13 settembre 2014

DIZIONARIO DELLA MODA: M



 MACCHINA DA CUCIRE
Sistema meccanico per la cucitura di tessuti, costituito sostanzialmente dagli organi per la formazione del punto di cucitura: ago, navetta (o crochet), griffa e piedino. L'ago ha un moto alternato di discesa, nel quale perfora il tessuto da cucire, e di salita. Nella risalita, il filo, trattenuto per attrito tra l'ago e la stoffa, si stacca dall'ago e forma un'ansa nella quale entra la navetta, dando inizio alla formazione del punto. La griffa, o trasportatore, fa avanzare il tessuto a ogni formazione di punto. Il piedino preme il tessuto contro la griffa.
Oggi vi sono speciali macchine per cucire dette unità automatiche, dotate di particolari dispositivi e software che consentono di eseguire automaticamente un'intera operazione del ciclo di lavorazione. L'azione dell'operatore si limita ad avviare, alimentare e controllare la macchina. Le macchine automatiche sono in grado di effettuare punti di cucitura e lavorazioni diverse.
  • Unità a controllo numerico - Macchina automatica che consente la riproduzione di qualsiasi profilo di cucitura, senza limitazioni di sorta.
  • Unità per l'applicazione dei taschini - Macchina automatica con dispositivo speciale che compie due operazioni distinte: la cucitura dei taschini e la piegatura del taschino stesso.
  • Unità per la confezione di una serie di asole - Macchina automatica che utilizza uno speciale dispositivo a comando pneumatico che, applicato ad una asolatrice, consente di ottenere l'avanzamento automatico e programmato del tessuto stesso.
  • Unità per cuciture lunghe - Macchina automatica in grado di eseguire cuciture ad andamento rettilineo, fino ad un metro di lunghezza e oltre. Vengono impiegate per la cucitura automatica delle pince o per le cuciture laterali dei pantaloni.
  • Unità per filetti tasche, pattine, colli, polsi, alamari - Macchina automatica con il compito di cucire le tasche a filetto. Queste operazioni sono state completamente automatizzate; infatti con dispositivi copianti di tipo elettromagnetico e tramite la pinza porta pezzi che si muove sotto la macchina per cucire si può riprodurre il profilo richiesto.      
Vi sono inoltre macchine per cucire automatiche che permettono la realizzazione di ricami e disegni personalizzati grazie all’utilizzo di software: è sufficiente connettere la macchina al personal computer e la creazione disegnata al PC viene realizzata in breve tempo su stoffa con poca fatica.

► MACERAZIONE (processo)
1. Fermentazione batterica che si fa subire alla canapa, al lino, alla juta, ecc. per favorire la separazione delle fibre tessili. Tale processo una volta era attuato facendo disgregare il tiglio dallo stelo in acqua stagnante o corrente o sui prati, senza diminuirne il peso, la forza e l'elasticità; la macerazione industriale invece è ottenuta con acqua calda o vapore prodotto da autoclavi, oppure con l'immissione di colture di batteri. 2. Tenere a lungo una sostanza in acqua o altro liquido, al fine di estrarne qualche costituente o di predisporla ad eventuali trattamenti successivi.

 MACRAMÈ
Dal turco makramà «fazzoletto» e dall'arabo màhrama «velo, fazzoletto» come nome e lavorazione, importato dai marinai liguri nel 1300 è diventato in genovese macramè. Particolare pizzo (nodo) molto pesante di annodare fili e corde. Pressoché tutti i lavori macramè si basano su due nodi: il nodo festone e il nodo piano. Quasi sempre il filo con cui si lavora è annodato attorno ad un filo portante; quest'ultimo può essere anche un anello o un bastoncino: con il termine "filo portante" ci si riferisce all'oggetto intorno a cui si formano i nodi. Il lavoro veniva eseguito su un cuscino piatto. Oggi a livello industriale è prodotto su apposite macchine elettroniche. Si può applicare a tende, copriletti, asciugamani; marginalmente usato anche nell'abbigliamento femminile come rifinitura per abiti e top.

► MACROARMATURE
S'intendono quelle che hanno passi di catena e di trama molto grandi, e sono in genere l'ingrandimento macroscopico di piccole armature fondamentali (armatura).

► MACULATO  
Dal latino macula(m); termine presente in Dante nel 1304-8. Si dice di un tessuto o capo di abbigliamento, o di qualsiasi altro materiale quando è stampato a macchie simili a quelle del ghepardo o del leopardo, o a strisce come il mantello della tigre e della zebra. I colori possono essere non solo i classici toni del marrone, ma variare a seconda della fantasia dello stilista, in quanto la caratteristica essenziale è la macchia, che riproduce il mantello dei felini citati. È una stampa amatissima dagli stilisti, che si può definire un classico.

► MADAPOLAM  
Dizione inglese di Mudapollam, sobborgo di Narasapur, in India, sede di una grossa fabbrica di cotone.
Tela di cotone leggera, generalmente candida, usata per biancheria personale e da letto, e nella camiceria.

► MADRAS
Dal nome della città indiana Madras, così chiamata dall'aramaico màdrasa, «luogo di studio», composto dal prefisso di luogo ma- e darasa, «studiare» dove, alla fine del XIX secolo, questa stoffa veniva fabbricata. Ora questa città è chiamata Chennai. 1a. Tessuto realizzato in fil coupé o garza inglese (variante dell'armatura tela), generalmente in cotone, allestito con filati di colore diverso sia in ordito che in trama. Solitamente è  a quadri asimmetrici o righe  irregolari, in colori vivaci, e di solito senza sfondo bianco. Viene anche realizzato in seta a righe e quadri sovrapposti. Può essere prodotto anche su telai jacquard. 1b. Oggi il termine madras identifica solo la fantasia (anche nella versione stampata), indipendentemente dalle fibre impiegate. La categoria di questi tessuti è tra le più libere nelle interpretazioni; si dicono madras tutti i riquadri non  classici, con note d'ordito e di trama irregolari, anche diverse fra loro. È usato nella camiceria estiva, e nell'abbigliamento nella versione leggera e trasparente per giacche da uomo e pantaloni molto vistosi, per giacche di spezzati e gonne. Si utilizza anche in arredamento.

 MADREPERLA (conchiglia)
Composto da madre + perla; dal latino medioevale mater perlarum «madre delle perle», in quanto popolarmente tale erano considerate. Sostanza dura bianca, a riflessi iridescenti, che si trova nell'interno di numerose specie di conchiglie. Le località principali per la raccolta della madreperla corrispondono soprattutto a quelle dove si trovano le perle più pregiate: Nuova Caledonia, Australia settentrionale e orientale, Tahiti, isole Gambier, le coste del Messico che si affacciano sull'oceano Pacifico, il Madagascar. Bisogna fare eccezione per Sri Lanka, dove le ostriche perlifere, molto piccole, danno un tipo di madreperla troppo sottile per essere utilizzato. Esistono qualità inferiori di madreperle, più friabili e più opache, che prendono il nome di “trocas” (nome commeciale della conchiglia) che vengono utilizzate per fare bottoni ad un prezzo più accessibile. È impiegata per fabbricare ornamenti, accessori (bottoni) e piccoli monili, spesso caratterizzati da una lavorazione artigianale e destinati ad una fascia di lusso.

 MAGLIA
Dal provenzale antico malka, o francese antico maille, a sua volta dal latino macula(m) con significato di "maglia". Intreccio ottenuto con filo continuo anziché con fili di ordito e trama, in speciali telai dove il filato ripiegato su se stesso, forma una boccola o asola di filo chiamata "maglia" che si concatena alle altre mediante il movimento degli aghi del telaio. Nel formare la boccola, l'ago, mediante il meccanismo di chiusura dell'uncino, la allaccia alla boccola precedente, realizzando la continuità del tessuto in senso longitudinale. La presenza di più aghi consente di realizzare la continuità in senso trasversale, così che il tessuto assume la forma di una superficie piana. Peraltro, mentre la continuità in senso longitudinale  è assicurata dall'allacciamento di una boccola di maglia con l'altra, quella in senso trasversale è ottenuta in due modi fondamentali: a) Alimentando tutti gli aghi di una macchina con lo stesso filo (maglia in trama); in sostanza la maglia in trama si può formare con un solo filo, disposto trasversalmente nel tessuto, anche se per accrescere la produttività o la gamma di operature si impiegano spesso più fili. b) Alimentando i singoli aghi con i singoli fili, il cui andamento è longitudinale rispetto al tessuto; per avere la continuità trasversale è necessario che il filo che alimenta un ago per formare una nuova boccola sia diverso da quello che ha formato la boccola precedente nello stesso ago (maglia in catena).

► MAGLIERIA  
Da maglia. Si intende tutte le attività industriali o artigianali volte alla fabbricazione di tessuti a maglia.

L'attività comprende le seguenti tipologie:

maglieria diminuita (maglieria calata) - Maglieria, in genere esterna, prodotta su telai Cotton e su macchine rettilinee e composta da parti e teli sagomati, nella forma richiesta dalla confezione, già nella fase di tessitura. I bordi dei teli non sono tagliati, quindi sono più resistenti e puliti; spesso sono contornati da colonne di maglie che seguono il profilo di costruzione. Risulta una migliore qualità del capo e si evitano gli scarti gli scarti di tessuto al taglio.

maglieria rettilinea - Maglieria ottenuta su macchine rettilinee con aghi a linguetta, generalmente sotto forma di teli rettangolari con una lunghezza ed una larghezza corrispondenti a quelle della taglia dell'indumento. Ciascun telo costituisce una parte dell'indumento (davanti, dietro, maniche) e riceve la sagomatura finale (collo, attacco delle maniche, ecc.) mediante taglio. Si presenta con un bordo iniziale più consistente; ciascun telo è collegato ai precedenti dai cosiddetti "ranghi di separazione" che facilitano il distacco prima della confezione e assicurandola continuità di formazione della maglia.

maglieria tubolare - Tipo di lavorazione a maglia basata sull'impiego di macchine circolari a diametro differenziato che producono tessuti di varie larghezze (privo di cimosa), corrispondenti ciascuna ad una taglia definita. La confezione dell'indumento (maglieria intima, T-Shirt) avviene senza tagliare ai fianchi il tessuto tubolare e modellandolo solo nell'attacco delle maniche e in corrispondenza del collo.

► MAGLINA  
Da maglia. 1. Nel linguaggio comune tipo di jersey molto leggero, usato specialmente nell'abbigliamento femminile. 2. Treccia di paglia toscana usata per la confezione di cappelli.

► MAGLIONE  
Accrescitivo di maglia. 
Indumento di lana a filo grosso lavorato a maglia che, generalmente, s'indossa sulla camicia o altra maglia più leggera.

► MAILOT  
Voce francese; propriamente maglia, maglione. Il suo nome deriva da un costumista parigino dell'Ottocento. Calzamaglia di colore rosa carne indossata dai ballerini. 

► MAISON  
Voce francese. Casa di moda.

► MALACCA  
Dalla penisola di Malacca (Malesia). Legno ricavato dalle canne d'India e usato per fare manici d'ombrello e bastoni da passeggio.

► MALINES  
Il nome deriva dalla città belga nelle Fiandre. 
Finissima rete a forma di losanghe.

 MALTINTO 
Tinto o tinteggiato malamente. Il maltinto è una tecnica molto versatile, conosciuta già in Giappone, con il nome shibori, fin dal VIII secolo. 

► MANCHETTE  
Voce francese. Indica il polsino.

► MANGANATURA  
Da mangano. 
Rifinitura dei tessuti di lino, o di cotone misto lino, che serve per renderli morbidi e compatti, praticata al mangano.

► MANGANO  
Dal greco mánganon1. Macchina provvista di cilindri rotanti fra i quali si fanno passare i tessuti di lino o misti per renderli morbidi e compatti. 2. Apparecchio da stiro costituito da una conca fissa riscaldata elettricamente o a vapore e da un cilindro rivestito di feltro che ruotando stira la biancheria interposta; è usato soprattutto in ospedali, alberghi, collegi e simili.

► MANICA
Parte di un indumento che copre il braccio. Può essere di varie fogge e lunghezze: lunga, cioè arrivare al polso; corta, cioè terminare in un punto compreso fra spalla e gomito; mezza, cioè terminare al gomito; trequarti cioè terminare in un punto compreso fa gomito e polso.

Manica a campana  
Il nome deriva dalla tipica forma che ricorda quella di una campana. Tipo di manica lunga, svasata fino a ottenere quasi una mezza ruota; attaccata al giro manica, ricade formando numerose canne in continuo movimento; impiegata per vestiti o camicette femminili. Detta anche da vescovo”. 

Manica a frate (manica scampanata)  
Il nome deriva dalla tipica forma caratteristica per il saio di un frate. Tipo di manica lunga che si apre in una larga svasatura verso il polso.

Manica a giro - manica così chiamata in quanto gira semplicemente attorno al braccio. Tipo di manica classica, semplice, che può essere a una, due o tre cuciture; la più adottata specialmente per i capispalla è quella a due cuciture.

Manica a guanto - il nome deriva dalla forma della manica che ricopre il braccio come un lungo guanto.
Tipo di manica lunga o a trequarti, adattata e assai stretta dalla spalla al gomito, aderente al braccio dal gomito in giù, con due o tre pinces corte sul gomito per modellare la forma e facilitarne i movimenti, con piccola apertura sul bordo per il passaggio della mano e chiusa di solito da bottoncini; usata specialmente per abiti da sera, da sposa, eleganti, classici.

Manica a kimono - il nome deriva dalla forma della manica che ricopia quella del costume nazionale giapponese. Tipo di manica lunga, costituita da un solo pezzo di stoffa, ampia e comoda, di solito di taglio dritto, senza polsino né arricciature, cucite al busto dell'indumento in un angolo a 90°.

Manica a mantella - il nome deriva dalla mantellina che prende il posto delle maniche vere e proprie.
Tipo di manica formata da una mantellina di diversa lunghezza attaccata al collo del capo, che riscende ampia in pieghe o canne coprendo il busto e riparando le braccia; impiegata soprattutto sui capispalla, giacche o cappotti.

Manica a martello - manica chiamata così per la sembianza del martello formata da ambedue le maniche se alzate in linea orizzontale che costituiscono il massello metallico, e il resto del capo in verticale che rappresenta il manico. Tipo di manica dritta, a una cucitura, a cui vengono aggiunti due carrés, uno davanti e uno dietro con pari larghezza, in modo da coprire una parte del dorso e della scollatura.

Manica a palloncino - il nome deriva dalla particolare forma sferica della manica. Tipo di manica ampia nella parte superiore del braccio, dove termina nella versione corta o stretta  dal gomito al polso nella versione lunga, sbuffante, ottenuta tramite un taglio orizzontale praticato nella metà del palloncino che permette l'ampiezza desiderata, e raccolta sul bordo in arricciature o piegoline di un listello.

Manica a pipistrello - il nome deriva dalla particolare forma delle maniche che ricordano le ali di un pipistrello. Tipo di mezza manica o manica lunga, larga all'attaccatura che va restringendosi verso il polso, di cui esistono due versioni: a) una con un tassello sotto il braccio, di varie forme (a rombo, quadrato, ecc.), a seconda del capo su cui viene applicato per facilitare i movimenti del braccio; b) l''altra versione senza tassello, che richiede però tessuti morbidi, magari elastici, che non ostacolano i movimenti dell'arto. La manica può essere cucita al giromanica o formare un pezzo con il davanti e un altro pezzo con il dietro del dato indumento, e in seguito essere congiunta con due cuciture.

Manica a prosciutto - il nome deriva dalla particolare forma della manica che ricorda un prosciutto intero. Tipo di manica lunga, stretta dal polso al gomito e che da qui si allarga fino a raggiungere un'ampiezza molto pronunciata all'attaccatura, terminando con piegoline o arricciature che vengono raccolte dal giromanica; può essere cucita in un solo pezzo, oppure in due pezzi uniti assieme: la parte stretta separata dalla parte ampia; in ambedue le versioni la parte attillata viene chiusa da bottoncini per rendere possibile il passaggio della mano e garantire una perfetta aderenza. È anche chiamata manica a gigot, dal francese, dove il termine indica il «prosciutto».

Manica a raglan - dal nome di Lord Raglan (1788-1855) inventore dell'omonimo cappotto confezionato con le suddette maniche. Tipo di manica di varia lunghezza, del tipo a una cucitura, attaccata a raggio dalla base del collo (senza tener conto del normale giromanica), ossia a cui vengono uniti due ridotti carrés coprenti la spalla davanti e dietro del corpino e parte dell'incollatura; in corrispondenza del centro manica si trova la cucitura che divide la parte anteriore e posteriore.

Manica a sbuffo - il nome deriva dal caratteristico sbuffo sul bordo prima del polsino. Tipo di manica corta, inserita al punto spalla di alcuni indumenti, allungata sul fondo, dove viene raccolta in piegoline o arricciature da un polsino.     

► MANICHINO
Dall'olandese mannekijn, diminutivo di man, uomo, tramite il francese mannequin. Fantoccio, che può essere articolato, di cartapesta o altro materiale, riproducente il tronco o l'intera figura umana, usato per provare o esporre vestiti come modello, nelle vetrine dei negozi d'abbigliamento. Quando pensiamo a questo oggetto, ci raffiguriamo subito il classico busto (oggi migliorato nei materiali e nelle tecniche di utilizzo), maschile o femminile, privo di braccia o testa, sorretto da un piedistallo in metallo, regolabile, dotato di un pomello superiore che serve per ottenere le varie taglie evidenziate dall'apposito segnalatore posto sul collo; le due leve poste nella parte inferiore, invece, servono rispettivamente per alzare o abbassare il seno e per aumentarlo o diminuirlo; su alcuni modelli opportunamente predisposti è possibile inoltre applicare le braccia. Nel nostro tempo l'industria dell'abbigliamento utilizza, sempre più, dei software integrabili con i sistemi per il taglio e il disegno che permette di verificare la vestibilità di un capo in modo virtuale, stando seduti davanti a un computer. La visualizzazione tridimensionale consente la verifica delle proporzioni del capo d'abbigliamento, nonché l'assemblaggio delle sue componenti, prima che venga effettivamente cucito. Questi applicativi permettono anche la rotazione immediata del modello nello spazio tridimensionale, in tutte le taglie programmate, per prendere visione dii ogni punto dell'abito; la visualizzazione istantanea di nuovi tessuti, colori. Ciò è di grande vantaggio per le industrie che possono risparmiare tempo, manodopera e materiali, soddisfano con tempi di approntamento decisamente più veloci le esigenze della clientela.

► MANNEQUIN  
Voce francese, che a sua volta deriva dall'olandese mannekijn, il quale altro non è che il diminutivo del tedesco man, "uomo", e, quindi, "piccolo uomo, omarello". 1. È un modello di legno (manichino) che riproduce il corpo umano e che viene usato per la posa degli abiti e per l'esposizione. 2. Indica anche chi indossa e presenta le nuove creazioni nelle sfilate di moda. 

► MANO
Termine tecnico con cui si cerca di esprimere il tatto: indica la sensazione che si ricava toccando tessuti, filati o maglie fra i polpastrelli delle dita. È un concetto empirico, ed è legato ad elementi che non si possono sempre definire razionalmente, quali la morbidezza, la voluminosità, il recupero elastico dopo compressione, la scivolosità, la sensazione di calore o di freschezza, l'estensibilità in lunghezza e larghezza con il conseguente maggior recupero elastico, ecc. Si parla quindi di "mano" morbida, soffice, pastosa; oppure secca, dura, rigida, liscia, dolce, levigata, fine, serica, gonfia, voluminosa, nervosa e scattante; ruvida, rustica, molle, oppure sostenuta, ecc.

► MANOPESCA
Termine di fantasia per indicare le stoffe con una superficie simile alla pesca.

► MANOPOLA
1. Risvolto della manica in un capo d'abbigliamento (cappotto, ecc.). 2. Particolare modello di guanto, in cui solo il pollice è diviso dalle altre dita.

► MANTELLA  
Dal latino mantellumIndumento, specialmente femminile, ampio e lungo, anche fino a terra, di forma rotonda e senza maniche, spesso con cappuccio. S'indossa appoggiandola sulle spalle, sopra tutti gli altri vestiti, per proteggersi dal freddo. È tenuta ferma da un fermaglio a catenella sotto il collo, ma può essere allacciata fino in fondo. Le più sontuose sono in pelliccia, per la sera anche in velluto imbottito o più leggere in raso e taffetà.   Sinonimo: redingote. Il mantello, nella versione maschile, fu usatissimo lungo tutto l'800. Era quasi scomparso o aveva cambiato foggia, tanto da assumere nomi diversi (tabarro, ecc.). È tornato alla ribalta dagli anni '60 in poi.

F
rancesemanteau, che significa anche "cappotto". Inglese: Cloack cape

► MANTELLINA 
1. Mantello femminile di piccole dimensioni: di solito lungo fino a metà braccio.  2. Spesso rifinitura di un abito di uguale colore e stoffa.

MANTILLAS | MANTILLA
La mantillas è un elemento tipico dell’abbigliamento tradizionale spagnolo. L’origine nell’uso della mantillas non è certo né chiaro, ma è opinione comune che i primi mantelli e veli utilizzati dalle donne sia come adorno che come riparo (il periodo è quello degli Iberi, VI secolo a.C.) abbiano dato vita alle prime mantillas. L’evoluzione di questo “indumento” è stata segnata soprattutto da fattori sociali, religiosi e persino climatici. Questi ultimi si notarono soprattutto nell’uso del tessuto scelto per realizzare la mantilla: nelle zone del nord, infatti, i tessuti erano più spessi perchè la mantilla serviva anche come riparo da vento, freddo o pioggia; nella zona del sud invece si utilizzavano tessuti più leggeri, come la seta, il cui fine era puramente ornamentale. Le mantillas si dividevano quindi in “mantillas de fiesta”, le più decorate e ricercate, e le “mantillas de diario”, più semplici e pratiche, indossate tutti i giorni.   Socialmente, le prime a portare le mantillas furono le donne del pueblo: l’aristocrazia e le classi sociali più elevate non ne facevano uso, e all’inizio venivano usate senza pettine (la peineta), posto posteriormente, più come un indumento che come ornamento. Agli inizi del secolo XVII si assistette ad una evoluzione nell’uso della mantilla, che divenne sempre più un indumento ornamentale femminile, utilizzata quindi proprio come “accessorio” e prendendo il posto dei copricapi e velette. Questa evoluzione si attesta ancora tra le classi più umili, e perchè la mantilla venga utilizzata anche dai ceti più agiati bisognerà aspettare fino al XVIII secolo. Attualmente la mantilla si indossa quasi esclusivamente ai matrimoni, solo nelle cerimonie religiose (non civili), durante la Settimana Santa, danze e feste popolari.
I tessuti oggi più utilizzati sono principalmente tre:
Blonda, Chantilly, Tulle.

► MANTO  
Dal latino mantus, da mantellum, mantello. 1. Veste ampia e lunga senza bavero e con lo strascico, progenitore del mantello. 2. Oggi però è voce usata soltanto ad indicare il mantello reale, principesco, dei pontefici, dei cardinali, di parata, ecc.

► MANTÓN DE MANILA 
Scialle generalmente quadrateggiante, di grandi dimensioni con le frange (flecos) che può arrivare a superare i 2 metri di larghezza, che accompagna quasi sempre i vestiti femminili tipici della Spagna, a cominciare dal traje de flamenca.  Il tipico Mantón de Manila è in tessuto leggero di raso (per portarlo comodamente sulle spalle), con finissimi ricami; più i flecos (frange) sono lunghi e/o folti più assicurano una buona caduta e, quindi, una maggiore resa estetica. Da non confondersi con la Mantillas.

► MARABÙ (tessuto)  
Da marabù, per la somiglianza con le piume dell'uccello. Tessuto pregiato di organzino a forte tensione.

► MARCELLINA  
Dal francese martellineTessuto leggerissimo di seta soffice e morbida, simile al taffetà, solitamente impiegato per abiti.

► MAREZZATURA
Da marezzare. Operazione di finitura del tessuto che modifica la struttura superficiale del tessuto con deformazione dell'intreccio, così da cambiare il comportamento alla luce riflessa. Il tessuto assume l'aspetto caratteristico che può essere paragonato alle venature del legno o di altri effetti fantasia (moiré)

► MARGINE
Tessuto in più aggiunto a 1) a una cucitura; 2) a un capo per facilitare il movimento; 3) per creare pieghe e arricciature.

► MARSINA      
Il nome deriva dal conte belga Jean de Marsin, cche comandava le truppe spagnole in Fiandra. 1. Giacca maschile, apparsa verso la fine del '600 e rimasta in uso per circa tre secoli. Nello stesso periodo è detta anche «giamberga», specialmente nell'Italia meridionale e «velada», a Venezia. Era un modello a falde lunghe, spesso in velluto ricamato o riccamente guarnito, per lo più indossata con la sottomarsina, cioè una giubba finta. Fino al 1730 è ampia, lunga al polpaccio, con falde quadrate davanti e dietro. I bottoni in materiale prezioso, come le asole, avranno valore ornamentale. L'abbottonatura giungerà fino al ginocchio. Le maniche aderenti con paramani ampi e con risvolto e abbottonatura molto evidenti. La marsina raramente avrà il colletto; le tasche con alette sagomate, a forma orizzontale e bottoni. Anche con maniche a gomito. Dal 1795 sarà priva di occhielli (in quanto era assolutamente di cattivo gusto allacciarla davanti), ne saranno consentiti due soli, in alto, ma solo per porvi un fiore. Dalla fine del '700, adeguandosi alla moda, verrà sostenuta anteriormente con stecche di balena e le «code» con crine, in modo da staccarsi dalle gambe. 2. Sopravveste femminile, che alla fine del '600 sostituisce la zimarra, da portare aperta sul sottanino (vestura), permettendo lo sfoggio di frivole pettorine. Oggi con questo termine, impropriamente, si intende il frac. 

► MARSUPIO 
Dal latino marsupium "borsa", dal greco antico μαρσύπιον, marsúpion, diminutivo di μάρσιππος (mársippos), sempre "borsa". 1. Nell'abbigliamento si definisce una grande tasca posta all'altezza della vita sul davanti degli indumenti di linea sportiva, aperta su ambedue i bordi laterali. 2. Borsello piccolo e versatile che si lega in vita con una cintura lasciando libere le mani, ha poche tasche chiuse da cerniere lampo.

► MARTINGALA  
Dal francese martingale, forse dal provenzale martegalo. Tratto di cintura più o meno breve "mezza cintura", generalmente dello stesso tessuto del capo al quale è fissato, inserito posteriormente di solito all'altezza della vita, che può essere regolabile (stringere sul dorso) o avere una funzione anche solo decorativa; normalmente applicata in giacche e cappotti e capispalla, a volte anche sugli abiti femminili; fissata da due bottoni.

► MANSWEAR  
Termine inglese. Voce generica con cui si usa definire l'abbigliamento maschile.

MASH UP
Un mix di diversi stili, fantasie e epoche che crea un look unico.

MASSAUA (Africa)
Tessuto di cotone pesante e spesso su armatura saia o levantina da 3, con diritto a righe diagonali a struttura serrata, fabbricato con filati cordati a titolo grosso. Usato generalmente per la confezione di tute, divise coloniali e abiti da lavoro.

► MATASSA  
Dal latino metaxa o mataxa, seta, cordicella. 1. Filato avvolto a mano o con l'aspo, disposti ordinatamente su se stesso in più giri incrociati. 2. Confezione dei filati avvolti ad anelli o a strati successivi, eseguita quando si deve effettuare la tintura prima della tessitura o per effettuare il trasporto del prodotto con minor costo. Può essere a fili incrociati o paralleli.

 MATELLASSÉ  
Termine francese che significa "materassato" ossia "imbottito". Tessuto con superficie a rilievi leggermente imbottiti, con disegni tipo damasco. L'effetto si ottiene su tessuti doppi usando armature diverse, opportunamente intrecciate tra di loro.

► MAXI
Termine che definisce la lunghezza di gonne, abiti e capisplalla che, di linea spesso ampia, giungevano a sfiorare la caviglia.

► MEDALLION  
Voce inglese di provenienza francese, che significa "medaglione". Indica la decorazione a traforo sulla punta della scarpa da uomo. In italiano si dice "fiore in punta".

► MÉLANGE | MÉLANGES 
Voce francese. 
Indica una mescolanza di tinte sia nei filati che nei tessuti. Può essere tono su tono con effetto fuso e sfumato oppure con colori in netto contrasto. Nei filati di diverso colore le fibre sono state mescolate prima della filatura, cioè in fiocco. In italiano: mescolanza.

► MELTON 
Dal nome della piccola città inglese di Melton Mowbray, nella contea di Leicestershire dove veniva originariamente fabbricato un particolare panno di lana, molto feltrato. 1. Apparecchio per la follatura dei tessuti. Sinonimo in italiano di follone.   2. Tipo di procedimento a cui possono essere sottoposti i tessuti cardati di lana pura o in mischia, consistente essenzialmente in una follatura a fondo che conferisce al manufatto una mano molto dolce e morbida, e lo rende termocoibente e quindi adatto all'impiego nella confezione di stoffe per cappotti, divise, ecc. Le armature più usate sono la batavia e la tela. 2.1. Per estensione anche tessuti trattati con questo procedimento.

MELTON (panno)
Il termine indica nella confezione il panno impiegato nel sottocollo della giacca classica e dei cappotto.

► MERCEOLOGIA (tessile)
Ramo della tecnologia che studia le fibre tessili secondo le loro origini, fonti e sistemi di produzione, requisiti, valore commerciale, modi di trasformazione e conservazione, ecc. Tratta anche delle alterazioni e delle sofisticazioni.

► MERCERIA
Dal francese antico mercerie, derivato di mercier "merciaio". 1. Insieme di prodotti per lavori di cucito (filati, aghi, spille, bottoni, rivetti, ecc.) ed articoli minuti (nastri, spalline e similari). Sinonimi: chincaglieria, minuteria. 2. Per estensione negozio che vende articoli da cucito e minuti, o utilizzati a scopo domestico per lavori di sartoria (fra cui anche fodere, interfodere, ecc.), ed in taluni casi (ora è rimasto solo nei negozi di piccoli paesi) anche abbigliamento intimo.

Francese: Mercerie - Inglese: Haberdashery - Tedesco: Kurzware | Zutaten - Spagnolo: Artículos de mercería

► MERCERIZZATO 
Tessuto o filato di cotone sottoposto al trattamento di mercerizzazione per cui diventa più lucente e più resistente. Inglese: mercerized

 MERCERIZZAZIONE (MERCERIZZO)
Ind. tess. - Trattamento di finissaggio per i filati e tessuti di cotone, ma talora anche sul lino, che consiste nel trattarli con soda caustica, concentrata a 30° Bé (Baumé), ad una temperatura di 10/15°C. Si possono mercerizzare anche tessuti di cotone misto a rayon viscosa, per i quali i parametri più indicati sono 13° Bé ed una temperatura del bagno di circa 20°C. A causa delle difficoltà di penetrazione della soda, è necessario adoperare sostanze imbibenti. Solitamente il materiale tessile viene gasato (gazatura) prima di essere mercerizzato, ma le due operazioni possono essere invertite. La mercerizzazione fa sì che la fibra, appiattita e dotata di convulsioni attorno al proprio asse, si rigonfi fino ad assumere una forma tondeggiante mentre si accorcia: essa diventa più lucida di quanto non fosse originariamente e più resistente del 20%. Talvolta il mercerizzo viene condotto a bassa concentrazione per migliorare la ripresa di coloranti e la lucentezza, ed in tal caso si parla di semplice sodatura. La fibra viene poi sottoposta a trazione in una ramosa ove è irrorata con acqua per eliminare l'eccesso di alcali, mentre un lavatore posto all'estremità della ramosa elimina le ultime tracce di soda caustica. Per l'elevata tensione che può essere esercitata sul tessuto, la macchina a catena è la più idonea per realizzare una mercerizzazione con un alto grado di brillantezza, ma per la maggiore compattezza e resa sono solitamente impiegate macchine a cilindri. Si tratta comunque di macchine completamente automatizzate, per cui la pezza, dopo i risciacqui, esce mercerizzata e pronta per le lavorazioni successive. Per i tessuti a maglia, vista la particolare struttura del tessuto, la macchina è dotata di cilindri motorizzati che evitano al tessuto sollecitazioni eccessive.

► MERINO 
1. Razza di pecora che produce una lana finissima e pregiata, a fibra lunga e fine, molto morbida e soffice, attualmente la più famosa e diffusa in tutto il mondo, sviluppatosi nel tempo dall'Oriente Asiatico in Europa, in Australia, ecc. 2. Tessuto leggero, spinato a due diritti ottenuto con lane di qualità fine e finissima.

► MERLETTO  
Diminutivo di merlo, cioè le frastagliature che ornano le mura di cinta dei castelli medioevali e dagli el ementi architettonici dei palazzi veneziani. 1. Caratteristico intreccio di fili svariatissimi a formare trecce, spighe ed altri motivi decorativi a punti radi o a nodi. Arte manuale antichissima un tempo realizzato ad ago (è il merletto per eccellenza, per il suo valore artistico, per il suo pregio e per la sua raffinatezza) a  tombolo.   Quando si presenta di un supporto si deve parlare di ricamo. A partire dal 1800 inizia la «lavorazione meccanica». Al giorno d'oggi taluni merletti quali i pizzi agoimpunturati, i tomboli, i merletti all'uncinetto possono venir riprodotti da macchine elettroniche con buona precisione, tanto che il consumatore medio non è in grado di distinguere se essi sono eseguiti a mano o a macchina. Solitamente per le varianti più pregiate sono utilizzati filati di lino o seta, ma per le varietà di pizzi di qualità corrente si impiegano filati di cotone, raion ed altre fibre. Si definisce anche pizzo o trina. 2. Trina a fuselli si definisce così in quanto è eseguita per mezzo di fuselli su una specie di cuscino chiamato tombolo.

► MESSICANA
Tessuto particolare con fondo unito e parzialmente operato, a fasce. Presenta più catene di cui una serve per il tessuto di base, l'altra o le altre per ottenere effetti di disegno longitudinali. La catena di effetto forma sul diritto del tessuto delle briglie più o meno lunghe, che coprono il tessuto di fondo e quando non lavora sul diritto forma le stesse briglie sul rovescio. Fa parte dei broccati. È impiegato per camiceria, tovagliati, ecc.

► MESSINCARTA 
Rappresentazione grafica di una armatura dove indica la costruzione richiesta dei fili per la costruzione del tessuto che, il disegnatore tessile, fino a tempi recenti preparava esclusivamente a mano (lavoro molto lungo e minuzioso, tanto più complesso quanto più il disegno è ricco di varianti di armatura e di sfumature di colori) preparando su un foglio di carta quadrettata, ma oggi viene quasi sempre effettuato sul computer. Lo schema su carta viene poi riportato sul cartone del telaio per mezzo di un meccanismo detto "leggio" oppure attraverso uno scanner che trasmette i dati ad una perforatrice; il cartone perforato viene quindi posizionato sul telaio. Attualmente esistono telai elettronici in cui la funzione del cartone perforato è svolta da un semplice disco numerico. Questa operazione è necessaria quando si prepara un telaio per una particolare armatura o effetto di colore, in quanto esso indica lo specifico liccio al quale ogni filo d'ordito deve appartenere. I quadrati orizzontali rappresentano i fili di trama mentre quelli verticali rappresentono l'ordito. Il principio fondamentale è quello di annerire (colore scuro) un quadretto della carta quando il filo d'ordito è sollevato su quello di trama e di lasciare bianco (colore chiaro) invece un quadretto quando il filo di trama è sopra il filo d'ordito; i fili d'ordito, scuri, possono essere indicati con numeri arabi e i fili di trama, chiari, con numeri romani. Le diagonali vengono contrassegnate da una freccetta al piede, indicante la direzione della costa e portante al di sotto della sbarra il numero dei fili in riposo e al di sopra il numero dei fili in alzata. Quando vi sono più quadretti bianchi consecutivi in orizzontale abbiamo uno slegamento di trama. Quando vi sono più quadretti neri consecutivi in verticale abbiamo uno slegamento d'ordito. In alcuni casi, quando la rappresentazione su carta quadrettata non è sufficiente per rendere l'idea dell'intreccio, viene rappresentata una sezione schematica del tessuto, dove sono più evidenti le evoluzioni dei fili e delle trame. Questa rappresentazione prende il nome di "profilo". Si hanno profili di ordito quando è visibile l'evoluzione del filo di ordito rispetto alle trame sezionate; i profili di trama mostrano invece l'evoluzione della trama rispetto ai fili sezionati.

► METALLICA (fibra)
Fibra formata da metalli trafilati o da sottili listelle di metallo.

► METALIZZATA (fibra)
Fibra formata da metalli o leghe e da sostanze non metalliche, a copertura o supporto.

► METRAGGIO  
Dal francese métrageIl misurare a metri; quantità di un determinato materiale espressa in metri.

 METRO A NASTRO IN TELA
Chiamato impropriamente metro o "centimetro", non misura un metro, ma un metro e mezzo e corrisponde a dm 15, a mm 1500 e a 59 pollici inglesi.   Questi metri sono costituiti da una fettuccia di tessuto, su cui è tracciata la scala graduata. La scala può essere direttamente stampata sul tessuto, o più comunemente, il tessuto viene plastificato, e la scala viene stampata sullo strato plastificato. Tradizionalmente i nastri vengono realizzati in tela resistente plastificata (un esempio sono i metri per i sarti); ultimamente però si tende ad usare tessuti in fibra di vetro, che garantiscono una maggiore resistenza all'allungamento e una maggiore stabilità strutturale nel tempo. Malgrado ciò, questi strumenti non garantiscono alta precisione e pertanto vengono usati dove questa non necessità. Normalmente la loro risoluzione è di 5 o 10 mm. Il grosso vantaggio di questi metri risiede nella notevole flessibilità, che permette di fare rilievi su superfici curve (esempio rilevare piccole circonferenze). Sinonimo: nastro centimetrato.

► MEZZA TELA  
Da mezzo + tela. Tessuto formato dall'intreccio di lino e cotone.

► MEZZALANA 
Tessuto dove la lana viene mescolata a canapa e fibre vegetali (cotone, ecc.) o raion. Si producono tappeti, manufatti ed accessori in maglia.

► MICRELLE 
Tessuto con pile e microfibra insieme, 100% poliestere.

► MICRO
Abito o gonna estremamente corti, che coprono appena i glutei.

► MICROFIBRA     
Da micro + fibra. Il tessuto che comunemente chiamiamo "microfibra" è, in realtà, il nome sintetico per definire una tecnofibra. (High-Tech) realizzata con filati a bava continua la cui finezza è pari o inferiore a 1 decitex (contro i 3 decitex di una fibra chimica classica), ottenuta con fibre sintetiche (principalmente, poliammide o poliestere) sia attraverso l'elaborazione di fibre artificiali (viscosa).  Le microfibre con titoli inferiori a 0,3 decitex sono dette "super-microfibre". Generalmente più fine è la fibra e più si ottengono tessuti dal look unico, leggeri e robusti, ingualcibili, morbidi e lisci, dalla mano delicata e dall'eccellente drappeggio. Tuttavia, se il titolo è troppo fine, il tessuto risulterà floscio piuttosto che morbido. I tessuti di microfibra sono di facile manutenzione, lavabili a macchina, durevoli e mantengono la forma originaria. Si realizzano tessuti che sono filtranti (lasciano respirare la pelle, e consentono al sudore in forma di vapore acqueo di sfuggire all'esterno) e anti-vento (grazie ad una contestura molto serrata). La lavorazione smerigliata rende il tessuto, in 100% poliestere, caldo e morbido come la lana. Per i tessuti per esterni le microfibre sono spesso in mischia con filati naturali (spesso viene scelto il cotone per il suo aspetto e per le sue capacità assorbenti). Le mischie di microfibra possono risolvere molti problemi, ma per le più alte prestazioni sono migliori i materiali in pura microfibra. Le fibre sintetiche sono diventate più attraenti grazie alle recenti ricerche sulle microfibre. I principali nomi generici di questo gruppo di fibre sono poliammide, poliestere, polipropilene, acetato, acrilico, viscosa ed elastam, dalle quali deriva una miriade di marchi commerciali. Le microfibre erano utilizzate inizialmente per l'abbigliamento sportivo e tecnico ed oggi fanno parte anche dell'abbigliamento cittadino e della moda, per l'intimo, il tempo libero e per il tessile d'arredamento.

► MICRON  
Dal greco micron, neutro di micròs, "piccolo". Unità di misura del diametro (finezza) delle fibre. Corrisponde a 1/1000 di millimetro. Lo si determina con due sistemi: microscopio a proiezione (detto anche lanametro) e dell'apparecchio air-flow.

► MICRONAIRE (MIC)
È un'unità di misura convenzionale della permeabilità all'aria delle fibre di cotone. Viene spesso utilizzato come indicazione della finezza e della maturità delle fibre. La finezza e la maturità delle fibre sono fondamentali per la lavorazione delle fibre. La misurazione del Micronaire del cotone influisce su: a) scarti di lavorazione; b) neps (nodi di fibra aggrovigliata); c) prestazioni di filatura; d) qualità del filato e del tessuto; e) aspetto del tessuto tinto. 
Il metodo è basato sulla resistenza alla pressione di un flusso di un fluido comprimibile (aria) che attraverso un contenitore con una determinata massa di fibre di cotone dal volume fisso e del peso di 3,24 grammi. Un indicatore galleggia per effetto della pressione nel tubo di misurazione che viene espresso in microgrammi per pollice quadrato: la permeabilità all'aria viene poi tradotta in un indice di finezza della fibra, il Micronaire. Le fibre più sottili compattandosi offrono maggiore resistenza al passaggio dell'aria. A fibra più fine corrisponde un valore in Micronaire più basso.      

► MIDI
Modello di gonna o abito lungo fino al polpaccio. Si definisce anche longuette.

► MIKADO  
Termine giapponese. Tessuto in seta rigida.

► MILLERIGHE
1. Tradizionale disegno di tessuto a piccole righe verticali molto fitte, che si ottiene sia in armatura tela (fil-à-fil) sia in armatura a batavia, alternando fra trama e ordito due fili chiari con due fili scuri a catena. 2. Oggi si chiamano così anche tutti i rigati fitti oppure le stoffe a coste o a costine molto sottili e ravvicinate (velluto millerighe). Quando è di lana, il millerighe, può pesare dai 230 ai 450 gr/ml.

► MINI
Abito o gonna che terminano molto al di sopra del ginocchio.

► MINIABITO NERO 
Comparso per la prima volta negli anni venti e basato sulle linee della camicia, è divenuto un elemento essenziale del guardaroba femminile e indispensabile come abito da cocktail.

 MINIGONNA
Composto dal prefisso mini, che assume il significato di «corto», + gonna; calco sull'inglese mini skirt (voce attestata dal 1965) riportata in italiano con il significato di «gonna corta» Gonna molto corta, con punto vita abbassato, che lascia scoperta la gamba almeno fin sopra al ginocchio (inizialmente 10-15 cm sopra al ginocchio); spesso si usano tessuti elasticizzati, e può essere completata da calzamaglia o collant o fuseau. Altro sinonimo in italiano: mini.  

► MINUTERIA 

Metalli lavorati di piccole dimensioni e foggia varia, che ha per lo più funzione ornamentale o viene impiegato per lavorazioni (rivetti, bottoni, aghi, spilli, ecc.).

► MISCHIA (delle fibre)
Termine generico con cui si intende: sia la miscelazione accurata di due o più fibre non omogenee, sia una composizione dosata di diversi tipi di fibre simili, adatte ad essere convertite in filato. Le finalità delle miste sono varie: diminuire il costo con una componente di basso prezzo; ottenere una combinazione di caratteristiche non possedute completamente dalle singole fibre; realizzare particolari effetti estetici.

► MISE  
Voce francese, dal verbo mettre, "mettere". 1. Modo di vestire, abbigliamento. 2. Per estensione indica il completo, l'insieme di capi di vestiario indossati, la tenuta che s'indossa (con particolare riferimento alla cura e all'eleganza degli accostamenti).

MISURA
Dal latino mensura, da mensus, participio passato di «metìri» ‘misurare’. Rapporto fra una grandezza e un’altra di riferimento; dimensioni; quantità.

► MOCASSINO  
Dal francese mocassin, derivato dall'algonchino, indiano d'America, mockasinIl termine oggi indica vari tipi (→  College, →  Loafer, ecc.) di scarpe in cuoio morbido, sfoderate e con una suola flessibile, priva di allacciatura. Il vero mocassino dovrebbe avere una tomaia che fascia il piede nella parte inferiore, come il modello usato dai pellerossa. Nell'area angloamericana la scarpa moccasin-style rientra fra i tipi detti slip-on, ossia facili da infilare. Nasce dall'abitudine degli indiani d'America di fasciarsi il piede con uno scampolo di pelle morbida. Calzatura, nella loro lingua, si dice mocassino.

Inglese:
Loafer.

► MODA  
Dal latino modus, "foggia, maniera"; nell'italiano entra intorno alla metà del Seicento come prestito dal francese modeManiera di abbigliarsi o di acconciarsi legata ai gusti e ai canoni di un determinato periodo o epoca storica; o "il fenomeno sociale del mutamento ciclico dei costumi e delle abitudini, delle scelte e del gusto, collettivamente convalidato" [U. Volli, Contro la moda, Feltrinelli, 1988, p. 50]. Nel linguaggio la parola "moda" è usata, con diverse sfumature di significato, in una serie di locuzioni: "alla moda", "di moda", "di gran moda", "andare di moda". Possiamo parlare di moda anche in riferimento alle diverse linee e tendenze, che nel tempo hanno influenzato il cambiamento di abiti e stili dell'apparenza relativi a funzioni rituali, politiche, militari. Tuttavia, caratteristico di ciò che chiamiamo "moda", almeno dal 1895, quando Geog Simmel scrisse il suo fondamentale saggio [La moda], è l'effettiva dimensione di massa del sistema. "Da quando è possibile riconoscere l'ordine tipico della moda come sistema, con le sue metamorfosi e con le sue svolte, la moda ha conquistato tutte le sfere della vita sociale , influenzando comportamenti, gusti, idee, arti, mobili, vestiti, oggetti, linguaggio. In altri termini , da quando è apparsa in Occidente alla fine del Medioevo, non ha un contenuto specifico: è un dispositivo sociale definito da una temporalità molto breve e da cambiamenti veloci, che coinvolgono ambiti diversi della vita collettiva" [D. Calanca, Storia sociale della moda, Bruno Mondadori, 2002, p. 8]. Rispetto a moda il termine costume [...] rimanda al concetto di sistema, di struttura, ossia a un insieme di norme, di regole collettive" [D. Calanca, op. cit., p. 7].

► MODACRÌLICA  
Da mod(ificare) + acrilico. Fibra tessile sintetica derivata dalla fibra acrilica, chiamata anche acrilica modificata, che contiene almeno il 35% di acrilonile. È ottenuta per capolimerizzazione del cloruro di vinile e dell'acrilonitrile. Viene posta in commercio sotto forma di fiocco o tow crettato, greggio o tinto in pasta. Caratteristiche: ottima resistenza alla fiamma (caratteristica premiante per ambienti pubblici o privati, regolamentati da precise normative di "prevenzione al fuoco", tenacità, stabilità dimensionale, resistenza alla luce ed ai lavaggi. Morbida al tatto, buona tingibilità, solidità e brillantezza dei colori, resistenza agli agenti chimici, facilità di manutenzione, elevata protezione termica, atossicità. Impieghi: tessuti per arredamento (tappeti, tendaggi, coperte e copriletto, rivestimento mobili); tessuti per selleria; tessuti per mezzi di trasporto (aerei, treni, navi, auto, ecc.); tessuti a pelo per pellicce ecologiche, tute, giocattoli e peluche; abbigliamento domestico e protettivo; pavimentazione tessile; filtri.

► MODAIOLO
Termine che si compone di moda e iolo, quindi come tutti i vocaboli che finiscono in “iolo” si riferiscono a una occupazione, o a uno stato che riguarda il nome che li precede. Chi segue pedestremente le tendenze imposte dalla moda, costantemente aggiornato alle nuove tendenze.

► MODAL  
Fibra tessile artificiale cellulosica, ad alto modulo elastico ad umido, derivata dalla viscosa modificata ma con una migliore tenacità, in cui si è voluto riprodurre le elevate proprietà meccaniche ed elastiche a umido caratteristiche del cotone, che sono all'origine delle considerevoli doti di "mano" e di stabilità dimensionale, proprie dei tessuti di cotone: in tal modo è possibile sommare al pregio della resistenza ai finissaggi delle fibre cellulosiche artificiali, la resistenza ai lavaggi del cotone. La fibra, che non esiste sotto forma di filo continuo ma solo in fiocco, è realizzata nei tipi lucido e opaco; il titolo della bava va da 1,3 a 15 denari; il taglio da 27 a 120 mm. Dal punto di vista tintoriale le fibre ad alto modulo si comportano in modo analogo alle altre fibre cellulosiche. Per esse sono utili tutti i tipi di coloranti adatti alla tintura del cotone e del fiocco tradizionale. Rispetto alle fibre come il cotone, il modal è considerato più sostenibile, poiché sono necessarie meno acqua ed energia durante la produzione e la lavorazione. Caratteristiche: mano morbida, ottica brillante, eleganza dei tessuti. Ha un buon assorbimento di umidità, robustezza e traspirabilità oltre che essere resistente alle pieghe. Nell'intimo è piacevolmente morbido e ha un effetto rifrescante sulla pelle. Ottimo partner di mischia per cotone, lana e sintetici. Impieghi: camicie, camicette, abiti, denim, abbigliamento sportivo e per il tempo libero, lingerie / intimo, tovaglie, asciugamani. 

La tecnica, lo studio, l'attività, l'arte di creare modelli.

Le principali fasi di fabbricazione di un capo sono:
  1. la creazione,
  2. le operazioni antecedenti la confezione,
  3. la confezione,
  4. la finitura
La creazione comprende il disegno e la modellistica del capo. Per definizione, questa è la fase maggiormente creativa; determina la natura del prodotto ed il modo in cui esso verrà lavorato. Il disegno tiene conto delle tendenze di moda, delle variazioni nel gusto e nel comportamento del consumatore, nonché dell'immagine di marchio del produttore.
Lo sviluppo taglie consiste nel riprodurre il prototipo in ognuna delle taglie in cui esso deve esser realizzato; scopo del piazzamento è quello di determinare come debba essere tagliato il tessuto onde ottenere le varie parti del capo. Il taglio è perciò la fase di produzione di questi componenti dal tessuto, di norma dopo la faldatura. La modellistica determina il metodo di costruzione del capo. La seconda fase riguarda tutte le operazioni precedenti la confezione, prime di tutte lo sviluppo taglie ed il piazzamento.

► MODELLI UNICI
Questi modelli di non giungono mai nei negozi, ma sono realizzati per attirare l'interesse della stampa e promuovere lo stilista presso un pubblico più vasto.

MODELLO BASE
Forma essenziale di un capo, che costituisce il punto di partenza per il tracciato di un modello. 


► MODELLO DI PRODUZIONE 
Il modello in cartoncino, corretto da ogni errore, con tutti i segni e le tacche necessarie, usato per la produzione di un singolo capo, che può servire serve da guida per il taglio del tessuto. Riproduce le linee di un capo di abbigliamento e/o di sue singole parti.

► MODELLO | MODELLA (persona)
Persona che indossa o presenta capi ed accessori di abbigliamento durante le sfilate di moda.

 MOHAIR 
Termine francese; dall'arabo Mukhayyar, "stoffa di lana" e dall'inglese aire, "pelo". Fibra naturale di origine animale che si ricava dal vello della capra di Angora; dalla tosa dell'animale adulto si ottiene una lana nolo pregiata. Il colore bianco del mantello (Titftik) è quello predominante, che è anche quello più apprezzato in quanto il pelo può assumere qualunque altra tinta; vi sono però anche una varietà nera (Siyah Filik), una varietà marrone (Sara Filik) ed una rosata (Filik). Non è ben definita l'origine delle varietà colorate, se sono cioè mutazioni o il prodotto di incroci avvenuti nel tempo. La razza è allevata in varie località del centro dell'Anatolia. Le migliori produzioni sono ritenute quelle di Ankara e di Beypazari. Il clima delle regioni anatoliche in cui viene allevata la capra d'Angora è asciutto in estate e freddo in inverno, con neve, per cui normalmente il pelo (mohair) è tosato in aprile, dopo aver lavato e pettinato l'animale. La caduta del pelo è anche spontanea al principio dell'estate; viene allora raccolto con cura e se ne ricavano mediamente 2 kg. per capo. La tosatura viene comunque praticata senza aspettare la caduta. Il mohair si presenta in genere abbastanza pulito così da dare una resa del 90% lavato. Sud Africa e U.S.A. sono oggi i maggiori produttori di Mohair, sia come qualità che come quantità, ed addirittura la tosa in questi due paesi avviene due volte all'anno. In America la razza è prevalentemente allevata nelle zone più asciutte: New Mexico e Texas, mentre in Sud Africa è allevata prevalentemente nelle pianure dell'Eastern Cape, ed una qualità meno pregiata è allevata nel Lesotho (Mohair Basuto). La razza venne anche importata ed allevata in Argentina, Perù, Madagascar, Mexico, Cina, Siam, Iran. La fibra più pregiata e quella del kid mohair (kid in inglese significa capretto), il capretto di ca. 5-6 mesi (tosa annuale) o di 10 mesi (tosa primaverile) dalla superficie liscia e lucida e spumosa, che oggi è anche quella più usata. Il mohair viene proposto in tutta una varietà di mischie, con lana, seta, cotone, fibre chimiche di denature compatibile. Caratteristiche: La finezza media del mohair è di 32-36 micron e nei capretti di 24-25 micron. Ha pelo soffice, lungo e lucente e particolarmente resistente all'abrasione e all'infeltrimento, con una qualità di antipiega. In miscela con lana ovina se ne aumenta il potere termico diminuendone la pesantezza. Impieghi: Viene usato per la fabbricazione di tessuti (anche pesi inferiori ai 300 gr. metro lineare) per abiti da uomo e donna (conferendogli maggiore freschezza, lucentezza e qualità antipiega), per fabbricare cravatte, coperture varie, tappeti, coperte in miscela con la lana ovina (per aumentare il potere termico e diminuire la pesantezza). Ma è soprattutto nella maglieria dove viene impiegato in filati per maglifici e per aguglieria (gomitoli da lavorare a mano).

► MOIRÉ
Termine francese. 1. Tessuto in seta o misto seta , in fibra sintetica o in acetato e viscosa, monocolore. Ha un aspetto lucido e setoso con un riflesso ottico consistente in caratteristiche ondulazioni sinusoidali di chiaro scuro cangiante a seconda che riflettono la luce; si ottiene con l'impiego di filati e intrecci particolari, oppure con procedimenti di calandratura, imprimendo alla stoffa disegni sfalsati. Detta operazione è chiamata  marezzatura. L'effetto moiré può essere di quattro tipi: antico, caratterizzato da grandi onde aperte; francese, con figurazioni di forma lenticolare; intermedio; goffrato o per incisione. Il tessuto è usato soprattutto come fodera interna per borse, borsette e articoli di piccola pelletteria, paramenti ecclesiastici, in arredamento e marginalmente come tessuto esterno per abbigliamento femminile da sera, abiti di scena. In italiano si dice Marezzato (che simulano le onde del mare) o Moerro. 2. L'effetto moiré, che quando non è voluto è un difetto, è un riflesso ottico consistente in caratteristiche ondulazioni sinusoidali di chiaro scuro. Si può formare anche sovrapponendo un altro tessuto, o applicando un termoadesivo (interfodera di rinforzo) in un capo d'abbigliamento.

MOLESKIN (tessuto)
Tessuto che appartiene alla categoria dei fustagni (fustagno), che viene smerigliato in modo da ottenere un tessuto robusto e resistente ma anche molto confortevole, ideale per la confezione di abiti da lavoro.

 MOLLETTA (da bucato)  
Diminutivo di molla, dal latino mòllis, molle, flessibile. Piccolo utensile di uso comune a molla, come quelli adoperati per fermare i panni stesi ad asciugare, o in forma. È un meccanismo a leva, con forza di ritorno elastica, dovuto alla presenza di una molla in prossimità del fulcro. Realizzate in materiali diversi, generalmente legno o plastica.

► MOLLETTONE 
Dal francese mollettonTessuto di lana o cotone, con mano gonfia e soffice, caldo e morbido, eseguito con trame in filato cardato di grosso titolo, leggermente follato, garzato e cimato da una sola parte o da entrambe, simile ad una spessa flanella. Sono sempre tessuti eseguiti con armature semplici quali la tela, la batavia, la corda rotta. Secondo il peso può essere utilizzato nell'abbigliamento per camicie o coperte leggere o panno da tavolo.

 MONGOMERY
Dal nome del generale inglese Sir Bernard Law Montgomery (vincitore della battaglia di El Alamein); il capo delle forze britanniche, nella seconda guerra mondiale, lo indossava sopra la divisa. Ampio giaccone generalmente con cappuccio, capo unisex, lungo al ginocchio o fino ai fianchi, con alamari a forma di olivetta in legno (ma oggi anche altri materiali sintetici) da infilarsi in occhielli costituiti da un cappio di corda o pelle. Confezionato nella sua versione più classica con tessuto di pelo cammello o con altro tessuto di lana molto pesante, oggi proposto dalla moda anche in colori non classici ed accesi. Usato specialmente dai giovani. È chiamato anche duffle coat.

► MONK STRAP  
Termine inglese; da monk, monaco in quanto era la tradizionale calzatura dei monaci. Calzatura maschile senza stringhe, chiusa da fibbia laterale. Attualmente alla classica monk, essenziale e con una sola fibbia, si affiancono anche versioni più elaborate (Double Monk) o addirittura tre (Triple Monk) fibbie, in alcuni casi colorate. Oltre al modello basso vi sono anche stivaletti e scarpe con tomaie parzialmente aperte.

► MONOBAVA (di filato)
Cucirino sintetico costituito da un singolo filamento.

► MONOFRONTURA 
Qualsiasi macchina di maglieria con una sola serie di aghi disposti in una frontura rettilinea o circolare. Se si tratta di macchine per maglia in trama producono tessuti a maglia rasata nelle diverse varianti; se si tratta di telai per maglia in catena producono in sostanza quasi tutti i tipi di tessuto.

► MONOGRAMMA 
Si tratta delle prime lettere di un nome o di una marca. Le più celebri? "LV", Luis Vitton, riprodotte su ogni borsa della griffe, il "CC" di Chanel, "GG" di Gucci. Il monogramma viene spesso utilizzato come logo o come emblema immediatamente riconoscibile. Quando sono sul petto di una camicia da uomo si dovrebbe parlare di cifra.

► MONOPETTO 
Tipo di abbottonatura per capispalla costituita da una sola fila di bottoni che chiude i due davanti.

► MOOD BOARD | MOODBOARD
Locuzione inglese: è composto da due parole e potremmo tradurlo letteralmente in “tavola dell’ umore” da mood appunto “umore” e board che vuol dire scheda, tavola, superficie. È, solitamente, una serie di immagini unite tra di loro come in un collage, di presentazione che esprime l'idea generale di una collezione. È uno spazio dove possiamo raggruppare e mettere insieme degli spunti che ci aiuteranno ad avere un'idea della collezione, quindi un insieme di immagini a volte anche di oggetti fisici che rappresenta un’atmosfera, un immaginario e il nostro personale modo di vedere il "mondo".

Esistono diverse tipologie di moodboard: la prima macro suddivisione le classifica fra fisiche e digitali.

Le versioni fisiche sono tavole (orizzontali o verticali) dove vengono raccolte foto, ritagli di giornali, stoffe o altro materiale che è legato ad un unico filo conduttore che poi è il filo conduttore del progetto: l'ispirazione.

Nelle versioni digitali, invece, si utilizzano software che aiutano a raccogliere file (tipicamente di immagini) e che consentono di riorganizzarli visivamente in modo da simulare quello che verrebbe fatto nella versione fisica.


 MOON BOOTS | MOON-BOOT
Locuzione inglese; composto da moon, "luna" e boots "stivale". Stivali da neve voluminosi ed ingombranti ma caldissimi per la spessa imbottitura interna in una specie di gommapiuma. La parte esterna è in materiale sintetico, lucido o opaco, a colori vivaci, oltre al classico bianco e al blu. Non mancano quelli rivestiti di pelo. Sono usati come doposci.

► MORDENTE  
Participio presente del verbo mordere. Denominazione generica di ogni sostanza usata per fissare (impregnare) coloranti o far aderire un'altra sostanza su tessuti, pelli, ecc. prima della loro tintura eseguita con coloranti capaci di reagire con essa per dare un composto insolubile. I mordenti più usati nell'industria sono gli idrossidi metallici e il tannino.

► MORDENZATURA  
Da mordenzare. Trattamento preliminare con mordente cui si sottopongono le fibre tessili, le pelli e pellicce prima della tintura, allo scopo di facilitarne il fissaggio della tinta, rendendole nel contempo più resistenti agli agenti atmosferici, al lavaggio, al sudore. Consiste nell'utilizzare un sale metallico solubile in acqua (bagno mordenzante), in acqua calda, prima del bagno di colore, come mezzo di "aggancio" alla fibra.

► MORDORÈ (pellame)  
Termine francese; composto dalle parole maure, "moro, bruno" e doré, "dorato". Pellame che presenta una superficie con riflessi metallici. Un tempo, il pellame mordorè, era un articolo di moda; oggi questo effetto, derivante dal cattivo uso dei coloranti basici (bronzatura), viene ottenuto con la metallizzazione.

► MOUFLES  
Guanti con il solo pollice separato. Usati anche nel Medioevo; oggi sono accessori facenti parte quasi esclusivamente dell'abbigliamento infantile e degli sportivi.

► MOUFLON (MUFFLONE o MUFFIANE)
1. Dal nome della pecora selvaggia (ovis musimon) che vive in regioni impervie dell'Europa meridionale e nell'America  settentrionale, molto simile alla capra: il suo vello lanoso, generalmente grigio sta sotto un pelo lungo e morbido color fulvo o nero. V'è anche un muflone africano che si distingue dal suo lungo pelo cadente come frangia. 2. Tessuto cardato in lana che ne imita il vello, con un effetto di pelo lungo sollevato e arricciato, senza direzione, soffice e carezzevole di alto spessore. Viene usato per cappotti da uomo e da donna, molto gonfi e di mano calda; se la lavorazione è stata eseguita bene e con lane adatte all'uopo il pelo non si deve assolutamente schiacciare né rovinare con facilità. Il pelo copre completamente l'armatura del fondo. Dopo una forte follatura (fino al 25%) e garzatura in umido, si fa seguire una seconda follatura e garzatura; quindi una cimatura e vellutatura ancora in umido, seguita da una ulteriore garzatura e spuntatura in umido. Non si calandra, ovviamente, per non schiacciare il pelo. Si devono usare lane di lunghezza e finezza medie: spesso i Mouflon col pelo più lucido e brillante sono eseguiti con una buona percentuale di lana Mohair. L'armatura può essere semplice (batavia da 4 o da 6) oppure doppia, a seconda del titolo usato e del peso finale che si vuole ottenere.

 MOULAGE 
Voce francese, col significato di modellatura. Sistema sartoriale di drappeggiare il tessuto sul manichino usando spilli e forbici, per ottenere sul capo singolo forme ed effetti desiderati che sulla carta sarebbe impossibile realizzare. Il moulage consente di creare un capo di abbigliamento sul manichino, senza le impostazioni standardizzate della modellistica tradizionale, realizzata partendo da un disegno in piano (cartamodello), in quanto il modello non viene costruito partendo da una figura piatta ovvero 2D, bensì dalla tridimensionalità. Questo permette al designer di avere già da subito una prima idea della sua creazione, e decidere come andare avanti. Tutto questo attraverso l'uso di una tela, spilli, pieghe, manualità, moduli, drappeggi, e tanta creatività. È una tecnica molto usata nelle maison Haute Couture, utilizzata già nella moda del 900 dalla stilista Madeleine Vionnet.

Inglese
: Draping (drappeggiamento).


► MOULANT  
Voce francese, dal verbo mouler, "modellare". Indica un capo aderente, attillato,  che mette in risalto la forma del corpo.

► MOULINÉ [mulinè]  
Termine francese, dal verbo mouliner, "torcere al filatoio". 1. Indica un filato composto da due filati di diverso colore ritorti assieme, la cui alternanza dà un caratteristico effetto brillante. 2. Tessuto di lana che per effetto dei filati mouliné con i quali è fabbricato, presenta nell'insieme una delicata e fitta punteggiatura.

MOZZETTA
Derivato di mozzo on -etta (troncato). Mantellina corta che può presentare anche un piccolo cappuccio, chiusa al petto da una bottoniera, portata dal papa (rossa), dai cardinali (rossa), dai vescovi (violetta) e da alcuni prelati (nera). Originaria del basso medioevo, è segno di giurisdizione in chi la indossa.
 
MUKLUK
1. Stivale morbido, tradizionalmente fatto di pelle di renna o foca, indossato dagli aborigeni artici, compresi gli Inuit. 2. Per estensione, termine usato per qualsiasi stivale leggero, però estremamente efficace  contro il grande freddo.  

► MULTICOLORE  
Da multi + colore. Di vari colori, che risulta composto da più elementi uguali, ma diversamente colorati. Al singolare: variopinto.

► MUSSOLA  
Da «Musil» il nome curdo della città di Mosul, dell'Iraq, dalla quale prende il nome. 1. Tessuto in tela, originariamente in seta, è fabbricato anche con fili di raion od altri filamenti continui sintetici. È simile allo chiffon ma più trasparente a causa della tessitura più aperta: è fortemente apprettato in maniera che presenta una mano rigida. Il suo impiego prevalente è per abiti da sera femminili. 2. Tessuto in tela di lana pettinata, leggera, usato per abbigliamento femminile. 3. Tessuto in tela in cotone cardato di grosso titolo, con diverse fittezze di fili.

Francese: Moussoline - Inglese: Muslin - Tedesco: Musselin - Spagnolo: Muselina

► MUTANDE  
Dal latino mutandae da cambiarsi, gerundivo di mutare cambiare. Le mutande sono l'indumento che ci si deve cambiare, e in questo senso la lingua italiana trova il discrimine rispetto agli altri capi, elevando a principe della biancheria intima. Indumento intimo, unisex, che copre la parte inferiore del tronco e può scendere a proteggere, in parte o completamente, le gambe. Oggi più comunemente vengono chiamati slip o boxer o tanga.


          
Rames Gaiba
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