8 ottobre 2024

VISCOSA


Viscosa - da viscoso.

Fibra tessile artificiale detta raion-viscosa. In filo continuo (di aspetto serico) e in fiocco (simile al cotone). È ottenuta dalla cellulosa molto pura. La sua materia prima principale è la cellulosa del legno (principalmente le conifere e alcune latifoglie: abete canadese e bianco, eucaliptus, pioppo, quercia, frassino e acero), o marginalmente è costituita dai linter* di cotone (sono costituiti dalla corta peluria, fibre di lunghezza ˂ 10 mm, che avvolge i semi del cotone), trattata con soda caustica che trasforma la cellulosa in una specie di "sale", detto alcali cellulosa, che viene addizionato con solfuro di carbonio; si forma così lo xantogenato di cellulosa, una sostanza solubile in una soluzione di idrato sodico. In questo modo la cellulosa, insolubile in acqua, è stata trasformata in una sostanza solubile in acqua: la soluzione viene fatta passare attraverso un disco con sottili fori (estrusione); i filamenti liquidi che escono dalla filiera passano attraverso una soluzione di acido solforico che scompone lo xantogenato di cellulosa sotto forma di sottili fibre.

CARATTERISTICHE: mano dolce e aspetto serico (eccellenti caratteristiche estetiche per proprietà di brillantezza** e drappeggio), comfort tipico delle fibre vegetali, buona resistenza all'usura (allo stato asciutto), elevata capacità di assorbimento dell'umidità, ottime proprietà di traspirabilità, antistaticità. Ha un eccellente mischiabilità con tutte le fibre naturali, artificiali e sintetiche; ha facilità di tintura (con gli stessi coloranti  per cotone ma con maggiore affinità) e stampa, con risultati di solidità tinte al massimo livello. Può essere lavata in lavatrice a basse temperature. È biodegradabile.

* I linter di cotone offrono qualità molto particolari: hanno un bianco più elevato, una corposità maggiore e un grado di luminosità più elevato.

** Talora, la marcata lucentezza della viscosa è considerata un difetto. Per ovviare a ciò, vengono aggiunti alla soluzione, prima della filatura, degli opacizzanti.

I capi in viscosa sono da taluni considerati "non dannosi" all'ambiente in quanto la loro origine è naturale. È una parziale verità, perché non si evidenzia il processo industriale e chimico che porta alla trasformazione della cellulosa in filato. Inoltre, non si considera che la quasi totalità della cellulosa necessaria all'industria della viscosa oggi proviene dal Sudest asiatico (Indonesia e Cina). Se all'inizio bastava tagliare gli alberi della giungla per ricavarne la cellulosa con la crescita veriginosa del settore le risorse naturali hanno iniziato a esaurirsi. Perciò, sono state progressivamente sostituite da monocolture artificiali, quindi, con un impatto ambientale negativo a causa dell'utilizzo di pesticidi e fertilizzanti durante la coltivazione della pianta. Ogni anno si stima siano 300 milioni gli alberi che vengono abbattuti per la produzione di viscosa; un terzo di questi fanno parte di foreste antiche e sono patrimonio di biodiversità della terra. Il loro posto lo prendono piantagioni intensive,soprattutto di alberi di eucalipto, più veloci e facili da lavorare.¹

IMPIEGHI: Sia nel campo dell'abbigliamento (in filo continuo per tessuti serici o foderame; come fiocco per tessuti di tipo cotoniero) che dell'arredamento.

CODICE TESSILE: VI (EURATEX)

🇫🇷 Francese: Viscose 🇬🇧 Inglese: Viscose 🇩🇪 Tedesco: Viskose 🇪🇸 Spagnolo: Viscosa


Matteo Ward - Fuorimoda!; ed. De Agostini, 2024, pp. 108-110


Preparazione della viscosa
Preparazione del raion (tipo seta)
Preparazione del fiocco (tipo lana)


STORIA - Punto di partenza è l'acquisizione della conoscenza del fatto che tutte le fibre vegetali hanno in comune un unico elemento costituente, la cellulosa. Nell'anno 1839 il francese Payen riuscì ad isolare per la prima volta cellulosa da un albero. Per fare questo fu necessario separare la cellulosa dal secondo elemento costituente del legno, la lignina. Questa separazione della cellulosa dalla lignina è di particolare importanza per la produzione industriale della viscosa. All'Esposizione Universale di Parigi del 1889 il francese Conte Chardonnet presentò una piccola macchina per filatura che realizzava dei fili lucidi da una sostanza allo stato liquido: la nitrocellulosa. Chardonnet aveva presentato domanda di brevetto della sua invenzione già 5 anni prima. La sua richiesta di brevetto portava il titolo «materiale tessile artificiale simile alla seta». Era nato il concetto di seta artificiale. A parte i successi iniziali non si affermò mai sul mercato: era facilmente infiammabile. Purtuttavia Chardonnet ebbe, con il suo brevetto, un'influenza decisiva sugli ulteriori sviluppi. Il chimico dr. Max Fremery di Colonia e l'ing. Johannes Urban di origine austriaca dal 1891 producevano, nel piccolo villaggio renano di Oberbruch, lampadine a incandescenza. Nella ricerca di un materiale per i filamenti incandescenti essi riuscirono a rendere solubile la cellulosa naturale del cotone in cuproammonio ed a filare da questa soluzione un filamento per lampadine di caratteristiche migliori e di durata notevolmente maggiore. Però essi ebbero anche l'intuizione che questo nuovo filo, se lo si stirava in modo da renderlo molto fine, avrebbe potuto avere importanza per il settore tessile. In particolare non possedeva la caratteristica negativa della seta alla nitrocellulosa del Conte Chardonnet e cioè di essere facilmente infiammabile. Nasce la seta artificiale al cuproammonio (denominata a causa del suo aspetto lucente «Glanzstoff» = materiale brillante) che alcuni anni dopo portò alla fondazione della Vereinigte Glanzstoff-Fabriken. Negli anni dal 1892 al 1897 il procedimento fu così perfezionato che il 1° dicembre 1897 poté essere presentata domanda di brevetto. Due anni più tardi, il 19 settembre 1899 Fremery e Urban fondarono a Elberfeld la Vereinigte Glanzstoff-Fabriken.

L'Italia e la viscosa

La principale società italiana per la produzione di viscosa era la SNIA Viscosa.¹ Un gruppo di imprenditori piemontesi – tra cui spiccava Giovanni Agnelli – fondò la SNIA nel 1917.  SNIA era l’acronimo di “Società di Navigazione Italo Americana” che si occupava di logistica  che ha come scopo principale il trasporto di combustibile dagli Stati Uniti all’Italia e di commesse belliche. Quando finì la guerra, nel 1919, l’azienda dovette rivoluzionare il proprio “core business” per cui si gettò a capofitto nel commercio delle fibre artificiali. L’anno successivo la crescente domanda di nuove fibre sintetiche sia sul mercato nazionale che su quello estero, spinge i dirigenti della Snia (guidata da Gualino) a investire risorse sempre più ingenti in questo settore produttivo. Nell’ambito della nuova strategia di mercato si inserisce non solo l’aumento del capitale portato alla ragguardevole cifra di 200 milioni di lire, ma soprattutto l’acquisto (con il conseguente controllo azionario) della Società Viscosa di Pavia, gestrice del secondo stabilimento italiano (costruito nel 1905) di fibre chimiche, dell’Unione Italiana Fabbriche Viscosa con stabilimento in Venaria Reale, della Società Italiana Seta Artificiale (che permette di acquisire la licenza per la fabbricazione della seta artificiale in Italia) a Cesano Maderno e di complessi di minori dimensioni come il Setificio Nazionale e i Calzifici Italiani Riuniti, con stabilimenti dislocati in varie località dell’Italia settentrionale. Questo processo di espansione indirizza quindi la società a concentrare la propria produzione nel comparto delle fibre chimiche, mutando, per la terza volta, la propria denominazione in quella definitiva di “Società Nazionale Industria Applicazioni Viscosa” (comunemente conosciuta come SNIA Viscosa).

La SNIA Viscosa, nel 1925  produceva quasi il 70% della viscosa nazionale e 11% di quella mondiale; 80% era destinato all'esportazione. L'Italia divenne la prima esportatrice di viscosa.²


Esposizione Nazionale di chimica pura ed applicata all'industria
Stadium di Torino - Primavera 1925
"Seta artificiale"



La città di Torviscosa - Durante il ventennio fascista la paludosa e malarica zona intorno al piccolo paese di Torre di Zuino (Tor Zuin in friulano), nella Bassa Friulana
ad una trentina di chilometri a sud di Udine fu bonificata e divenne sede di una delle più importanti industrie di produzione di fibre di cellulosa. In epoca veneziana queste terre erano parzialmente paludose ma già dal 1600 sono state soggette a bonifica. A fine ‘800 primi ‘900 i terreni vennero venduti e bonificati ulteriormente per dare spazio alla coltivazione dei cereali. Nel 1940 il paese diventa comune autonomo con il nome di Torviscosa, sintesi del vecchio toponimo e della parola “viscosa” derivata dal nome della società SNIA Viscosa che gli ha dato origine.

Accanto alla fabbrica, costruita tra il 1937 e il 1942, la SNIA costruisce una serie di edifici necessari al lavoro, ma anche alla vita civile (il Teatro, il Municipio, la Scuola, il Dopolavoro): nasce così questa città aziendale “di fondazione”, rigorosamente organizzata per categorie professionali, ma caratterizzata dagli stili architettonici tipici del regime e con una piazza
del Popolo ma in origine era “piazza Impero”, ispirata a quelle metafisiche di De Chirico. Negli edifici bassi con i porticati c’erano e ci sono ancora oggi delle botteghe che al piano superiore ospitavano gli appartamenti degli impiegati. Le vie portano i nomi delle località in cui la SNIA aveva uno stabilimento.  Il CID (Centro Informazione e Documentazione) nasce negli anni ’60 come centro direzionale ed è intitolato a Franco Marinotti. Custodisce un ricco patrimonio documentario, una collezione fotografica e grandi plastici. È il punto consigliato di partenza per vedere Torviscosa, che tutt'ora resta uno dei centri più interessanti di archeologia industriale.

Torviscosa fu fondata al pari di Sabaudia, Littoria (ora Latina) o Carbonia e fece parte del novero dei villaggi operai come Crespi D’Adda o Schio. Essa però fu un unicum: le città fasciste si dividevano in città agricole (come Littoria) o industriali (come Carbonia). Torviscosa invece fu entrambe le cose, sia agricola (per la coltivazione della canna), che industriale (per l’estrazione della cellulosa). Lo stabilimento diede lavoro a 1500 persone e fu un notevole motore di sviluppo.

A seguito della politica autarchica del fascismo e degli esiti della crisi del 1929 l'industrializzazione del nostro paese si trovò nella necessità di approvvigionarsi di fonti primarie. Tra queste vi era il legname per la produzione di cellulosa. La scarsità e l'importazione spinsero i tecnici dei laboratori SNIA a mettere a punto un procedimento di produzione della cellulosa partendo dalla “canna gentile” (Arundo donax), di cui fu depositato il brevetto nel 1935.
La fabbrica fu inaugurata il 2 settembre 1938 da Benito Mussolini.


Immagine dell'epoca (anni '40) di Torviscosa


Ora questo importante sito di archeologia industriale è curato dalla Fondazione di Torviscosa, ed è legata al nome di una grande azienda italiana, la Snia Viscosa, che nel 1937 scelse questo sito per un importante insediamento agricolo e industriale per la produzione di fibre vegetali da cui ricavare la cellulosa. Il vero protagonista fu Franco Marinotti, allora amministratore delegato di Snia. Uomo poliedrico e imprenditore energico, Marinotti, decise le strategie industriali e finanziarie, scelse l’architetto che avrebbe progettato la nuova città e gli artisti che la dovevano arricchire di monumenti. Gli storici di architettura e di urbanistica hanno coniato per questi centri la formula, “città di fondazione” per sottolineare le peculiarità, nel contesto urbano italiano, di queste tipologie edilizie caratterizzate da architetture di regime.








Piazzale Franco Marinotti, un tempo piazzale dell'Autarchia,
con il "cubo" monumento a Marinotti realizzato nel 1971 da Romano Vio.
Sullo sfondo, il CID, Centro Informazione Documentazione, sorto nel 1962
su progetto di Cesare Pea, sorge a fianco dell’ingresso della fabbrica 
ed è accompagnato da una torre panoramica alta 47 metri. 


La fabbrica lavorò fino agli anni ’90 poi venne chiusa e passò alla Caffaro. Oggigiorno le aziende presenti sono Bracco, Caffaro Industrie, Halo Industry e Lavanderia Adriatica. Dal momento che è ancora in attività, non è aperta per le visite al pubblico ma dall’esterno si può ammirare la facciata dove troneggiano due statue del 1938 scolpite da Leone Lodi: una rappresenta “la continuità della stirpe del lavoro”, allegoria dell’agricoltura; l’altra, quella col cavallo, si chiama “sintesi di fede, ragione e forza” ed è un’allegoria dell’industria.





L'ultimo stabilimento in Italia a produrre viscosa fu quello di Rieti³, poi, definitavamente dismesso a settembre 2006.


La produzione richiede crescenti aumenti, in virtù di un allargamento del consumo a sempre maggiori cerchie di persone che (a fronte di redditi sempre meno elevati) tendono a sostituire "la seta, tipico prodotto di lusso, con la seta artificiale, destinata a soddisfare le esigenze di larghe masse di consumatori" [Uffici Stampa Snia Viscosa, 1970]. Per soddisfare le richieste del mercato, occorre però essere in grado di raggiungere e mantenere un elevato livello di competitività (che permetta anche di affrontare la concorrenza), operazione che richiede grandi disponibilità finanziarie e stabilimenti all’avanguardia. Ecco perciò che nel 1924 il capitale sociale è alzato a 600 milioni di lire che, l’anno successivo, salgono ad un miliardo (cifra mai raggiunta da nessun’altra impresa italiana) e, parallelamente, l’azienda provvede non solo ad ampliare e ad ammodernare gli impianti di Pavia, Venaria Reale, Cesano Maderno, ma anche all’installazione di un nuovo grande complesso a Torino.Così nel 1925 in località Abbadia di Stura inizia la costruzione dello stabilimento torinese che entrerà in funzione nel 1926: una struttura di dimensioni prorompenti che si estende su una superficie di due milioni di metri quadrati comprendenti le terre di alcune cascine della zona e quelle (ben più numerose, si calcola all’incirca un milione e mezzo di metri quadrati) cedute all’azienda dall’Abbadia di San Giacomo. La scelta degli azionisti di edificare il fabbricato industriale nella periferia nord torinese non è lasciata al caso, ma è anzi il frutto di un ragionamento preciso e mirato che ha al centro tre motivazioni di fondo: una tecnica, ossia la vicinanza al complesso Snia di Venaria, una economica, ricondotta al valore finanziario del sito vista la sua adiacenza alla già programmata autostrada Torino-Milano ed infine un’esigenza puramente padronale, ovvero quella di allontanare la fabbrica dalla città (la distanza dell’opificio dalla città è infatti di circa 6 chilometri) al fine di isolarla da tutte le altre realtà produttive cittadine per evitare alle maestranze i contatti con i lavoratori delle varie industrie torinesi.
Matteo Ward - Fuorimoda!; ed. De Agostini, 2024, p. 105
Annamaria Di Gregorio (a cura di) - Una città e la sua fabbrica: la storia della SNIA-Viscosa a Rieti - Tesi di Master in Innovazione e impresa, Università degli studi di Perugia, in collaborazione con I.C.S.M., Istituto di storia e cultura d’impresa, Terni.

 
Bibliografia
  • a cura della Akzo, Viscosa. Una Storia naturale, Ed. Akzo, s.d. ma 1998 (libro pubblicato per i cento anni della prima fabbrica Enka a Oberbruch, in Germania).


  Rames Gaiba
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Leggi anche:
  • RAYON | RAION: rayon viscosa, rayon cuprammonio (cupro), rayon acetato.
    📽 Qui, anche, il cortometraggio dal titolo "Sette canne, un vestito" del 1948, girato in buona parte nei capannoni di Torviscosa, in Friuli, regia di Michelangelo Antonioni

  • LANITAL
    La fibra autarchica ricavata dalla caseina del latte
    📽 Qui, anche, il cinegiornale del Istituto Luce Cinecittà del 1937

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