Nome di origine malese dell'albero del cotone. Albero tropicale, il kapòk (Ceiba pentandra), pianta bambacea originaria del Messico, ma si trova anche in America Centrale e nel Sud-America caraibico, in Africa e in Malesia (è conosciuto come il "cotone di Java"); di notevoli dimensioni, con foglie palmate, grandi fiori campanulati e capsule (baccelli) contenenti i semi circondati da una fibra lanuginosa e giallastra che è una miscela di lignina e cellulosa. Il processo di raccolta e di separazione della fibra richiede molto manodopera, ed è manuale.
Caratteristiche: È una fibra corta, elastica, leggera e soffice (i peli sono simili al cotone), resiliente, lucente, resistente all'acqua e capace di galleggiare), altamente infiammabile. Adesso viene anche filata ed elasticizzata, ed è più leggero e più caldo, con una resa maggiore (più voluminoso) del 60% del cotone. In Europa è stata filata per la prima volta nel 2006 dalla azienda tedesca Otto, ed elasticizzata dal gruppo Fein-Elast. Impieghi: È usata per imbottiture di materassi e cuscini, tappezzeria, "orsi del Teddy" (orso giocattolo farcito, la cui produzione è iniziata nel 1903), zafus (accessorio rotondo su cui si siedono i praticanti del buddismo), e per isolamento. In passato è stata usata nei giubbotti di salvataggio e dispositivi simili, dove in gran parte è stata sostituita da materiali artificiali.
►KASHA
Flanella col diritto garzato ed a colori screziati (solitamente bronzeo o bruno). Viene usata una combinazione di filati d'ordito imbozzimati che assorbono il colorante e di filati di trama paraffinati che non l'assorbono; in tal modo, quando la flanella viene tinta in corda, assume un aspetto screziato. Utilizzato a partire dagli anni venti e utilizzato in particolare da Chanel.
Acronimo di Kessel Decatur, marchio registrato di Biella Shrunk Process. Trattamento di finissaggio effettuato su tessuti di lana e misti che ha lo scopo di migliorare la mano del tessuto (scivolosità e morbidezza), la stabilizzazione dimensionale, il finissaggio della lavorazione. Si tratta di un decatissaggio in autoclave sotto pressione, che fa parte delle lavorazioni di decatissaggio in discontinuo. Il ciclo di fissaggio all'interno della camera di pressione dura generalmente da 2 a 5 minuti ad una temperatura di 110°C - 130°C a 1,2 bar di pressione.
► KEFIAK (KAFFIYEK)
Una sciarpa bianca e nera portata dal popolo palestinese (ma che è indossata da tutti in Medio oriente, dai giovani e dai vecchi, a scuola e sul lavoro), diventata nel mondo occidentale un simbolo dei giovani studenti contestatori.
► KÉKFESTÉS (tintura in blu)
L'espressione kékfestés apparve per la prima volta nella corrispondenza di István Bengely negli anni '1770 del Settecento. La tintura in blu è una tecnica secolare in Ungheria essendo presente dal XVI secolo. Per questo il colore è definito blu ungherese. Il motivo appare tipicamente in bianco su sfondo blu. La pittura blu è fondamentalmente basata sulla tecnologia della pressione barriera. Ciò significa che sul tessuto viene stampato secondo il disegno un bloccante che isola dal tessuto il colorante applicato successivamente, coprendo solo le parti non coperte dal bloccante. Il processo avveniva utilizzando una pianta colorante autoctona coltivata in vaste aree della Turingia e della Francia che, dopo le scoperte geografiche, fu sostituita da una pianta indiana, l'indaco. Poiché quest'ultimo è privo di dissolvenza, più concentrato e ha una qualità migliore, si è diffuso rapidamente nel 16° secolo. Oggi sono poche le aziende che tingono ancora a mano ed usano gli stampi che circa 200anni fa furono importati dalla Francia assieme alla tecnica della realizzazione. La diffusione della stampa tessile su larga scala ha naturalmente ridotto l'uso di questa tecnica di tintura blu su piccola scala. Nonostante ciò, continua a vivere come attività di arte popolare e alcuni impianti sono ancora oggi in funzione. Si chiama kékfestés ed è patrimonio culturale protetto da UNESCO.
► KENAF
Termine di origine persiana. Fibra vegetale che si ricava dalla pianta della Hibiscus Cannabinus, appartenente alla famiglia delle Malvacee. E' una pianta annuale con radice fittonante, che si sviluppa rapidamente (in tre mesi raggiunge i 2 metri), con fiori bianchi. Originaria del Sudan, attualmente è coltivata in alcune aree dell'Asia Orientale. Fibra nota fin dai tempi antichi; ecologica in quanto fra le sue caratteristiche vi è infatti la proprietà di ripulire l'aria dallo smog assorbendo grandi quantità di anidride carbonica (piantumando un kmq si possono assorbire ca. 500 tonnellate di CO2), e di fosforo. Si ha una produzione di 15-20 t/ha, con un ciclo di 130 giorni, contro le 7,7 t/ha per il pino e le 6 t/ha per il pioppo. È utilizzato, oltre che per la produzione di carta (in quanto le sue fibre sono molto simili a quelle delle conifere, e perciò adatte alla produzione di paste per carta), anche dall'industria tessile, pure se in questo segmento il suo uso maggiore è per cordami e sacchi. Altri usi sono come fonte vegetale di biomassa per produrre energia, come medicinale, come cibo, ma anche come allucinogeno.
► KÉPI
Il termine è la
francesizzazione del tedesco kappi, utilizzato come berretto di
guarnigione dalle truppe di cavalleria austriaca. Copricapo militare di forma cilindrica o
troncoconica, con la parte più stretta in alto e dotato di visiera, diffusasi
per la sua praticità, rispetto ai berretti in uso precedentemente, fra i
principali eserciti nell’ottocento e nel primo novecento. Ai nostri giorni solo
la Francia adotta per l’esercito e la gendarmeria, almeno nelle uniformi da
cerimonia il képi, prevalentemente per motivi tradizionali.
► KERSEY
Tessuto pesante in armatura saia, a base di lana cardata, ben follato e garzato, in maniera da nascondere l'intreccio: spesso è più follato del castorino, pur avendo un pelo più corto, e una maggiore lucentezza. Viene usato diffusamente per uniformi militari e civili.
► KEVLAR®
Marchio commerciale della DuPont INVISTAM. Fibra sintetica poliaramidica (aramide), ottenuta per condensazione di parafenilediammina ed acido tereftalico. Viene commercializzata in forma di filamento, fiocco e polpa. Per soddisfare la crescente varietà di applicazioni, DuPont continua a sviluppare nuovi prodotti Kevlar, migliorando ulteriormente le caratteristiche - come la colorazione, la tenacità, il modulo o l'allungamento aggiuntivo - e rendendole sempre più adatte a vari specifici utilizzi finali. Le nuove applicazioni comprendono Kevlaro "EE" e Kevlar "ER" (elastomero e gomma ad alta tecnologia) per rinforzi in gomma e in elastomeri, in situazioni in cui la dispersione uniforme della fibra è della massima importanza. In qualità di sostanza tissotropica in sigillanti e pitture, un conglomerato di fibre corte Kevlaro, consente un migliore controllo della viscosità delle resine. Kevlar "Rtp" è un concentrato per rinforzi termoplastici. Il Kevlar assieme al Nomex ed al Tyvek costituiscono i punti più avanzati della ricerca per quanto riguarda la protezione individuale. Caratteristiche: Unisce ad alta resistenza un peso leggero. Le sue caratteristiche generali sono: alta resistenza alla trazione meccanica a peso basso (cinque volte superiore a quelle dell'acciaio); conduttività elettrica bassa; alta resistenza chimica; restringimento termico basso, praticamente eliminando il rischio di adesione del materiale fuso alla pelle (stabili in un intervallo di temperatura compreso tra i -40°C e 130°C, e praticamente rimangono inalterate fino a 180°C); alta durezza; alta resistenza del taglio; resistente alla fiamma (protegge dal calore fino a 425°C), auto estinguimento. Impieghi: È usata principalmente nei materiali compositi per abbigliamento sportivo e tecnico come guanti e maniche (sono leggeri, comodi e consentono una notevole destrezza e sensibilità tattica) e abiti protettivi (vigili del fuoco, forze di polizia e militari, ecc.); corde e cavi; fabbricazione di vele per imbarcazioni da competizione; balistica e difesa; industria automobilistica a quella del metallo e del vetro.
► KID
Voce inglese, che significa "capretto". Denominazione del giovane capretto della capra d'Angora (kid mohair) che produce il mohair più fine e pregiato.
► KILT
Voce scozzese, di provenienza scandinava, kilt "alzare la sottana". Gonna a portafoglio, cioè sovrapposta sul davanti. In tessuto di lana dalle fantasie a quadri scozzesi tartan che rappresenta i suoi clan (il clan, è il gaelico per "la famiglia"). Per il kilt tradizionale vengono utilizzati dai sei metri e mezzo fino a otto metri di stoffa, fittamente pieghettata sul dietro e sui fianchi, mentre il davanti è liscio e sfrangiato verticalmente. Si allaccia sul fianco con listini in pelle e viene fermata da una grande spilla in ottone. Appartiene al costume tradizionale della Scozia, dove viene indossata dagli uomini, insieme ad uno sporran, cioè una borsetta di cuoio per trasportare denaro e per proteggere le parti intime, in quanto il kilt è portato tradizionalmente senza biancheria intima. È accompagnato da un plaid da indossare drappeggiato su una spalla. Come capo alla moda del guardaroba femminile, la gonna (di solito senza plaid) è stata popolare dagli anni quaranta. Le versioni moderne sono costituite da circa un metro e ottanta di tessuto e non sono conformi alla tradizione scozzese. Furono particolarmente in voga attorno agli anni settanta, quando costituivano un elemento fondamentale del guardaroba delle ragazze aderenti ai movimenti "Preppie" e "Ivy League".
Voce giapponese, 着物 letteralmente ki significa "abito" e mono "cosa" (da indossare). Termine appartenente al linguaggio internazionale dell'abbigliamento. 1. Abito tradizionale giapponese, femminile e maschile, costituito da una lunga veste generalmente di seta leggera, oppure in broccati sempre in seta però più pesanti (questi sono usati per le cerimonie) o cotone, ricamata o stampata a colori, stretto alla vita da un alta cintura annodata dietro. Tra le varie tipologie di kimono ve ne sono tre principali che si differenziano soltanto nell'attaccatura e nell'ampiezza delle maniche: il kosode ha la manica stretta, l'hirosode ha le maniche ampie e il fuorisode ha le maniche che pendono. Una parte importante del kimono è rappresentata dall'obi cioè la fascia con cui si chiude il kimono. La struttura del kimono è estremamente semplice: 4 lunghe strisce rettangolari di tessuto cucite insieme in verticale. La semplicità di questa forma fa sì che il kimono ma anche l'obi possono essere piegati lungo le cuciture in forme rettangolari perfette. I modelli di kimono variano a seconda del sesso, della classe sociale e della cerimonia a cui si partecipa. Vengono decorati a seconda delle stagioni (ad esempio: in primavera vi saranno rappresentati degli uccellini in mezzo al verde; in inverno potrebbe essere rappresentato un paesaggio invernale; nei periodi festivi prevalgono disegni di bambù, di pini e di fiori del pruno perché considerati segni di prosperità e di buona fortuna). Il kimono è una veste estremamente versatile e comprende tutte le componenti di questo abito tradizionale, che può essere composto da una a sei vesti indossate una sopra l'altra. Per un kimono possono servire anche 14 metri di tessuto a seconda del modello. Gli eccessi del tessuto, durante la realizzazione del kimono non vengono mai tagliati, bensì lasciati dentro ripiegati, così se dovesse essere necessario allungare si può fare. Sopra al kimono si può indossare l'uchikake, una veste aperta ed imbottita che ricade sulle spalle come una stola. 2. Anche tipico indumento indossato da chi pratica lo judo. È costituito da pantaloni in cotone chiamati zubon, questi sono ampi e robusti, non hanno ne bottoni ne zip in quanto sono sostenuti da un cordone che passa in una cinturina lungo la vita. La casacca, sempre in cotone, più robusto di quello dei pantaloni, anch'essa priva di oggetti metallici e di bottoni; sulle zone più a rischio di strappi cioè il collo e le spalle, vi è un ulteriore rinforzo di tessuto. La cintura chiamata "obi" è sempre in cotone e può essere di diversi colori a seconda del grado (capacità) dell'atleta. 3. Il termine, dall'inizio del XX secolo, è anche usato per indicare nell'abbigliamento occidentale una manica ampia e senza cuciture sulle spalle.
► KING SIZE
Locuzione inglese che significa, letteralmente, "misura da re". Misura fuori dal normale, più grande dell'usuale.
► KIRA [kee-ra]
Abito nazionale del Bhutan. Sopravveste femminile, composto da tre pannelli in tessuto (generalmente cotone) cuciti tra loro e disposti in modo che i disegni non corrispondano mai in maniera esatta. Le kira sono tra i manufatti tessili più preziosi e tecnicamente raffinati dell'Asia meridionale. I motivi orizzontali delle bande possono essere disposti sul corpo in direzione orizzontale o verticale. Il drappo è posto sulla sottogonna e sulla blusa, in seta o in cotone, a maniche lunghe, è fatto passare sotto il braccio destro e trattenuto su entrambe le spalle con una spilla o una fibula. I lembi, dopo essere stati opportunamente sistemati, sono chiusi con una cintura. Sulla kira è posta una giacca confezionata generalmente in broccato di seta che pone in vista le maniche della blusa (questa in colore contrastante), le quali hanno il fondo ripiegato all'esterno. La versione maschile si chiama gho.
► KITSH
Termine tedesco. Di cattivo gusto più o meno intenzionale. Si dice di chi si comporta o si veste in modo particolarmente eccentrico e vistoso.
► KNICKERBOCKER
Termine inglese. Tessuto fatto con un filato di lana cardata puntinato o rigato di solito, di peso medio, a colori vivaci, sportivo, simile al tweed, con il quale viene a volte confuso.
► K-WAY ®
Marchio, in origine francese, dal 2004 di proprietà del Gruppo Basic Net (Torino). Giacca-impermeabile antipioggia e antivento unisex, solitamente in nylon leggerissimo, prodotto per la prima volta a Parigi nel 1965. Oggi questo indumento viene realizzato in vari modelli e con i materiali più disparati, sempre impermeabili, con cappuccio, ripiegabili in una tasca-marsupio, con chiusura lampo, con l’apertura solo per la testa. Si lega in vita grazie ad una cintura elastica.
Rames Gaiba
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