuareg sono di religione musulmana (sono stati convertiti all'Islam 1200 anni fa dagli arabi) ma, hanno mantenuto alcune delle loro tradizioni animiste, fra cui vi è che non impongono alle donne di coprirsi il volto.
[2] H. Duveyrier, Les Touareg du Nord, Challamel, Paris, 1864.


Algeria - Tuareg
foto: © Kazuyoshi Nomachi  


Glossario dei termini abbigliamento Tuareg

Aleshsho - Tessuto per il turbante tinto con indaco. Stringendo sulla pelle, l'indaco le conferisce una sfumatura bluastra che è grandemente apprezzata. La brillantezza, simile a quella della carta carbone, viene ottenuta dai tintori hausa del Niger e della Nigeria impregnando il tessuto di tintura e poi martellandolo a lungo.
Aleshu - Stoffa di cotone prodotta dagli Hansa nigeriani e composta da sottili strisce tessute individualmente, quindi tinte con dosi abbondanti di indaco e battute fino ad assumere un aspetto lucente.
Áwragh - Colore giallo o bruno chiaro.
Bazin - Tessuto di fiandra damascato. Il bazin riche, quello di qualità superiore, molto fine e molto lucente, è usato per le vesti più sontuose, per il gran boubou.
 Boubou - Ampia e lunga veste usata da uomini e donne. Si chiama grand boubou quello di preziosa fiandra o di tessuto tinto con indaco, riccamente ricamato, indossato in occasioni speciali. Esistono almeno dieci stili diversi di gran boubou: tilbi, lomasa, agdaba, ecc. a seconda delle regione, distinti per taglio e guarnizione, colore, tipo di tessuto. I ricami che lo ricoprono sarebbero amuleti protettivi di origine islamica.  

Etell - Turbante. La radice tl ha il senso di avvolgere.
Pagne - Pezza di tessuto stampato con disegni colorati che si avvolge attorno ai fianchi o si confeziona come veste.
 Taguelmust (Tagelmust) - Telo di tessuto di cotone di colore indaco (ma può essere anche bianco), lungo di solito dai 3 ai 5 metri (ma può arrivare anche a 10 metri) che i Tuareg usano come turbante o velo. Il taguelmust è molto adatto al clima del deserto del Sahara, poiché da una parte ripara la testa dal sole e dall'altra impedisce di respirare sabbia portata dal vento. 






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Ho tratto alcune di queste voci  del glossario dal saggio "Tuareg" di Barbara Fiore, Ed. Quodlibet (2011)



Rames Gaiba 
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