25 novembre 2016

CASENTINO panno

Casentino - dal nome proprio dell'alta valle del fiume Arno, in Toscana (a nord della provincia di Arezzo, al confine con la Romagna).

1. Tessuto cardato di lana, originario dell'omonima zona toscana; rustico e pesante ma soffice, con pelo di media altezza sottoposto a ratinatura (una speciale spazzolatura con denti di acciaio, alla base del suo perfetto isolamento termico ed impermeabilità) per cui il pelo si addensa in piccoli grumi (pallini) in rilievo. I "riccioli" costituiscono un doppio strato che assicura al tessuto proprietà antifreddo e antipioggia, senza impedirne la traspirazione.

I colori caratteristici di questo tessuto sono l'arancione (carota) e il verde (bandiera), ma originariamente il vero "casentino" era di colore rosso. Oggi a questi colori "classici" se ne sono aggiunti tantissimi altri (blu e beige in tutta la gamma fino al bianco ghiaccio). Questo particolarissimo tessuto, esclusivo e prezioso, ricompare ciclicamente nel panorama dell'abbigliamento maschile e femminile.

Questo tessuto è detto anche ratinato.





STORIA - Le prime notizie certe sul "panno grosso di Casentino" risalgono al XIV sec.¹ in cui a Firenze comandava la potente famiglia Medici. All'inizio fu proprio l'ostilità dei Magistrati dell'Arte della Lana di Firenze a imporre ai produttori casentinesi la rifinitura grossolana della loro lana con pelo irregolare e ruvido, inconfondibile per i suoi caratteristici riccioli, ottenuti con la ratinatura” (spazzolando la lana con una pietra); simile al saio dei monaci con colorazioni scure e meste (il "fratino", il "bigio" e il "topo"). In tinta "bigia" nel Rinascimento si tingeva questo panno per le spesse e ruvide tonache dei frati della Verna e di Camaldoli. Due soli centri lanieri, in tutta la Toscana, scamparono all'ecatombe consumatosi in più di due secoli pel costante volere della metropoli (Firenze) [...] questi furono Prato e Stia in Casentino. Questo Comune è l'unico che abbia autenticata la fama di antico paese lanaiolo mai interrotta, dall'avere inquadrato nel suo stemma quello della lana fiorentina, stato forse l'unico dove meglio che altrove si lavoravano le lane indigene adattandovisi con una tecnica specializzata.² Il Casentino era idonea alla produzione di panni, poiché la materia prima, la lana, si trovava in abbondanza ed a buon prezzo (presenza di numerose greggi); la fibra usata dai lanaioli Casentinesi era piuttosto ordinaria e ispida (anche se migliorata negli anni da numerosi incroci tra pecore nostrane e merinos); i torrenti e i vari corsi d'acqua della zona erano essenziali per il lavaggio e la tintura della lana, ma anche per far funzionare le macchine di follatura dei panni; infine, la legna, facilmente reperibile nei boschi della zona, era fondamentale per scaldare l'acqua e eseguire le tinture naturali.

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La fortuna del tessuto Casentino si deve alle "mantelline per cavalcature", usate per la copertura degli animali da traino, prodotte dal Lanificio di Stia nell'ultimo decennio del 1800, che vennero riciclate dai cocchieri delle carrozze per realizzare i propri abiti. Un tocco definitivo di eleganza e raffinatezza gli fu conferito da musicisti come Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini, o personaggi come il barone Bettino Ricasoli che amavano indossare abiti in panno casentino con abbottonatura a doppio petto e martingala, completati da colli di volpe.³


₁ Il primo documento fino ad oggi conosciuto che attesti la presenza di una consistente attività tessile in Stia risale al 1402.
₂ Enrico Bruzzi - Sulla Storia dell'Arte della Lana in Toscana, Prato, 1939, p. 42
₃ Stefanella Sposito - Archivio tessile - Ed. Ikon, 2014, voce "Casentino", p. 250     



COME IL PANNO CASENTINO DIVENTÒ ARANCIO


Il panno Casentino nacque nel colore arancio, per un errore nella ricetta di tintura, in quanto per rendere il tessuto ancor più impermeabile (il tessuto era già molto sodato da essere simile al feltro) anche chimicamente fu trattato con l'allume di rocca (sale di alluminio presente in natura usato nella lavorazione della lana, in particolare per la tintura). Sostituendo poi una delle più antiche materie coloranti, la robbia, la tintura si effettuava adoperando un nuovo prodotto ottenuto per sintesi, l'alizarina WB o WR, un tipo delle alizarine solfoconiugate solubili in acqua, prodotte appositamente per ovviare alle difficoltà di unitezza riscontrate nella tintura della lana. Il colore che ne veniva fuori non era proprio un rosso vivace come forse desiderato, ma un rosso aranciato più tendente all'arancio che al rosso, e questo perché  durante il trattamento di mordenzatura ( trattamento con sostanze chimiche mordenti che permette di aumentare la solidità e la resa di una tintura) non si curava, probabilmente per inesperienza dovuta alla recente applicazione di questi coloranti, la scelta più idonea del tipo di sostanza usata come mordente; erano, infatti, diversi i prodotti impiegabili per questo trattamento: il solfato di allume era indicato per sviluppare il colore rosso mentre il cloruro di stagno si sapeva più adatto a far sviluppare il colore arancio. Questa digressione sui coloranti di un tempo era necessaria per poter comprendere certe voci circolanti nella zona (si parla semplicemente di un errore di tintura) su come apparve la prima volta il famoso colore arancio che oggi è sinonimo del panno Casentino. E così l'arancio un po' alla volta divenne l'immagine dei panni di questa valle anche se ben presto fu affiancato dal verde, inizialmente come fodera; fu insomma un'espressione di buon gusto a generarlo visto che i due colori si completavano così bene; successivamente il verde s'impose come l'altro colore base nella "tavolozza" del panno Casentino, a formare un'accoppiata policroma simbolo dell'industria laniera casentinese.

2. Sorta di pastrano (anche detto casentina o casentinese), guarnito di pelo di lepre o di volpe, che un tempo si confezionava nel Casentino. Il nome è passato recentemente ad indicare un paltò confezionato con l'omonima stoffa di panno pesante, abbastanza lungo, di taglio sportivo, con collo generalmente a revers, con o senza bavero di pelliccia, martingala sul di dietro.







BIBLIOGRAFIA

Pier Luigi della Bordella, L'Arte della lana in Casentino. Storia dei Lanifici, ed. Primarno, 1996


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LINK ESTERNI

Museo dell'Arte della lana di Stia (AR) - ultima verifica 31/10/2020



Rames Gaiba
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