25 marzo 2017

PROUST E LA MODA


Cosa rimane di tutto quello scintillio? Nulla. Tutto
questo passato è morto dieci volte. Non solo sono
morte la maggior parte delle persone, ma anche il loro
modo di vivere, di vestirsi, di pensare, di sentire e di
parlare. Un'umanità diversa le ha sostituite.

É. de Clermont-Tonnerre, Mémoires




Marcel Proust, con il suggestivo e civettuolo pseudonimo di étoile filante collaborò con la rivista Le Mensuel tra la fine del 1890 e l'inizio dell'anno successivo (la rivista ebbe vita breve e si sviluppò in soli dodici numeri) con due scritti intitolati proprio La mode. Nel primo dei due articoli Proust apre le sue riflessioni con due considerazioni, che meritano di essere ricordate. Innanzi tutto riconosce in modo apodittico «la moda, in tutta la sua tirannia». In secondo luogo, dopo essersi schernito circa le sue capacità di critico di moda («cercheremo di fare del nostro meglio»), stronca la moda della quale si stava per occupare, asserendo che «le modifiche che essa apporta quest'anno sono di minima importanza; i vestiti dell'anno scorso - afferma con il piglio di un grande intenditore - a rigore potrebbero tenere testa a quelli di recente fioritura della corrente stagione». E con tono polemico, ma di grande attualità, conclude esortando ad aprire prima dello spirito, il portafoglio, giacché rispetto alla moda  di quell'anno, quella nuova si caratterizza solo per la presenza di nuances, che - a suo dire - fanno la differenza.  «Dovete vederle - esclama Proust -, esserne colpiti; rinnegare il passato; aprire il vostro spirito, e più ancora il vostro portafoglio».  [1]


Ritratto di Marcel Proust (1892)
Jacques-Émile Blanche (1861-1942)
olio su tela - cm 73.5 x 60.5
Musée d'Orsay, Parigi


Jacques-Émile Blanche dipinse questo famosissimo ritratto nel 1892 sulla base di un disegno a matita fatto la primavera precedente, a Trouville. Proust aveva circa vent'anni. Non si separò mai da questo ritratto, che lo seguì in tutti i suoi traslochi, e che tenne fino alla sua morte avvenuta nel 1922.  C'è chi pensa che il fiore all'occhiello sia una camelia, un fiore inodore, perché Proust, che soffriva d'asma, non tollerava i profumi. Giovanni Macchia (noto critico letterario e scrittore), invece, pensa si tratti di una orchidea: "L'orchidea è il fiore delle Recherche. Il Narratore lo osserverà lungamente per seguire il mistero della sua fecondazione. Vorrà sapere che cosa la natura inventava perché il fiore riuscisse a congiungersi con l'oggetto del suo desiderio. L'orchidea era il fiore dell'invertito solitario".



... Ma l'orchidea è anche il fiore-simbolo della passione di Swann per Odette




Marcel Proust (1950)
Richard Lindner (1901-1978
olio su tela, cm 71.1 x 60.9


Il giovane dandy è rappresentato in posizione frontale, in una posa ieratica (il quadro in origine era, con ogni probabilità, un ritratto in piedi). Il contrasto tra i toni molto scuri dell'abito e dello sfondo e l'incarnato del viso e del collo, impreziosito da un fiore di orchidea bianca all'occhiello, è particolarmente sorprendente. La nitidezza dei contorni, la materia fluida, la delicatezza della pennellata sono a servizio di una autentica interiorità. Il giovane Proust, dai grandi occhi scuri, dalla bocca sensuale è già un po' più di un semplice dandy: l'ovale perfetto del suo viso, il pallore della sua carnagione gli conferiscono un aspetto solenne, addirittura cristico. Il che spiega molto bene il motivo per il quale questo ritratto è ancora oggi la rappresentazione più conosciuta e più corrispondente al vero di colui che, di lì a poco, scriverà Alla Ricerca del tempo perduto.


PROUST CI RACCONTA IL TEMPO PERDUTO NELLE ELEGANZE DEI GUERMANTES E NEGLI ABITI DI FORTUNY 

Il mito dell'eleganza della Belle Epoque si sublima nell'opera di Marcel Proust, interprete raffinato di un mondo frivolo e rarefatto, colto nel momento di uno splendore ormai prossimo al declino.  Il giovane Marcel viene introdotto negli ambienti mondani dell'aristocrazia decadente dal conte Robert de Montesquiou, personaggio ascetico ed esteta decadente, un dandy sprezzante ed altero, presentatogli da Madame Lemaire, nel salotto di quest'ultima.   

L'immagine del giovane Marcel Proust mondano e salottiero, l'orchidea all'occhiello, tramandataci dal celebre ritratto di Jacques-Emile Blanche ha contribuito a lungo a falsare l'immagine vera dello scrittore accreditando quella dello snob e del dilettante. Eppure quell'immagine gli appartiene anch'essa perché quel tempo dell'eleganza e della mondanità non è stato sprecato, ma ha contribuito a costituire il materiale al quale lo scrittore ha attinto per l'opera della maturità A la Recherche du Temps perdu, ["Alla ricerca del tempo perduto"] (1913-1927), saga di sette romanzi ("Dalla parte di Swann", "All'ombra delle fanciulle in fiore", "I Guermantes", "Sodoma e Gamorra", "La Prigioniera", "Albertine scomparsa", "Il Tempo ritrovato"). Proust, oltre alla linea di fondo autobiografica, descrive anche i numerosissimi dandy che popolavano Parigi tra la fine dell'Ottocento e gli anni Venti del Novecento. Ma la sensibilità particolare per l'abbigliamento femminile si manifesta soprattutto proprio in questo viaggio a ritroso in un passato rievocato anche attraverso gli abiti. 

Proust e il conte Montesquiou (a sinistra in primo piano)
in un disegno dell'epoca.


Nei quadri e nei ritratti del romanzo, nei quali regnano la grazia, l'eleganza, la musicalità dell'incedere ed il tratto sopraffino delle belle dame, la coincidenza tra le visioni della realtà vissuta e l'opera fantastica e creativa dello scrittore si pone tanto accurata e precisa da consentirci l'identificazione tra gli avvenimenti umani e la vicenda artistica.

Si svolge quindi sotto i nostri occhi un mondo di gusto e di ricercatezza nel vestire, nel quale la leggerezza e la vaporosità degli abbigliamenti femminili, l'avvicendarsi delle raffinate toilettes nelle varie tonalità dei colori accesi o sfumati, il movimento stesso delle dame hanno rappresentato per il Narratore un centro di documentazione del quale egli ha saputo distribuire armonicamente nel ciclo dell'opera definitiva i giochi cromatici e le preziosità di linee con i riferimenti a momenti autentici dei suoi rapporti sociali.


Gertrude Elizabeth, Lady Colin Campbell (1894)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 184.3 x 120.2
National Portrait Gallery, Londra


È il segno che ritroveremo in tutta la sua opera: quello del gusto estetico con il quale esamina e valuta la varia umanità e la sua multiforme attività nel fervore di una moda che dalle raffinatezze della Belle Époque si va poi lentamente esaurendo nel corso di un ventennio. Le osservazioni e le riflessioni sull'eleganza del bel mondo che Proust prima frequentò con assiduità e del quale attinse poi notizie con inesausta indagine dino agli ultimi giorni saranno oggetto della rielaborazione artistica della Recherche.

Al pari di altri scrittori quali Mallarmé e D'Annunzio, Proust, da giovane si compiace nel riportare sul "Figaro" o sul Gaulois" cronache mondane di aristocratici o letterati salotti parigini firmandosi Horatio, Dominique o Tout-Paris. Sotto quest'ultimo pseudonimo scrive un breve articolo il 31 maggio 1894, Une fete littéraire à Versailles, sul ricevimento offerto dal conte Robert de Montesquiou, durante il quale si alternano brani di musica classica suonati dal giovane pianista Léon Delafosse e poemi declamati da Sarah Bernhardt. Nel descrivere l'avvenimento mondano, Proust rivela un puntiglioso scrupolo anche nella descrizione dei particolari degli abiti delle elegantissime signore. Ad esempio, quello dell'abito della contessa Greffulhe. Il vestito della contessa che, come è noto, ha fornito alcuni suoi tratti ai personaggi della principessa e della duchezza de Guermantes, è ancora oggi conservato al Musée de la Mode et du Costume di Parigi. [2]

Più bello ancora che nella descrizione proustiana, il vestito di seta lilla dalle maniche gonfie a "gigot" è di Worth, uno dei più famosi sarti della seconda metà dell'800, ed è stampato a fiori mauve e gialli, il corpetto fasciato da un velo di mussola.     


Ritratto della principessa Marthe-Lucile Bibesco (1911)
Giovanni Boldini (1842-1911)
olio su tela, cm 183 x 120 


Fiori prediletti dall'elegante contessa Greffulhe e destinati nel romanzo a diventare il leit-motiv dell'eleganza di Odette e l'emblema dell'amore di Swann per lei, le orchidee disposte nei capelli della contessa in "une coiffure d'une grace polynésienne" avevano affascinato Marcel Proust la sera del 1° luglio 1893, quando venne presentato alla dama durante il ricevimento della principessa di Wagram. L'impressione fu così intensa che lo scrittore, seguendo il metodo che gli sarà poi congeniale, si servì del fiore nell'acconciatura di un personaggio femminile di L'Indifférent, novella che presenta intuizioni e motivi utilizzati ed ampliati successivamente in Du coté de chez Swann. Il richiamo al corpetto di tulle punteggiato di orchidee ci riporta al vestito della contessa, descritto in Une fete littéraire à Versailes, al quale fanno corona toilletes altrettanto eleganti di dame famose dell'alta società che sfilano nell'articolo in lenta parata. Tessuti leggeri per una festa di primavera: fruscianti sete e taffetas, impalpabili mussole e crepes de Chine nei colori chiari del rosa, mauve, bianco, grigio perla; freschi cappelli di paglia adorni di fiori o guarniti da una aigrette. Sono queste le toilletes delle dame del bel mondo parigino alle quali Proust pone insistenti domande per penetrare il segreto della compiuta perfezione dell'abbigliamento.


Ritratto di Madame Gladys Deacon (1908)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela


Di un'eleganza sobria che non eguagliava però lo chic raffinato di alcuni amici aristocratici, quali Robert de Montesquiou o Boni de Castellane, lo scrittore avvertiva l'esigenza di chiedere meticolose notizie su particolari degli abiti, impegnando in tali indagini la stessa cura impiegata in ricerche su argomenti di ben altro rilievo. Lucien Daudet, Mme Straus, Maria de Madrazo, Mme de Chevigné, Jeanne de Caillavet sono di volta in volta interpellati per fornire chiarimenti tecnici all'idea che lo scrittore ha in mente. Così a Lucien Daudet chiede di ricordare per lui l'abbigliamento della principessa Matilde. Il vestito e gli scarpini rossi di Mme Straus lo colpiscono al punto da farli calzare ad uno dei suoi personaggi, Oriane de Guermantes, in un celebre episodio della Recherche.


Ritratto di Mrs. Howard-Johnston (1906)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 230 x 120


A Jeanne de Caillavet chiede di essere aiutato con "quelques petites explications couturières". Lo scrittore che aveva notato, ad una serata all'Opéra, le toilletes di Mme Greffulhe profondamente diverse nella loro squisita eleganza, molto sobria per l'una, eccentrica per l'altra, desiderava trasporne il contrasto nell'opera. A Mme Greffulhe accenna alla certezza del futuro sfiorire dalla propria bellezza quando i giovani "ramoneurs" non si volgeranno più al suo passaggio. 


La fascia nera (1905)
Giovanni Boldini (1842-1931)


Tutti i principali personaggi femminili della Recherche, Odette de Crécy (divenuta Mme Swann), Oriane Guermantes (duchessa, e in primo luogo principessa di Laumes), Albertine Simonet, incarnano un tipo di eleganza, ma è soprattutto Odette che offre la possibilità di seguire, filtrati attraverso le impressioni del Narratore, gli sviluppi della moda nell'ultimo ventennio dell'Ottocento e nei primi anni del Novecento. 

Nelle riviste femminili dell'epoca - da quelle destinate al pubblico francese come L'Art de la Mode, la Revue de la Mode, La Mode illustrée, La Mode Artistique, a quelle rivolte al pubblico straniero, quali La Mode de la Elegancia Parisiense o Harper's Bazar - i modelli disegnati rispondono perfettamente alla descrizione di Proust: il corpo, stretto alla vita nel bustino a punta, sembra esplodere dalla vita in giù nell'ampiezza delle pieghe adorne di trine, merletti, jais, grappoli di fiori, e raccolte poi all'altezza del ginocchio in enormi nodi di velluto, raso o taffetas secondo il modello dell'abito che si allarga di nuovo sul fondo in mille pieghettature di plissé. Dietro, l'ampia gonna s'innalza sostenuta dal pouf o sellino sul quale convergono le pieghe che, disposte in gonfi drappeggi, compongono una sorta di strascico imponente. 


Ritratto della marchesa Casati con penne di pavone (1911-1913)
Giovanni Boldini (1842-1931)
Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma


Vi è un fascino in Odette [3] che, inseguita da un luogo all'altro, una sera, viene infine raggiunta da Swann e gli appare adorna di fiori di catleya nei capelli, nel corpetto, nel bouquet. L'accenno di un amico alla dama vestita di una visite o di una polanaise ornata di pelliccia è sufficiente perché Odette si delinei nella mente di Swann, ispirandogli il desiderio di conoscere la parte della vita di lei che ignora, le ore che trascorre lontana da lui. Con un cappello "à la Rembrandt" e "un bouquet de viollettes à son corsage", ella somiglia ad uno di quegli schizzi femminili, di cui si intravede il profilo per metà celato dalla veletta o dalla tesa del cappello, colti nel rapido incedere dal pittore Boldini e da altri disegnatori dell'epoca. Odette non è semplicemente la tipica cocotte, ultima discendente della stirpe delle demi-mondaines nella letteratura borghese dell'Ottocento, ma diviene la figura simbolica dell'evoluzione di un'intera epoca anche attraverso gli abiti, sui quali il Narratore indugia con nostalgica voluttà nella Strada di Swann del 1913 (sezione II, "Un amore di Swann"):


E quando il suo corpo, che era fatto mirabilmente, riusciva difficile scorgerne la continuità (per le mode del tempo e sebbene ella fosse una delle donne a Parigi che si vestivano meglio), tanto il busto, sporgendo sul davanti come un ventre immaginario e finendo bruscamente a punta, mentre di sotto cominciava a gonfiarsi il pallone delle doppie sottane, faceva sembrare la donna composta di pezzi diversi mal infilati gli uni dentro gli altri; tanto le increspature, i falpalà, il corpetto seguivano in piena indipendenza, secondo la fantasia del loro disegno o la consistenza della stoffa, la linea che li portava ai fiocchi, agli sgonfi di trina, alle frange di jais perpendicolari, o li dirigeva lungo la stecca, ma non aderivano affatto all'essere vivo, il quale, a seconda che l'architettura di quelle cianfrusaglie si avvicinava o si scostava troppo dalla sua, vi si trovava insaccato o perduto.



La contessa Beatrice Susanne van Bylant (1901)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela


La prima parte della vita di Odette, che si chiude con l'insperato matrimonio con Swann, è coronata dalla superba passeggiata che ella compie, come un rito quotidiano, all'Allée des Acacias. [4] A piedi, frettolosa, ella appare al Narratore adolescente vestita di "une polonaise de drap, sur la tete un petit toquet agrémenté d'une aile de lophophore, un bouquet de violettes au corsage". La Infine alla contessa Laure de Chevigné lo scrittore domanda, anni e anni dopo, di consentirgli di rivedere i deliziosi cappellini adornati di fiordalisi e di violette che lo avevano affascinato in gioventù. Sono i graziosi cappellini e le minuscole toques preferiti da Odette.


Ragazza con il cappello nero (1890)
Giovanni Boldini (1842-1931) 
disegno, pastello su carta

Paul Poiret 
nel suo atelier

Già nel 1910 il Narratore sarà crudelmente deluso della prima compiuta rivoluzione nell'abbigliamento femminile, di donne che sfoggiano mostruosi cappelli; il sarto (oggi lo chiameremmo stilista) Paul Poiret ha bandito il terribile busto, la silhouette femminile cambia completamente la linea. Snella e slanciata, la figura è vestita di morbide stoffe che cadono in pieghe dritte nello stile del Direttorio o del primo Impero e sono svasate in fondo come il calice rovesciato di un fiore. La "robe fleur", in morbido tessuto, è sovrastata da enormi cappelli adorni di quantità di fiori e di frutta che, nel Narratore, suscitano delusione e biasimo. Gli "chiffons liberty semés de fleurs comme un papier peint" non possono piacergli perché i fiori sono impressi sulla stoffa e non ricamati come su uno dei bellissimi vestiti della contessa Greffulhe, in seta rosa, lillà "semée d'orchidées"; gli enormi cappelli "couverts d'une volière ou d'un portager" non hanno più il fascino dei capellini di Odette ornati di una piuma o di un fiore. Vengono in mente gli immensi cappelli che sovrastano i volti delle signore raffigurate nei dipinti di Boldini. 


Ritratto di Mademoiselle Lantelme (1907) *
Giovanni Boldini (1841-1931)
olio su tela, cm 227 x 118
Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma


È sulle fogge di quegli anni che il Narratore considera con rimpianto  di chi vede la fine di un'epoca, la fine di ciò che ha vissuto ed amato, [5] e che Proust inserì come chiusa del I volume della Recherche, Du coté de chez Swann, pubblicato nel 1913.

L'abbigliamento di Oriane, malgrado l'indicazione di alcuni materiali - satin, piume, paillettes - ha, per il Narratore, una funzione di natura evocativa, diversa da quella dell'abbigliamento di Odette, la cui minuziosa descrizione ci ha fornito punti di riferimento cronologico in modo abbastanza preciso per definire l'epoca. Odette riesce ad interpretare gli ultimi dettami della moda traendone il massimo vantaggio personale e ad adeguare il proprio viso ed il proprio corpo al look di moda; in Oriane al contrario, non c'è apparentemente il gusto di intonare un particolare, lo sforzo di creare uno stile poiché da lei emana naturalmente lo chic che è di là della moda. Per le serate mondane, Oriane sembra prediligere tessuti di satin dai colori violenti, rosso o giallo, con ricami in rilievo di paillettes, ed aigrettes o piume nei capelli. Pronta per recarsi ad un ricevimento ella indossa un abito rosso ed al collo splendono dei rubini, in un'armonia in rosso che sarà perfetta quando, in seguito ad un'osservazione del marito, la duchessa sostituirà le scarpe nere con un paio di "soulier rouges". [6] 
    


Ritratto di Madame Juillard in rosso (1912)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 180 x 94


Il colore rosso degli abiti della duchessa rinvia alla crudeltà implicita nella mondanità (si pensi, ad esempio,  a quando Oriane dimostra questa "crudeltà mondana" di fronte a Swann quando questi le rivela di essere colpito da un male che gli lascia pochi mesi di vita), e non ad una sessualità collegata all'amore del Narratore. Quando, anni dopo, questi ricorderà ad Oriane la sua toilette di quella sera, ne descriverà così l'impressione  ricevuta: "vous aviez l'air d'une espèce de grande fleur de sang, d'un rubis en flammes". Mentre, per quanto concerne Odette e Albertine, il rosa che richiama il colore della pelle segna in Swann e nel Narratore l'insorgere del desiderio, il rosso - colore emblema di Oriane - è privo di connotazioni erotiche. L'amore del Narratore per Oriane non è di natura fisica, ma immaginativa: è il desiderio di appropriarsi non del corpo di Oriane, ma de "l'essence de (sa) vie inconnue" e idealmente del suo mondo.


Miss Bell (1903)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 205 x 101
Civica Raccolta Luigi Frugone, Genova (Villa Grimaldi Fassio)

     
Agli antipodi di Odette che ama le vesti flowes, le sete fruscianti, le vaporose vestaglie, e di Oriane, dalla severa eleganza, Albertine e le sue amiche ci appaiono subito in tenuta sportiva, dinamiche e disinvolte. amanti dello sport, assidue frequentatrici di corse e velodromi, al golf o in bicicletta, le immaginiamo vestite di pratici tailleurs o di sweaters, le morbide gonne con camicia di lana che cominciano ad essere proposte alle donne sportive. [7] Adottati dalla sportiva Alexandra di Galles, tailleurs e sweaters, indumenti che fasciano il corpo senza costringerlo, sono destinati a rivoluzionare la moda femminile anteponendo la comodità e la praticità ad una silhouette stilizzata e sagomata del busto. I movimenti del piccolo gruppo di fanciulle che avanza compatto sulla diga di Balbec sono armoniosi ma decisi, elastici e sicuri, e rivelano l' "élégance physique" che conferisce la lunga consuetudine con lo sport. il "polo noir" è il berretto sportivo che rappresenterà per il Narratore - fino a quel momento abituato ai deliziosi cappellini di paglia o di velluto di Odette e di Oriane - il segno distintivo di una nuova femminilità.


La signora in rosa [Ritratto di Olivia de Subercaseaux Concha], 1916
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 163 x 113
Museo Giovanni Boldini - (Palazzo Massari), Ferrara


L'insolito copricapo si identificherà a tal punto con colei che lo indossa che l'immagine di Albertine ne risulterà poi indissolubilmente legata alla proiezione immaginativa del Narratore. Del pari, al ricevimento di Elstir, l'immagine ricreata con la mente della fanciulla sportiva sullo sfondo del mare non coincidendo con quella della fanciulla reale vestita di seta e dalla splendida chioma ondulata ne impedisce il riconoscimento.


La cantante mondana (1884 circa)
Giovanni Boldini (1842-1931)
olio su tela, cm 61 x 46


Nell'armonia e nella limpida dosatura delle luci trova meravigliose le donne che sanno scegliere ed indossare un abito, composto nella inimitabile precisione del taglio. La sua sensibilità che vibra nella scoperta di minimi particolari non visti da altri è selettiva anche nella visione dell'abbigliamento ed irradia di bellezza e di entusiasmo il suo mondo. Cita anche i nomi di sarti ai quali vanno le sue preferenze: Callot, Doucet, Cheruit, e, un po' meno, Paquin. [8] Sono, assieme a Worth, Redfern, Creed, i grandi nomi dell'epoca, che vestono dame del gran mondo come Mme Greffulhe, Mme de Chevigné, la Princesse Murat, la contessa Boni de Castellane, ma anche attrici, ballerine, donne del demimonde: Rejane, Sarah Bernhardt, Cléo de Mérode, Liane de Pougy, Laure Hayman.  

La genesi del personaggio di Albertine è lunga e complessa [9] Nel giugno 1914, Proust era impegnato nella correzione delle bozze già stampate di La parte di Guermantes e nulla lasciava presagire che il piano originario dell'opera strutturato in tre parti sarebbe stato sconvolto fino a raddoppiare le proprie dimensioni passando, in otto anni (gli ultimi della vita dello scrittore), da millecinquecento a tremila pagine, da tre a sette volumi. A produrre un simile sconvolgimento fu la guerra che, paralizzando l'attività editoriale (e di conseguenza rinviando indefinitamente la pubblicazione del secondo volume della Ricerca già in bozze) consentì a Proust di ripensare l'intera economia del romanzo a partire dall'invenzione di Albertine, un personaggio che - determinando un nuovo sviluppo di All'ombra delle fanciulle in fiore, di cui esisteva già una prima versione mescolata al Coté Guermantes ma senza la «piccola banda» organizzata intorno alla giovane ciclista «dagli occhi luminosi e ridenti», e di quelle sezioni che diverranno Sodoma e Gomorra, La Prigioniera e La Fuggitiva - ne rimodella totalmente la struttura. [10]  


La divina in blu (1905 circa)
Giovanni Boldini (1842-1931)
acquarello su carta


Si comprende perciò la perplessità positiva, in quanto prive di qualsiasi legame con le mode del momento,  che Proust aveva per gli abiti di Mariano Fortuny, il geniale e versatile artista che aveva scoperto le tecniche delle stoffe antiche e degli elaborati disegni veneziani di secoli anteriori, di cui richiedeva ai suoi interlocutori una descrizione la più piatta, semplice, possibile. Proust nella sua Recherche, a proposito dei gusti di Albertine, sottolinea: «quanto alle toilette, in quel momento le piacevano soprattutto gli abiti di Fortuny»; e ancora «quelle vesti di Fortuny fedelmente antiche ma potentemente originali (che) facevano comparire come uno scenario, ma con maggior forza rievocativa, perché lo scenario restava da immaginare, la Venezia tutta impregnata d'Oriente in cui esse sarebbero state indossate...».  


La seta e il velluto
Mariano Fortuny y Madrazo (1871-1949)


Fortuny, giovane ed ecclettico artista spagnolo che da qualche tempo risiede a Venezia, comincia ad interessarsi di moda. "Inizialmente si occupa soltanto di design tessile, ma poi impegna la propria creatività anche nell'ideazione di abiti. Al 1906 risale l'apertura del laboratorio di stampa su stoffe seriche, taffetas e velluti, che personalmente tinge e poi impressiona mediante un procedimento di sua invenzione, derivato dalla tecnica dei katagami giapponesi. Esperto di scenografia, a conoscenza degli effetti della luce sul tessile, cerca soprattutto la teatralità nelle stoffe, siano esse destinate all'arredo o all'abbigliamento. Quanto ai motivi decorativi non si pone limiti e trae indifferentemente ispirazione dai tessuti copti, persiani, turchi, rinascimentali, da elementi scultorei paleo-cristiani, dai capilettera miniati dei codici medioevali irlandesi, dai merletti, dalla scrittura cufica, dalla cultura indiana, mescolandone e sovrapponendone talvolta i patterns. Il risultato è geniale, anche perché Mariano Fortuny non si limita a stampare, ma perfeziona gli effetti  con magisce scoloriture nei contorni, con ritocchi a pennello qua e là, applicandovi in modi differenziati le polveri dorate e argentate, facendo di ciascuno di quegli esemplari un'opera d'arte.
Verso il 1907 con l'aiuto della moglie Henriette, a cui attribuisce il merito, inventa il delphos, abito d'ispirazione greca, confezionato in sottilissimo raso di seta, di linea lunga e aderente al corpo per la fitta plissettatura manuale. di colori chiari e iridescenti, in seguito rosa, giallo-oro, albicocca, azzurro, verde salvia, grigio, ma anche rosso mattone, nero e bianco, diventerà il simbolo della produzione da lui firmata. I suoi abiti, i suoi mantelli, ispirati per lo più all'oriente, dalla tunica copta, alla abaia araba, al kimono, al sari, secondo la definizione di Proust, «fedelmente antichi, ma potentemente originali», impreziositi da perle vitree e murrine di Murano appositamente create, sono prediletti da attrici come Eleonora Duse e Sarah Bernhardt, danzatrici come Isadora Duncan e Ida Rubinstein, dalle dame più stravaganti e originali dell'alta società europea che sceglie Venezia come luogo di incontri mondani, celebrandone quasi la tangibile decadenza." [11]   




Vi è un aneddoto, raccontato da Lucien Daudet [12], sull'impossibilità da parte di Proust di riuscire a spiegare al proprio sarto il tipo di stoffa richiesto.


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[1] dal saggio di Gianni Puglisi, I modi della moda, Ed. Sellerio, pp. 45-46
[2] Musée de la Mode et du Costume di Parigi - 10 Ave. Pierre -Ier de Serbie - 16th arrondissement Parigi 
[3] Odette de Crécy, divenuta Mme Swann per il suo matrimonio con il precedente. Nata nel 1853. Come tutti personaggi femminili importanti della Recherche, Odette è in parte enigmatica; ma, a differenza di Albertine, la sua personalità e le sue mire verranno progressivamente del tutto svelate perché la sua vicenda rientra nella commedia mondana. All'inizio del romanzo è la moglie di Swann (si sono sposati nel 1889) e abita a Tansonville, ma è guardata con sospetto dai genitori dell'eroe che si rifiutano di riceverla a causa del suo passato di demi-mondaine. Del resto non rinuncerà mai alla civetteria: compare pure nei panni della «signora vestita di rosa», amante dello zio Adolphe. Si verrà a sapere in seguito che è sposata con il conte di Crécy e che, quando era una giovane attrice in cerca di notorietà, ha anche posato, vestita da uomo, per il ritratto di Miss Sacripant dipinto da Elstir nel 1872 (il che rimanda al tema dell'ambiguità sessuale). dal saggio di Michel Erman, I personaggi della Recherche, Ed. Portaparole, pp. 76-77      
[4] L'epoca del matrimonio di Odette con Swann potrebbe essere fissata a partire dal 1889-1890, come si ricava da molteplici indizi contenuti nel testo.
[5] "La réalité que j'avais connue n'existait plus".
[6] Il particolare dell'abito rosso e delle scarpe rosse è tratto da una toilette di Mme Straus. 
[7] Mme Swann mostra di conoscere anche questo capo d'abbigliamento, ma afferma di non poterlo adottare, al pari di alcune sue amiche, poiché non giocando a golf, come loro, non avrebbe "aucune excuse à etre [...] vetue de sweaters".
[8] I nomi di Callot, Doucet, Paquin vengono fatti anche dalla duchessa di Guermantes.
[9] Per la genesi del personaggio di Alberine si veda, Proust, Le Carnet de 1908, a cura di P. Kolb, Gallimard, Paris 1976, p. 49; M. Proust, La Prigioniera, Einaudi, Torino 1978; l'introduzione di M. Bongiovanni Bertini, pp. V-XVIII e Tadié, Vita di Marcel Proust, Mondadori, Milano 2002, pp. 664-7 
[10] dal saggio di Giuliana Giulietti, Proust e Monet (cap. XIV. La sofferenza creatrice) cit., pp. 106-7. 
[11] Doretta Davanzo Poli - Abiti antichi e moderni dei Veneziani - Neri Pozza Editore, p.144.  
[12] Lucien Daudet (1878-1946), romanziere e scrittore francese. E' però ora ricordato soprattutto per la sua amicizia con Marcel Proust. 

* La nota attrice e demi-mondaine, che Boldini  ritrasse abbigliata in una toilette di Doucet.


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Bibliografia:
  • MARCEL PROUST, Alla ricerca del tempo perduto, Einaudi Editore, collana "I Millenni", 1981. Opera in III volumi
  • A.A.V.V., Album Proust, Arnoldo Mondadori Editore, collana "I Meridiani", 1988. Biografia ricca di preziose informazioni.
  • DANIELA BARONCINI, La moda nella letteratura contemporanea. Bruno Mondadori, 2010
  • DORETTA DAVANZO POLI, Abiti antichi e moderni dei Veneziani, Neri Pozza Editore, 2001
  • MICHEL ERMAN, I personaggi della Recherche - Piccolo dizionario. Portaparole, 2009
  • GIULIANA GIULIETTI, Proust e Monet - I più begli occhi del XX secolo, Donzelli Editore, 2011
  • PAOLA PLACELLA SOMMELLA, La moda nell'opera di Marcel Proust. Bulzoni Editore, 1986. 
  • GIUSEPPE SCARAFFA, Marcel Proust, Edizioni Studio Tesi, 1992
  • EDMUND WHITE, Ritratto di Marcel Proust. Lindau, 2010




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