19 gennaio 2024

ORBACE

Orbace - dal sardo orbaci, che risale all'arabo al-bazz, «tela, stoffa», come l'italiano antico albagio.    

1. Tessuto, panno, di lana di pecora prodotto (specialmente in Sardegna e, in minor misura, in Sicilia¹) con metodi artigianali, con due tipi di armatura: quello a tela, più semplice, e quello a  saia (spina), caratterizzato dalla più o meno marcata irregolarità del filato molto resistente e impermeabile. 




Particolarmente adatta per l'orbace è la lana delle pecore sarde, grossa e resistente, tenuta per alcune ore immersa in acqua a circa 50°C, in modo da non privarla totalmente dalle sostanze grasse in essa contenute, che contribuiscono a conferire al tessuto una certa impermeabilità. Lavata poi in acqua fredda per eliminare le materie estranee, e asciugata al sole, viene sfioccata e pettinata con pettine a chiodi. Si effettua quindi la cernita: le fibre più lunghe e resistenti sono riservate per l'ordito, le altre sono usate per la trama. Una volta la filatura veniva fatta a mano con la conocchia e il fuso, mentre per la tessitura erano usati antichi telai a mano molto stretti, sicché il tessuto veniva alto 55-65 cm mentre oggi il tessuto sui telai moderni viene prodotto in altezza cm 140-150. Esso appena fuori dal telaio viene sottoposto ad una rudimentale follatura, operazione fondamentale per questo tessuto, ottenuta battendolo per circa ventiquattro ore (mantenuto costantemente umido) con magli di legno (gualchiere, in sardo chiamate craccheras”), sorta di mulini ad acqua azionati da una ruota idraulica che usano l'energia prodotta dall'acqua per battere e ribattere la stoffa, con il duplice intento di ammorbidirla e di renderla impermeabile. Il tessuto è poi lasciato in riposo per qualche giorno, quindi è sottoposto alla tintura. Infine il tessuto viene lavato in acqua corrente per liberarlo dalle materie coloranti non assorbite, e avvolto al telaio per la stiratura.

I colori, in origine vegetali, erano il nero (spesso lana di pecora nera), bianco naturale, bigio (lana di pecora nera e bianca unite in fase di cardatura), rosso (ottenuto anticamente con la robbia), giallo senape e marrone, mentre colori più vivaci si usarono in tempi vicini a noi.

Gli utilizzi dell'orbace - Oggi il tessuto è impiegato specialmente per costumi tradizionali in Sardegna (ora solo in particolari giorni, festività), in colori preferibilmente scuri.

In Sardegna con l'orbace si confeziona il mantello (su saccu), prezioso compagno di pastori e contadini che passavano lunghi periodi all'aperto che in origine vestiva i pastori proteggendoli dal tempo cattivo nelle lunghe transumanze. Composto di due ampie pezze rettangolari, cucite fra loro per uno dei lati lunghi, era di solito dotato di un grande copricapo (sa berritta). Veniva indossato come una cappa durante i viaggi, ma assolveva molte altre funzioni. Di notte diventava coperta e stuoia per dormire sulla nuda terra, durante i pasti e nelle soste fungeva da tovaglia o tappeto.²  

Nell'abito tradizionale maschile inoltre abbiamo i pantaloni, il corpetto e anche il gonnellino (sas ragas).

 Corpetto gonnellino e giacca in tessuto Orbace
foto: © Francesco Mura Corona


Questo tessuto era presente anche nel vestiario femminile: ha un eccellente riscontro nella gonna tinta di rosso del costume di Desulo (Nuoro).³ 


foto: © La Nuova Sardegna, 23 agosto 2014


Il robusto orbace, oltre che nel vestiario, veniva utilizzato anche per la bisaccia (sa bertula), che è una pezza lunga di tela, piegata alle due estremità a formare due tasche, e portata o a spalla dall'uomo o sul dorso del cavallo, di circa un metro di lunghezza per mezzo metro di larghezza. Dentro si trasportavano gli oggetti necessari al viaggio, o, durante le semine, le sementi da piantare. In orbace venivano prodotti anche pesante coperte invernali, e tappeti della tradizione.²

2a. Giacca della divisa fascista confezionata con questo tessuto nel colore nero, indossata per la prima volta nel 1932 in occasione della «Mostra della Rivoluzione Fascista». Fu il periodo dell'autarchia, in cui l'Italia a seguito delle sanzioni (decise dalla Società delle Nazioni, ed applicate da molti Paesi) degli anni '30 per l'invasione dell'Etiopia, che limitarono le importazioni anche della lana (vedi l'origine del Lanital) si ingegnò a sostituire i prodotti d'importazione con altri di origine nazionale. 2b. La parola passò ad indicare la divisa fascista.


 
Uniforme in tessuto Orbace ed il gerarca Achille Starace (1889-1945)     


STORIA - L'orbace è stato per secoli il tessuto tipico della Sardegna. Lo si tesseva in quasi tutti i paesi, in particolare in quelli delle zone interne. Tessuti molto simili all'orbace erano utilizzati nel medioevo dai monaci per la confezione dei sai. Secondo alcune fonti, pare che il tessuto fosse usato come indumento militare già nell'antica Roma.

CURIOSITÀ – Il nome sardo dell'orbace è “furesi” che è sinonimo di povertà, perché era il più povero fra tutti i tessuti. Un saggio di paese aveva coniato il proverbio «Mezzus furesu ischidu che segnore molente», meglio un povero saggio e che un signore asino. C'era persino un motto goliardico che del segretario generale del Partito Fascista (PNF) diceva: «Achille Starace, di tutto rapace, di nulla capace, vestito d'orbace. Requiescat in pace». L'orbacizzazione delle divise arricchì diversi paesi della Sardegna, a Macomer l'Alas trasformò la piccola industria domestica in una poderosa produzione di massa.⁴


La produzione è favorita dalla grandissima diffusione sull’Isola dell’allevamento ovino, concentrato in particolare nelle zone montane di Sassari e Nuoro. Oggi, la produzione tessile in Sardegna riveste ancora un certo interesse soprattutto in quanto fornisce materia prima per la realizzazione dei costumi tradizionali. Parallelamente l’allevamento ovino continua a rappresentare una fonte importante per l’economia dell’Isola che si fonda anche sul mantenimento delle tradizioni antiche.
In Sicilia l'orbace lo troviamo come costume tipico dei contadini di Modica, provincia di Ragusa.

₂ Paolo D'Ascanio - La storia dell'orbace e l'utilizzo negli abiti tradizionali della Sardegna - pubblicato in Folklore Isolano, 6 settembre 2020
₃ Giovanni Melis - Desulo con i suoi colori sgargianti - in:
La Nuova Sardegna - Nuoro”, 23 agosto 2014
₄ Manlio Brigaglia, articolo pubblicato su “La Nuova Sardegna - Sassari” del 19 ottobre 2008


16 Aprile 2018
ed integrato con una nota il 18 Settembre 2020


Rames Gaiba



Leggi anche:



Nessun commento:

Posta un commento

Per ogni richiesta rettifica o integrazione o segnalazione link non più attivi esterni (anche video) inviare a Rames Gaiba una
Email: rames.gaiba@gmail.com
-----
■ I commenti non potranno essere utilizzati e non è accettata la condivisione a fini pubblicitari di vendita prodotti o servizi o a scopo di lucro o su articoli/post di informazione politica.
■ Non saranno accettati i commenti:
(a) che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.
(b) che contengano indirizzi internet (siti collegati, e-mail).
■ Vi invito a non usare nei vostri commenti i caratteri tutti in maiuscolo.
■ Non manterrò in memoria interventi e messaggi che, a mio insindacabile giudizio, riterrò superati, inutili o frivoli o di carattere personale (anche se di saluto o di apprezzamento di quel mio post), e dunque non di interesse generale.

Le chiedo di utilizzare la Sua identità reale o sulla Sua organizzazione, e di condividere soltanto informazioni veritiere e autentiche. Non saranno pubblicati e non avranno risposta commenti da autori anonimi o con nomi di fantasia.

⚠ La responsabilità per quanto scritto nell'area Discussioni rimane dei singoli.

È attiva la moderazione di tutti i commenti.

Grazie per l'attenzione.

Rames GAIBA