È raro che una città o una zona siano identificate con un colore, è un fenomeno tipicamente italiano:
Terra di Siena, rosso Bologna, rosso Pompeiano, rosso Venezia o veneziano, giallo Parma, giallo Milano o “Maria Teresa”, giallo Napoli, verde Brentonico o ocra verde di Verona, e, nelle vicinanze, il giallo d'Istria (tra i golfi di Trieste e Fiume).
È importante che le città abbiano un “Piano Colore” perché è l’espressione dell’identità del luogo che influisce positivamente sulla godibilità degli spazi pubblici e ne fanno apprezzare la bellezza. In Italia, il problema del colore delle città è fra i tanti un problema enorme, poiché sopravvivono ancora centinaia di migliaia di chilometri quadrati di intonaci, mattoni, decorazioni e colori antichi a cui è affidata la prima impressione dell’identità storica dei centri urbani.
Terra di Siena, rosso Bologna, rosso Pompeiano, rosso Venezia o veneziano, giallo Parma, giallo Milano o “Maria Teresa”, giallo Napoli, verde Brentonico o ocra verde di Verona, e, nelle vicinanze, il giallo d'Istria (tra i golfi di Trieste e Fiume).
È importante che le città abbiano un “Piano Colore” perché è l’espressione dell’identità del luogo che influisce positivamente sulla godibilità degli spazi pubblici e ne fanno apprezzare la bellezza. In Italia, il problema del colore delle città è fra i tanti un problema enorme, poiché sopravvivono ancora centinaia di migliaia di chilometri quadrati di intonaci, mattoni, decorazioni e colori antichi a cui è affidata la prima impressione dell’identità storica dei centri urbani.
Sono colori che ritroviamo anche nella moda, nei tessuti ed accessori. Le città qui raccontate indossano le loro creazioni e i loro colori non più in una strada ma in una passerella che rinnova il rito di trasmettere nuove emozioni.
La “Terra di Siena” naturale è un pigmento inorganico con composizione chimica simile a quella della terra d'ombra; da quest'ultima si differenzia per un minor contenuto di ossidi di manganese. Il suo particolare nome deriva dal fatto che veniva estratta nel medioevo nelle vicinanze della città di Siena (in una cava nella zona del Monte Amiata¹ e, più precisamente, a Bagnoli di Arcidosso); tale cava è stata attiva fino agli anni cinquanta del Novecento, e il pigmento così denominato viene ottenuto con opportune miscele di caolino e ossidi di ferro sintetici. La terra di Siena naturale è quindi una particolare ocra gialla² con tracce di biossido di manganese che le conferiscono la tipica tonalità giallo-dorato.
Calcinando la terra di Siena naturale si ottiene la cosiddetta terra di Siena bruciata che assume un colore rosso-cupo.
La “Terra di Siena” naturale è un pigmento inorganico con composizione chimica simile a quella della terra d'ombra; da quest'ultima si differenzia per un minor contenuto di ossidi di manganese. Il suo particolare nome deriva dal fatto che veniva estratta nel medioevo nelle vicinanze della città di Siena (in una cava nella zona del Monte Amiata¹ e, più precisamente, a Bagnoli di Arcidosso); tale cava è stata attiva fino agli anni cinquanta del Novecento, e il pigmento così denominato viene ottenuto con opportune miscele di caolino e ossidi di ferro sintetici. La terra di Siena naturale è quindi una particolare ocra gialla² con tracce di biossido di manganese che le conferiscono la tipica tonalità giallo-dorato.
Calcinando la terra di Siena naturale si ottiene la cosiddetta terra di Siena bruciata che assume un colore rosso-cupo.
Questa nuance è stata ed è molto usata anche nella tintura dei tessuti e ampiamente utilizzata in tutto il settore moda sia nell'abbigliamento, che nelle calzature, che negli accessori. È un colore particolare ma che si abbina con molte altre tonalità, come il beige e alcune gradazioni del marrone, il bianco, il giallo, il rosso, con certe sfumature di verde e, naturalmente, anche con il nero.
Il “Rosso Bologna” lo ritroviamo già prevalente della Bologna medioevale, con testimonianze che risalgono ad un'epoca, quella tardo-cinquecentesca.
“La creta, la selenite e l'arenaria. Di qui nasce il colore “Rosso Bologna”. Nei tramonti brucia torri e aria”. Roberto Roversi.
“Bologna [...] è bella per la carica, per l'abbondanza del colore; ed il colore che la satura è prevalentemente il rosso o il rossastro, il più fisico, quello che richiama di più al corpo ed al sangue umani. [...] Invece a Bologna i portici, gli archi, le cupole, tutto fa pensare ad una rotondità carnosa”. Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1955
“La creta, la selenite e l'arenaria. Di qui nasce il colore “Rosso Bologna”. Nei tramonti brucia torri e aria”. Roberto Roversi.
“Bologna [...] è bella per la carica, per l'abbondanza del colore; ed il colore che la satura è prevalentemente il rosso o il rossastro, il più fisico, quello che richiama di più al corpo ed al sangue umani. [...] Invece a Bologna i portici, gli archi, le cupole, tutto fa pensare ad una rotondità carnosa”. Guido Piovene, Viaggio in Italia, 1955
1. Colore rosso mattone per il portico della Cattedrale Metropolitana di Bologna
2. Paesaggio su Bologna - foto © Tinarelli Cristina
Il “Rosso pompeiano”³ era in realtà un "giallo" ed è tutto da scoprire. Il mito del famoso colore ricorrente nelle domus di Pompei e Ercolano più difficile da definire e non cessa di esistere. Una ricerca del fisico Sergio Omarini dell'Istituto nazionale di ottica del Cnr riscrive la tavolozza dell'archeologia. E ci ricorda che se vediamo tanto rosso nelle aree archeologiche campane è perché il "surge", il vento bollente del Vesuvio, micidiale gas dell'eruzione del 79 d.C., ha creato un fenomeno fisico di trasformazione. E in un bel po' di casi ha cambiato le pitture murarie a fondo giallo ocra in ocra rossa. Nelle case di Ercolano è facile verificare visivamente questo fenomeno: intorno a una crepa gialla si vede il rosso del gas fluito attraverso.
“Il rosso anticamente si otteneva con il cinabro, composto di mercurio, e dal minio, composto di piombo, pigmenti più rari e costosi, utilizzati soprattutto nei dipinti, oppure scaldando l'ocra gialla, una terra di facile reperibilità”, conclude il ricercatore. “Quest'ultimo effetto, descritto anticamente da Plinio e Vitruvio, si può percepire anche ad occhio nudo nelle fenditure che solcano le pareti rosse di Ercolano e Pompei”.
“Il rosso anticamente si otteneva con il cinabro, composto di mercurio, e dal minio, composto di piombo, pigmenti più rari e costosi, utilizzati soprattutto nei dipinti, oppure scaldando l'ocra gialla, una terra di facile reperibilità”, conclude il ricercatore. “Quest'ultimo effetto, descritto anticamente da Plinio e Vitruvio, si può percepire anche ad occhio nudo nelle fenditure che solcano le pareti rosse di Ercolano e Pompei”.
Anche la ricercatrice italiana Daniela Daniele dello Statliche Museum di Berlino, già nel 2004 si accorse di una differenza tra la pittura ottenuta dal cinabro e il rosso pompeiano, che aveva una sfumatura "drammatica" ancor oggi non definita dal punto di vista colorimetrico.⁴
Il “Rosso Venezia” o veneziano è una pigmentazione luminosa e calda, tonalità leggermente più scura dello scarlatto. La prima volta che è stato usato il termine rosso veneziano per indicare tale tonalità di colore è stato nel 1753.
1. Maschere pompeiane, con lo sfondo nel caratteristico rosso
2. affresco della "Villa dei Misteri" di Pompei
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Rosso Venezia o veneziano |
Damasco broccato - Venezia (1620-1640)
Su fondo in rosso veneziano,
emerge un motivo broccato a roselline damascate, realizzate con filo d'oro.
© Museo di Palazzo Mocenigo - Venezia
Su fondo in rosso veneziano,
emerge un motivo broccato a roselline damascate, realizzate con filo d'oro.
© Museo di Palazzo Mocenigo - Venezia
Il “Giallo Parma” era prevalentemente utilizzato per le facciate dei palazzi fino alla fine degli anni '50 del Novecento; il risultato è che oggi il giallo e tutte le sue gradazioni è oggi il colore prevalente delle case del centro storico. I palazzi costruiti durante i Farnese⁵ mostravano già un ampio uso di giallo ocra (e rossi chiari), ma fu l'architetto francese Petitot⁶ che iniziò a dipingerli in un giallo dorato durante il restauro dei palazzi più importanti di Piazza Grande, l'attuale Piazza Garibaldi, nella seconda metà del XVIII secolo. Secondo la leggenda, ma potrebbe essere anche un "giallo", Petitot fu ispirato dai residenti di Strada Sant'Anna e Strada San Michele, che avevano dipinto le loro case di un giallo oro ispirati dal colore dei capelli di Isabella di Borbone, passata in quelle strade durante la processione per il suo matrimonio.
1. Parma, interno del Parco Ducale
2. Casinetto Petitot, situato al centro di Piazzale Risorgimento a Parma
2. Casinetto Petitot, situato al centro di Piazzale Risorgimento a Parma
caratteristico il colore "giallo Parma" delle facciate.
“Giallo Milano” o “Giallo Maria Teresa” (chiamato anche “Giallo Piermarini”, dal cognome dell'architetto Giuseppe Piermarini 1734-1808 che tra il 1777 e il 1780 fu impegnato nella costruzione della Villa Reale di Monza) è il colore di Milano, che non è grigia, o meglio bianca, come la “scighèra” (è un termine dialettale milanese che indica una nebbia molto intensa), che quando si alza la veletta si sposta e si mostra. Esiste davvero questo colore, «Ovvio, giald…», ed è qualcosa di cui i milanesi non di adozione vanno da sempre oltremodo fieri, e non è semplicemente uno di quegli aneddoti che si tramandano come leggende metropolitane, e non c’entrano nulla il risotto allo zafferano o il colore della della livrea delle “Carrelli” dei vecchi tram (fin dal 1928) meneghini, anzi, semmai, è il contrario. Questa particolare tonalità di giallo colore pastello prende il nome “Giallo Milano” perché si tratta del colore che venne scelto sul finire del Settecento, sotto il dominio austriaco di Maria Teresa, per dipingere le case della città. Il colore colorò le facciate solo verso il diciannovesimo secolo, infatti, era il colore preferito dal genio civile del primo reggimento d’Italia. Si rovinava di meno e aveva bisogno di una sola mano, un investimento estremamente favorevole per la casata d’Austria che voleva in ogni modo nascondere l’invecchiamento dell’intonaco bianco che si degradava estremamente in fretta a causa della fuliggine dei camini. Molti edifici mantengono tutt’ora il colore originale, ma non si tratta solo di abitazioni popolari e delle poche case di ringhiera ancora esistenti: fino al restauro del 1999 anche il Teatro alla Scala era dipinto di giallo (ma questo non era il colore originale), così come Palazzo Reale e la Pinacoteca Ambrosiana (che lo è ancora). All’inizio del Novecento, ogni casa popolare che si rispettasse veniva dipinta di Giallo Milano, proprio per ragioni economiche e storiche. Oggi, quel colore pastello si può trovare ancora con estrema facilità in giro per la città, basti solamente pensare alle case che si affacciano sul Naviglio Grande o sulla Martesana, dove gli edifici sono più vecchi.
Case di ringhiera
Il “Giallo Napoli” è anche conosciuto come “Giallo Egiziano”, impiegato dagli egizi e babilonesi per le decorare le preziose ceramiche. Il suo pigmento deriva da una composizione chimica a base di piombo e antimonio. Presenta una tonalità chiara, tanto versatile da prestarsi alle sfumature più luminose e delicate. Il suo ripetuto utilizzo registra una longevità unica: anticamente creduto proveniente dal tufo che a Napoli ha da sempre conosciuto un uso corrente (basti pensare alla splendente doratura di Castel dell'Ovo).
Il giallo di Napoli è famoso in tutto il mondo soprattutto nell’arte per la sua qualità e versatilità, in grado di rendere le sfumature delicate e luminose, non a caso 🇬🇧 in inglese si chiama Naples yellow, 🇫🇷 in francese: jaune de Naples, 🇩🇪 in tedesco Neapelgelb, 🇪🇸 in spagnolo amarillo de Nápoles, e continua ad essere usato ed omaggiato a partire dall’arte stessa.
Il giallo di Napoli è famoso in tutto il mondo soprattutto nell’arte per la sua qualità e versatilità, in grado di rendere le sfumature delicate e luminose, non a caso 🇬🇧 in inglese si chiama Naples yellow, 🇫🇷 in francese: jaune de Naples, 🇩🇪 in tedesco Neapelgelb, 🇪🇸 in spagnolo amarillo de Nápoles, e continua ad essere usato ed omaggiato a partire dall’arte stessa.
Giallo Napoli
Edward Berthelot
foto: © Vogue Italia - 14 maggio 2020
foto: © Vogue Italia - 14 maggio 2020
La terra “verde Brentonico” (nota anche come “argilla veronese” o “ocra verde di Verona”) è un pigmento minerale inorganico naturale. Si tratta di una terra verde proveniente dalla zona di Verona, che si ottiene mediante depurazione e macinazione della materia prima. Come altre terre verdi nella storia dell'arte, fu utilizzata soprattutto durante il Medioevo e Rinascimento. Anticamente riservata ai nobili, oggi è molto ricercata in campo artistico per la caratteristica semitrasparenza.
Palazzo Eccheli Baisi a Brentonico, Trento
con il suo caratteristico verde
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₁ Il territorio del Monte Amiata faceva parte della Repubblica di Siena in epoca medioevale, oggi inserita nella provincia di Grosseto.
₂ Ocra per le tonalità dorate e beige le più apprezzate sono a Siena, Grosseto, Cagliari e Verona. (Marina Nelli - Quaderni del colori (Quaderno Giallo); Ed. Elpo, 2020, p. 12
₃ Il “rosso pompeiano” nella catalogazione Pantone è il numero 1805, anche se dobbiamo dire che questa catalogazione per una tinta antica è impropria in quanto nel mondo antico la tinta unita è impossibile o difficilissimo produrla. (Riccardo Falcinelli, Cromorama; Ed. Einaudi, 2017, pp. 23-26).
₄ Da il quotidiano "La Repubblica" il 16 settembre 2011.
₅ I Farnese sono una celebre famiglia italiana, Signori nel medioevo del ducato di Parma e Piacenza.
₆ Ennemond-Alexandre Petitot (Lione, Francia, 1727 - Parma, Italia, 1801) architetto francese, fu chiamato alla corte di Parma dal duca Filippo di Borbone. Petitot, fra l'altro, ristrutturò la Reggia di Colorno e lavorò al Giardino Ducale di Parma; ideò il tempietto di Arcadia all'interno del parco (1757).
❗ Per le foto riprodotte su questo post rimango a disposizione degli eventuali aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare.
₁ Il territorio del Monte Amiata faceva parte della Repubblica di Siena in epoca medioevale, oggi inserita nella provincia di Grosseto.
₂ Ocra per le tonalità dorate e beige le più apprezzate sono a Siena, Grosseto, Cagliari e Verona. (Marina Nelli - Quaderni del colori (Quaderno Giallo); Ed. Elpo, 2020, p. 12
₃ Il “rosso pompeiano” nella catalogazione Pantone è il numero 1805, anche se dobbiamo dire che questa catalogazione per una tinta antica è impropria in quanto nel mondo antico la tinta unita è impossibile o difficilissimo produrla. (Riccardo Falcinelli, Cromorama; Ed. Einaudi, 2017, pp. 23-26).
₄ Da il quotidiano "La Repubblica" il 16 settembre 2011.
₅ I Farnese sono una celebre famiglia italiana, Signori nel medioevo del ducato di Parma e Piacenza.
₆ Ennemond-Alexandre Petitot (Lione, Francia, 1727 - Parma, Italia, 1801) architetto francese, fu chiamato alla corte di Parma dal duca Filippo di Borbone. Petitot, fra l'altro, ristrutturò la Reggia di Colorno e lavorò al Giardino Ducale di Parma; ideò il tempietto di Arcadia all'interno del parco (1757).
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Rames Gaiba
© Riproduzione riservata
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