23 agosto 2017

BIANCHERIA INTIMA (UNDERWEAR)


L'insieme degli indumenti che si portano a contatto con la pelle (quindi anche costume da bagno).

Rientrano in questa categoria: bikini, body, boxer, costume da bagno, culottes, mutande, canottiera, giarrettiera, reggiseno, slip, sottoveste, tanga, t-shirt, calze e calzini, ecc.

Francese: sous-vêtements |  linge de corps - Inglese: underwear (composto da under, sotto e wear, vestito), termine oggi di uso internazionale. - Tedesco: Unterwäsche - Spagnolo: prendas interiores

STORIA - Presso i popoli antichi alcuni capi di abbigliamento, come le vesti a foggia di camicia, anche se portati direttamente sul corpo, avevano funzione di abbigliamento esterno. Gli antichi egiziani portavano un pezzo di stoffa di lino tenuto in vita da una cintura o un laccio che copriva le intimità e il sedere. I greci portavano il chitone, un capo di lino simile ad una camicia; i Romani indossavano il subligaculum, una specie di gonnellino da legare intorno alla vita per coprire le parti intime; che veniva fatto solamente in pubblico, dai politici, dai senatori o dagli attori, per avere una parvenza di superiorità; per il resto, girare completamente nudi non era cosa strana, specialmente se faceva caldo. Dal medioevo ci giunge notizia dell'uso dei cosiddetti panni da gamba, un pezzo di stoffa con lacci o una cintura in vita al quale venivano agganciate le calze. Si può iniziare a parlare di biancheria intima a partire dal 1600. Per il popolino, per centinaia d'anni, una camicia lunga, in genere di lino, è stato l'unico capo d'abbigliamento e fungeva sia da camicia portata di giorno e notta e mutande. E questo valeva sia per gli uomini che per le donne: la camicia lunga sino alle ginocchia veniva ripiegata tra le gambe ed ecco che si tramutava in mutande. Per le donne c'erano inoltre le sottogonne. Nel corso del XIX secolo l'industrializzazione portò ad un radicale cambiamento che coinvolse anche il vestiario e influenzò il nostro rapporto con gli indumenti intimi fino ad oggi. Indossare le mutande non diventò improvvisamente un fenomeno di costume alla portata di tutti. All'inizio le portavano solo i nobili e i borghesi; i poveri, invece, spesso sotto i pantaloni e gonne non indossavano niente. Incredibile ma vero, in alcune zone si dovette arrivare al XX secolo prima che le mutande diventassero una cosa scontata per tutti gli strati della popolazione e per entrambi i sessi.




Per secoli la biancheria intima e i tessuti che venivano a contatto con il corpo dovevano essere rigorosamente bianchi e non tinti. Questo per ragioni sia igieniche e materiali (li si faceva bollire, cosa che li scoloriva inevitabilmente) che, soprattutto, morali (i colori vivaci erano considerati impuri e disonesti). Poi, tra la metà del XIX e la metà del XX secolo, il bianco della biancheria intima [...] si è progressivamente colorato, tramite l'introduzione delle tinte pastello [...]. Nel corso dei decenni, al bianco e non tinto (grezzo), al fianco delle tinte pastello, sono apparsi colori nitidi e saturi: blu marino, rosso vivo, nero, ecc. Questa nuova tavolozza si è rapidamente caricata di connotazioni sociali e morali. Alcuni colori sono stati considerati più femminili (o più virili), altri più sobri o al contrario più erotici, altri ancora decisamente provocanti. [1]


[1] Michel Pastoureau, I colori del nostro tempo, Ed. Ponte alle Grazie, 2010, pp. 61-62

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