Qualità ma come distinguerla? Sulla base di quali
parametri?
Di
solito la moda è associata a un'idea di natura effimera (è, inoltre, fondata sulle tendenze e di conseguenza il prodotto ha un "ciclo di vita" ritenuto breve con la produzione di massa, con la sua obsolenza programmata - n.d.A.), quindi incline a favorire lo spreco. Ma basta sostituire il termine
moda con il termine abbigliamento ed appare
chiaro che si tratta di una questione che riguarda tutti. Eravamo
abituati a comprare senza domandare. Oggi, ci badiamo di più, ma
continuano a non spiegarci bene come funziona il processo. Oggi,
si parla molto di qualità ma come distinguerla? Sulla base di quali
parametri? Il consumatore non è l'unico a non avere informazioni sui
capi d'abbigliamento. Molte «...aziende di moda non è proprietaria degli
stabilimenti [dove si produce - N.d.A.], e i subappalti [anche in
nazioni molto lontane dall'azienda che poi marca il prodotto - N.d.A.]
complicano il controllo delle condizioni di lavoro lungo la filiera
produttiva.¹
Rispettare
l'ambiente è un dovere, ma ciò che non è ammissibile è impostare - come fatto in passato - politiche ideologiche che penalizzano in modo drammatico i "bisogni sentiti" da una comunità (diritto al lavoro, diritto a soddisfare le esigenze proprie e della propria famiglia fra cui anche cibo, diritto alla salvezza, sicurezza, protezione, ecc.). È il concetto filosofico di libertà! Capacità del soggetto di agire (o di non agire) di autodeterminarsi all'interno di una comunità, con regole condivise e partecipate dal basso, scegliendo i fini e i mezzi atti a conseguirli. «... - e il sistema educativo ha delle responsabilità al riguardo -, ma alla fine
il rispetto per la dignità umana è considerare che ogni persona possa
decidere cosa gli sia necessario e cosa gli sia superfluo, possa quindi
fare la sua scelta. [...] È possibile pensare in modo differente, ripensare il business e offrire ai consumatori un marchio che fa leva sui valori della comunità di luogo e sul benessere dei consumatori.»²
In un mercato globale le regole sui prodotti debbono valere per tutti e non essere applicate solo in alcuni paesi. La transizione ecologica è, molte volte, non disinteressatamente (per rispondere agli interessi di chi?) aiutata da interventi finanziari pubblici (nazionali, regionali, locali) con incentivi economici senza valutare cosa dice la scienza, con ciò perdendo la possibilità di progettare sistemi migliori.
In un mercato globale le regole sui prodotti debbono valere per tutti e non essere applicate solo in alcuni paesi. La transizione ecologica è, molte volte, non disinteressatamente (per rispondere agli interessi di chi?) aiutata da interventi finanziari pubblici (nazionali, regionali, locali) con incentivi economici senza valutare cosa dice la scienza, con ciò perdendo la possibilità di progettare sistemi migliori.
Il futuro è non continuare ad insistere su scelte "ideologiche" inizialmente sbagliate. Non servono solo regole, servono strategie: investimenti in ricerca, filiere integrate, piani di lungo periodo.
L'importanza delle parole
Ma come riuscire a ricomporre questa complessità per renderla raccontabile?
Oggi il termine «sostenibilità» ha perso il suo significato originale tanto è vago, quanto quello di «ecologico». Sostenibile, nel contesto della moda, oggi è ancora di più un ossimoro, non è un aggettivo, ma solo un buon proposito.
Le normative attuali sono insufficienti a stabilire che cosa sia etico e che cosa no. La sostenibilità dovrebbe essere una cosa quantificabile, non una qualità astratta.³
Vi è molta confusione sulle parole che utilizziamo sull'argomento della sostenibilità: Economia sostenibile - Economia circolare - Sostenibilità ambientale - Biologico - Eco-friendly.
Non si può ridurre ad una semplice classificazione delle materie prime riconducibile ad una equazione in cui naturale equivale a buono e sintetico a cattivo. Naturale non è sinonimo di sostenibile, né sintetico di dannoso. Anche le materie naturali hanno un loro lato oscuro. Per scegliere è fondamentale conoscere!
L'importanza delle parole
Ma come riuscire a ricomporre questa complessità per renderla raccontabile?
Oggi il termine «sostenibilità» ha perso il suo significato originale tanto è vago, quanto quello di «ecologico». Sostenibile, nel contesto della moda, oggi è ancora di più un ossimoro, non è un aggettivo, ma solo un buon proposito.
Le normative attuali sono insufficienti a stabilire che cosa sia etico e che cosa no. La sostenibilità dovrebbe essere una cosa quantificabile, non una qualità astratta.³
Vi è molta confusione sulle parole che utilizziamo sull'argomento della sostenibilità: Economia sostenibile - Economia circolare - Sostenibilità ambientale - Biologico - Eco-friendly.
Non si può ridurre ad una semplice classificazione delle materie prime riconducibile ad una equazione in cui naturale equivale a buono e sintetico a cattivo. Naturale non è sinonimo di sostenibile, né sintetico di dannoso. Anche le materie naturali hanno un loro lato oscuro. Per scegliere è fondamentale conoscere!
Come si fa ad avere un prodotto sostenibile in un sistema che non lo è?
L’industria tessile-moda è tra le più impattanti per l’ambiente e tra quelle che maggiormente incidono sul cambiamento climatico,
la quarta più inquinante dopo l’agro-alimentare, edilizia e mobilità.
Si posiziona al terzo posto per quanto riguarda gli impatti sull’acqua e
sul suolo ed al quinto per consumo di materie prime ed emissioni di gas serra. È importante, quindi, parlare anche di energy saving (risparmio energetico) in quanto le aziende tessili sono riconosciute come "energivore".
● La globalizzazione con massiccio spostamento di produzioni in paesi lontani dai mercati di consumo produce un elevato aumento dei consumi energetici in particolare per i trasporti al quale si collega l’impatto sull’inquinamento globale.
● Il problema del riciclo in ambito fashion è legato alla differenziazione e al recupero delle fibre. Le fibre sintetiche (poliestere, nylon, acrilico, lycra, ecc.) sovente si mescolano con fibre naturali rendendone impossibile il riciclaggio. I vestiti che indossiamo infatti sono composti da un mix di filati e altri materiali e accessori (come zip, bottoni, ecc.) difficili da separare e spesso non sostenibile economicamente per poter essere riciclati.⁴
● La globalizzazione con massiccio spostamento di produzioni in paesi lontani dai mercati di consumo produce un elevato aumento dei consumi energetici in particolare per i trasporti al quale si collega l’impatto sull’inquinamento globale.
● Il problema del riciclo in ambito fashion è legato alla differenziazione e al recupero delle fibre. Le fibre sintetiche (poliestere, nylon, acrilico, lycra, ecc.) sovente si mescolano con fibre naturali rendendone impossibile il riciclaggio. I vestiti che indossiamo infatti sono composti da un mix di filati e altri materiali e accessori (come zip, bottoni, ecc.) difficili da separare e spesso non sostenibile economicamente per poter essere riciclati.⁴
● Abbiamo termini negativi che sono entrati a far parte del nostro lessico della moda: «fast fashion» - «greenwashing» (vedi voci nel Dizionario della Moda) su cui abbiamo il dovere di riflettere ed essere consapevoli.
Solo per portare a valutare una parte dei più comuni problemi:
- Il 20% dell'inquinamento delle acque mondiali è dovuto alla produzione di abbigliamento.
- Se da un lato l'aumento della produzione di fibre sintetiche trova un limite nella disponibilità di materiali fossili, quella delle fibre naturali, e in generale da fonti rinnovabili, trova un limite nella capacità biologica del nostro pianeta e in particolare nella disponibilità sia di aree coltivabili o per l'allevamento di risorse idriche.⁵
- L'industria dei metalli è il terzo fornitore di materiali per l'industria della moda (include l'industria tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature), dopo la chimica - che include la produzione di coloranti ausiliari e fibre man-made - e quella delle materie plastiche. La produzione degli accessori metallici - cerniere lampo, bottoni metallici, fibbie, borchie - è spesso realizzata all'interno di imprese inserite e integrate nella filiera della moda.⁶
- Per tingere e rifinire 1 kg di cotone servono almeno 1 mc di metano e 1 kW di elettricità. La questione del jeans è particolarmente grave, perché si tratta del capo di abbigliamento del pianeta ... e anche del più inquinante. Nonostante il cotone sia una fibra naturale, la sua produzione prevede un elevato consumo d’acqua che risulta quindi di notevole impatto ambientale.
- La finta pelle è green? Ha un prezzo minore, generalmente, di un analogo pezzo d'abbigliamento in pellame, ed è "vestito" con parole d'ordine verdi. Ma scavando sotto il marketing, scoprirai che la verità è tutt'altro che sostenibile. La maggior parte della finta pelle è realizzata con materiali a base di petrolio come poliuretanico (PU) o cloruro di polivinile (PVC). Si inizia con l'estrazione del petrolio, un processo che devasta gli ecosistemi ed emette una grande quantità di carbonio. Poi arriva la produzione carica di sostanze chimiche, la produzione ad alta intensità energetica e il triste finale: una discarica o un inceneritore, dove si attarda per secoli o si inquina l'aria. La vera pelle è progettata per vivere, da riparare, condizionare, tramandare. È un sottoprodotto naturale trasformato in eredità. Un sistema che sostenga le economie circolari e le comunità rurali. Qual è quindi il prezzo reale della finta pelle? La vera pelle potrebbe costare di più all'inizio, ma costa molto meno a lungo termine.
- Solo l’1% (al 2020) dei materiali usati per l’abbigliamento viene riciclato per farne altri vestiti.
- Ogni capo di abbigliamento ha un costo energetico nascosto: dalla produzione al trasporto, fino ai cicli di lavaggio e asciugatura. Per questo il settore della moda consuma oltre il 10% dell’energia industriale globale, con un forte impatto sulle emissioni di gas serra.
- Ogni attività produttiva comporta emissioni e "impatto zero" rientra nella casistica "uso di slogan ambigui o fuorvianti", ovvero... greenwashing.
Non esistono attualmente prodotti che possono essere definiti al 100% sostenibili. Ci sono prodotti più sostenibili degli altri. Ridurre dell' X per cento il consumo energetico necessario per la realizzazione di un singolo pezzo d'abbigliamento non significa averlo reso responsabile, significa semplicemente aver ridotto l'impatto di quel prodotto in termini di consumo energetico.⁷ La prossima volta che un prodotto si definisce "eco", chiedetevi: è davvero tale? Abbiamo un problema di verità. Un problema di marketing in cui noi, come settore, abbiamo permesso alla disinformazione di plasmare la percezione. E questa falsa percezione sta devastando il nostro settore.
È tempo di rivendicare la narrazione. Per ricordare al mondo che non è tutto verde quello che luccica.
A questo si aggiunge un continuo proliferare di marchi (ambiente – materiali – riciclo – energia ) che creano confusione. Oggi sul mercato esistono più di 400 certificati di sostenibilità applicabile al settore del fashion. L'82% riguardano solo i prodotti (le caratteriste e i materiali) mentre appena il 18% i processi operativi.⁸ Un numero esagerato!
Il fatto che di queste certificazioni ne esistono molte, ognuna imperniata su un aspetto diverso, diminuisce tuttavia la loro efficacia.
Serve un processo di riorganizzazione delle stesse, che andrebbero accorpate perché chi opera nel mondo variegato del fashion e, soprattutto, il consumatore finale possono orientarsi e scegliere.
Serve una moda "più lenta" (slow fashion) che non riguarda l'acquisto, ma piuttosto la mentalità. Indossare i propri abiti più a lungo, ridurre la frenesia dello shopping, preferire la qualità alla quantità, attribuire importanza all’origine dei prodotti acquistati e al modo in cui sono stati realizzati.
È tempo di rivendicare la narrazione. Per ricordare al mondo che non è tutto verde quello che luccica.
A questo si aggiunge un continuo proliferare di marchi (ambiente – materiali – riciclo – energia ) che creano confusione. Oggi sul mercato esistono più di 400 certificati di sostenibilità applicabile al settore del fashion. L'82% riguardano solo i prodotti (le caratteriste e i materiali) mentre appena il 18% i processi operativi.⁸ Un numero esagerato!
Il fatto che di queste certificazioni ne esistono molte, ognuna imperniata su un aspetto diverso, diminuisce tuttavia la loro efficacia.
Serve un processo di riorganizzazione delle stesse, che andrebbero accorpate perché chi opera nel mondo variegato del fashion e, soprattutto, il consumatore finale possono orientarsi e scegliere.
Serve una moda "più lenta" (slow fashion) che non riguarda l'acquisto, ma piuttosto la mentalità. Indossare i propri abiti più a lungo, ridurre la frenesia dello shopping, preferire la qualità alla quantità, attribuire importanza all’origine dei prodotti acquistati e al modo in cui sono stati realizzati.
Proposte per restituire valore a ciò che indossiamo
È facile evidenziare che più lunga è la catena di rifornimento, più slabbrati e difficili saranno i controlli sull'utilizzo di manovalanza minorile o clandestina, sull'utilizzo di coloranti cancerogeni e di tessuti nemici dell'ambiente, di trattamenti dannosi per la salute ecc. In Italia [qui vi sono ancora molti distretti industriali - N.d.A.⁹] la catena può essere molto corta: un vantaggio interessante! E se provassimo a metterlo in valore?¹⁰
Il modo in cui le cose verranno riciclate è una questione che andrebbe affrontata nel momento della loro progettazione, prima della messa in produzione.
- DPP - All’interno di questo panorama, si configura lo strumento del Passaporto Digitale del Prodotto (Digital Product Passaport – DPP). Ideato per registrare, trattare e condividere elettronicamente le informazioni sui prodotti tra le imprese della catena di fornitura, le autorità e i consumatori, questo strumento innovativo mira a migliorare la trasparenza e l'efficienza nel trasferimento delle informazioni lungo tutta la catena.
Tra le categorie pilota del DPP si collocano i prodotti tessili: rendere i consumatori consapevoli delle proprie scelte è uno dei principali obiettivi finali del DPP. Ciò è reso possibile anche dalle informazioni che vengono trasmesse digitalmente che porta a una maggiore efficienza operativa. Inoltre, più le informazioni sono dettagliate e verificabili, più i consumatori avranno la percezione della elevata qualità e sicurezza dei prodotti acquistati. I vantaggi di questa integrazione nel Passaporto Digitale del Prodotto riguardano (1) uno snellimento della burocrazia, (2) una diminuzione dell’impatto ambientale e promozione dell’economia circolare e (3) un miglioramento della reputazione aziendale e aumento della fiducia da parte dei consumatori. - QR Code - Sulla base delle informazioni appena presentate, si propone un mock-up del Passaporto Digitale del Prodotto con la relativa integrazione delle certificazioni sostenibili e accessibile tramite QR Code.
Passaporto Digitale del Prodotto con l’integrazione delle certificazioni,
accessibile tramite QR Code.
© Beatrice Cannella
accessibile tramite QR Code.
© Beatrice Cannella
Questo mock-up (modello) di schema è stata creato sulla base delle informazioni presenti nel relativo Regolamento del 2022 emanato dalla Commissione Europea.
In particolare, si descrivono nel DPP: (a) i dati anagrafici del prodotto (nome, azienda, categoria, modello e altro), (b) manuale dell’utente con le istruzioni necessarie per un corretto utilizzo del prodotto, (c) i parametri del prodotto (durabilità, riparazione e manutenzione, consumo medio per la produzione, impatto ambientale medio, riciclaggio e la catena di fornitura del prodotto), (d) valutazione di conformità (comprendente dichiarazione di conformità e documenti tecnici)
1. A differenza di altri settori manifatturieri, nel tessile-moda proliferano le certificazioni di prodotto, mentre si registrano pochissime certificazioni di sistema (ISO 9001). Il tessile-moda e la qualità complessiva delle sue aziende trarrebbero grandi vantaggi con qualche ISO 9001 in più e qualche certificazione di prodotto in meno.
2. Le certificazioni di prodotto sono usualmente rilasciate in totale assenza di ISO 9001. Sono cioè rilasciate “sulla fiducia” (ovviamente dopo i previsti controlli), senza badare troppo per il sottile al fatto che l’azienda, da quel momento in poi, sia priva di un sistema di gestione atto a dimostrare che i requisiti di prodotto (vantati dalla certificazione) siano realmente presenti su tutti i prodotti lavorati. Manca di fatto un sistema credibile, stringente, attendibile che imponga metodi di gestione sorvegliati e relativa documentazione. Esiste innegabilmente un po’ di confusione fra le certificazioni e, soprattutto, nel loro uso e nell’uso dei marchi.
Capitano frequentemente casi in cui un’azienda contrassegna se stessa come certificata con una certificazione di prodotto, mentre è il prodotto ad essere certificato e non l’azienda che lo produce. Azienda che, di solito, fa molti prodotti diversi e non tutti godono di quella certificazione di prodotto.¹²
La sostenibilità è una questione complessa e non sempre può essere ridotta a poche parole. La comunicazione pubblicitaria (claim) che implica sintesi, ma in quella sintesi non si può perdere la verità (e qualche volta tale comunicazione risulta ingannevole), va misurata e non dichiarata, con dati verificabili. Se dici "riduciamo", devi quantificare di quanto.
₁ Marta D. Riezu - La moda giusta. Un invito a vestire in modo etico; ed. Giulio Einaudi, 2023, p. VII e p. 19.
₂ Fabio Guenza «Business sostenibile: un dialogo sugli stakeholder con Edward Freeman» in: «Il bello e il buono. Le ragioni della moda sostenibile»; ed. Marsilio, 2011, p. 21-22 [...] 23.
₃ Marta D. Riezu - op. cit., p. 16-17
₄ Matteo Ward - Fuorimoda! Storie e proposte per restituire valore a ciò che indossiamo; ed. DeAgostini, 2024, p. 161.
₂ Fabio Guenza «Business sostenibile: un dialogo sugli stakeholder con Edward Freeman» in: «Il bello e il buono. Le ragioni della moda sostenibile»; ed. Marsilio, 2011, p. 21-22 [...] 23.
₃ Marta D. Riezu - op. cit., p. 16-17
₄ Matteo Ward - Fuorimoda! Storie e proposte per restituire valore a ciò che indossiamo; ed. DeAgostini, 2024, p. 161.
₅ Aurora Magni, Marco Richetti - «Le materie non rinnovabili: fibre sintetiche e metalli» in: «Neomateriali nell'economia circolare. Moda»; ed. Ambiente, 2017, p. 34
₆ Aurora Magni, Marco Richetti - op. cit., in: «Neomateriali nell'economia circolare. Moda», p. 42
₇ Matteo Ward - op. cit., p. 164
₈ Fiammetta Cupellaro - Moda, rating e certificazioni non garantiscono più contro il greenwashing; "la Repubblica", 5 novembre 2022
₉ In Italia, i distretti tessili-abbigliamento sono circa 45, con una forte concentrazione in Lombardia, Marche, Puglia, Toscana e Veneto.
₇ Matteo Ward - op. cit., p. 164
₈ Fiammetta Cupellaro - Moda, rating e certificazioni non garantiscono più contro il greenwashing; "la Repubblica", 5 novembre 2022
₉ In Italia, i distretti tessili-abbigliamento sono circa 45, con una forte concentrazione in Lombardia, Marche, Puglia, Toscana e Veneto.
₁₀ Alberto
Scacciani (segretario del centro di Firenze per la Moda Italiana) «Il
bello e il buono : una nuova vi(t)a per la moda italiana» in: «Il bello e
il buono. Le ragioni della moda sostenibile»; ed. Marsilio, 2011, p.
10-11.
₁₁ Sostenibilità e certificazione nel settore tessile: ruolo della reputazione e rilevanza del Passaporto Digitale del Prodotto - Politecnico di Torino. Corso di Laurea in Ingegneria Gestionale A.A. 2023/2024. Relatore: Luigi Buzzacchi Candidata: Beatrice Cannella
₁₂ C. Sandroni & C. - Le certificazioni tessili; Revisione 02 , Aggiornamento post blog del 30/05/2023 Piero Sandroni, ingegnere chimico.
₁₂ C. Sandroni & C. - Le certificazioni tessili; Revisione 02 , Aggiornamento post blog del 30/05/2023 Piero Sandroni, ingegnere chimico.
Di seguito le più importanti certificazioni che riguardano il mondo del fashion.
Premessa
Una certificazione è un marchio creato da un’associazione o da un’organizzazione professionale per garantire l’origine, la specificità, il livello di qualità o la conformità di un prodotto a standard di produzione prestabiliti. Può essere utilizzato solo da produttori o marchi che rispettano il disciplinare redatto dall’ente. Per la promozione di una moda sostenibile, la tracciabilità della filiera diventa fondamentale.
Una certificazione di sistema è attribuita all’azienda, quindi non può marchiare un prodotto, mentre una certificazione di prodotto è attribuita a un prodotto e dunque non può contrassegnare un’azienda.
Questa rassegna non intende togliere valore alle certificazioni non citate, che sono tutte peraltro facilmente reperibili e consultabili su internet.
CERTIFICAZIONI DELLA QUALITÀ (DI SISTEMA)
► ISO 9001
È un sistema standard internazionale che definisce i requisiti per un sistema di gestione della qualità efficaci, per migliorare la qualità di prodotti o servizi, riducendo gli sprechi e aumentando l'efficienza operativa.
È emessa da organismi di certificazione indipendenti che hanno ricevuto l’accreditamento da parte di organismi internazionali. Non esiste nel mondo una sede della ISO 9001, ma solo organismi di certificazione indipendenti che devono seguire le linee guida internazionali per l’audit e la certificazione degli standard ISO, come specificato nella norma ISO/IEC 17021-1. Questo assicura che la certificazione ISO 9001 sia affidabile e riconosciuta in tutto il mondo.
Principali requisiti imposti dalla certificazione ISO 9001:
Ha il proprio quartier generale in Svizzera, a SanGallo, e appartiene all’ente certificatore SGS.
Principali requisiti imposti dalla certificazione Bluesign®, fondati essenzialmente su prove di laboratorio eseguite su campioni.
È un sistema standard internazionale che definisce i requisiti per un sistema di gestione della qualità efficaci, per migliorare la qualità di prodotti o servizi, riducendo gli sprechi e aumentando l'efficienza operativa.
È emessa da organismi di certificazione indipendenti che hanno ricevuto l’accreditamento da parte di organismi internazionali. Non esiste nel mondo una sede della ISO 9001, ma solo organismi di certificazione indipendenti che devono seguire le linee guida internazionali per l’audit e la certificazione degli standard ISO, come specificato nella norma ISO/IEC 17021-1. Questo assicura che la certificazione ISO 9001 sia affidabile e riconosciuta in tutto il mondo.
Principali requisiti imposti dalla certificazione ISO 9001:
- Identificazione dei requisiti dei clienti - L’azienda deve identificare i requisiti dei clienti e le loro aspettative anche implicite e utilizzarli nello sviluppo dei prodotti e dei servizi.
- Gestione dei processi. L’azienda deve identificare e gestire tutti i propri processi: produzione, servizi, gestione risorse umane e gestione fornitori, ecc.
- Controllo dei documenti. L’azienda deve documentare come gestisce la qualità, compresi i processi, le procedure e le istruzioni di lavoro.
- Controllo dei registri. L’azienda quotidianamente deve registrare come gestisce la qualità, le attività di produzione, la formazione dei dipendenti, la gestione dei reclami, ecc.
- Gestione delle risorse umane. L’azienda deve garantire che il personale sia adeguatamente formato e competente per svolgere ciascuna delle attività aziendali, come previsto dal sistema di gestione della qualità.
- Monitoraggio delle prestazioni. L’azienda deve monitorare le prestazioni del sistema di gestione della qualità e dei processi, la soddisfazione dei clienti e le prestazioni del personale.
- Miglioramento continuo. L’azienda deve migliorare continuamente il proprio sistema di gestione della qualità. Ciò mediante valutazione delle prestazioni, monitoraggio dei feedback dei clienti e dei reclami, implementazione di azioni correttive e migliorative, ecc.
Ha il proprio quartier generale in Svizzera, a SanGallo, e appartiene all’ente certificatore SGS.
Principali requisiti imposti dalla certificazione Bluesign®, fondati essenzialmente su prove di laboratorio eseguite su campioni.
- Uso delle risorse (Prodotti chimici) - L’azienda deve assicurare che tutti i prodotti chimici utilizzati durante la produzione tessile siano approvati da BlueSign®. Non devono contenere sostanze chimiche nocive per l’ambiente o per la salute umana.
- Emissioni di acqua e aria - L’azienda deve adottare pratiche di produzione sostenibili, come l’uso efficiente dell’acqua e l’energia rinnovabile, per ridurre l’impatto ambientale del processo produttivo.
- Salute e sicurezza sul lavoro - L’azienda deve garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose per tutti i lavoratori coinvolti nella produzione tessile.
CERTIFICAZIONI AMBIENTALI
► ECOLABEL - EU
Voce composta da Eco + label, termine inglese che significa "etichetta". Marchio registrato.
Voce composta da Eco + label, termine inglese che significa "etichetta". Marchio registrato.
Un fiore è il simbolo dell'Ecolabel. È
il sistema di etichettatura ecologica approvato dall'Unione Europea
istituito nel 1992 in vigore nei 28 Paesi dell’Unione Europea
e nei Paesi appartenenti allo Spazio Economico Europeo – SEE (Norvegia,
Islanda, Liechtenstein), applicabile a tutti i "Prodotti
tessili" (comprende Capi di abbigliamento, Prodotti tessili per
interni, Filati e Tessuti), che attesta che il prodotto o il servizio ha
un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita; iniziando
dall'estrazione delle materie prime, dove vengono considerati aspetti
volti a qualificare e selezionare i fornitori, passando attraverso i
processi di lavorazione, dove sono gli impianti dell'azienda produttrice
ad essere controllati, alla distribuzione (incluso l'imballaggio) ed
utilizzo, fino alla smaltimento del prodotto a fine vita. Gli aspetti
che sono analizzati, in particolare, sono il consumo di energia,
l'inquinamento delle acque e dell'aria, la produzione di rifiuti, il
risparmio di risorse naturali, la sicurezza ambientale e la protezione
dei suoli.
Tra gli elementi che hanno un maggior impatto negativo sull'ambiente vengono individuati i più rilevanti, e per ciascuno di essi sono stabiliti precisi limiti che non possono essere superati. È escluso l'uso di sostanze che possono essere dannose per la salute umana. È uno strumento di adesione volontaria, e l'ottenimento del marchio costituisce un attestato.
Tra gli elementi che hanno un maggior impatto negativo sull'ambiente vengono individuati i più rilevanti, e per ciascuno di essi sono stabiliti precisi limiti che non possono essere superati. È escluso l'uso di sostanze che possono essere dannose per la salute umana. È uno strumento di adesione volontaria, e l'ottenimento del marchio costituisce un attestato.
Per ottenere il marchio Ecolabel UE il richiedente deve presentare formale domanda di concessione della licenza
d’uso del marchio Ecolabel UE all’ organismo competente italiano
(Sezione Ecolabel del Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit) che, nello
svolgimento della propria attività, si avvale del supporto tecnico della
sezione Ecolabel di ISPRA.
Certificazione
di qualità, creata nel 2006, è sostenuta dalle più importanti organizzazioni che
promuovono l'agricoltura biologica, riconosciuta come il più importante standard internazionale
dei prodotti tessili realizzati con fibre naturali da agricoltura
biologica. Lo standard definisce criteri ambientali e sociali molto
restrittivi che si applicano a tutte le fasi della produzione.
La norma comprende la lavorazione, la fabbricazione, l'imballaggio, l'etichettatura, il commercio e la distribuzione di tutti i tessuti.
Lo standard prevede una suddivisione in due etichette:
La norma comprende la lavorazione, la fabbricazione, l'imballaggio, l'etichettatura, il commercio e la distribuzione di tutti i tessuti.
Lo standard prevede una suddivisione in due etichette:
- Etichetta- grado 1: organico.
Il prodotto tessile che utilizza il marchio GOTS «organic» deve contenere almeno il 95% di fibre organiche certificate, - Etichetta-grado 2: realizzato con X% di fibre organiche. Il prodotto tessile che utilizza il marchio GOTS «made with organic» deve contenere almeno il 70% di fibre organiche certificate e non può superare il 30% di fibre non organiche, ma non più del 10% di fibre sintetiche.
Nei
criteri chiave per la trasformazione e la produzione sono inclusi fra
l'altro che tutte le sostanze usate per lavorare le fibre devono essere
rigidamente controllate: divieto di utilizzare elementi critici come
metalli pesanti, formaldeide, solventi aromatici, organismi
geneticamente modificati, o enzimi cancerogeni. Gli sbiancanti non
possono contenere cloruri, i coloranti non possono rilasciare ammine
cancerogene, le stampe non possono prevedere l'uso di ftalati o PVC.
I prodotti finali possono includere, ma non sono limitati, i prodotti in fibra, i filati e i tessuti. Lo standard non stabilisce criteri per i prodotti in pelle.
► ISO - International Organization For Standardization
I prodotti finali possono includere, ma non sono limitati, i prodotti in fibra, i filati e i tessuti. Lo standard non stabilisce criteri per i prodotti in pelle.
► ISO - International Organization For Standardization
Sono standard internazionali relativi alla
sostenibilità ambientale, tra quelli più riconosciuti annoveriamo ISO
14001 che stabilisce i requisiti per i sistemi di gestione ambientale e
lo standard (SGA) che un'organizzazione può implementare per migliorare le proprie prestazioni ambientali ISO 14024 riguarda l’etichettatura e specifica i principi e le procedure per le etichette ambientali di tipo I (è la valutazione di un prodotto, effettuata da una terza parte, effettuata sulla base di una serie di criteri relativi all’impatto ambientale di un prodotto o di un materiale per tutto il suo ciclo di vita), che sono marchi ecologici che certificano la preferibilità ambientale di un prodotto o servizio rispetto ad altri nella stessa categoria, basandosi su un'analisi del ciclo di vita e una valutazione di terze parti.
► OCS - Organic Content Standard
Garantisce l'origine biologica (organica) delle fibre tessili nei prodotti che contengono fibre naturali – vegetali o animali – certificate biologiche, e la loro tracciabilità lungo tutta la filiera di produzione secondo i criteri dell’agricoltura biologica.
La cerificazione ha un particolare riferimento al cotone biologico, la fibra di origine biologica più diffusa nel settore tessile. Anche altre fibre come canapa, lana, ramie e lino, se coltivate seguendo gli standard dell’agricoltura biologica, possono ottenere la certificazione OCS. Tuttavia, al momento, le certificazioni sono prevalentemente applicate al cotone.
Il modello di certificazione OCS prevede due diversi standard per l’etichettatura dei tessuti biologici:
La cerificazione ha un particolare riferimento al cotone biologico, la fibra di origine biologica più diffusa nel settore tessile. Anche altre fibre come canapa, lana, ramie e lino, se coltivate seguendo gli standard dell’agricoltura biologica, possono ottenere la certificazione OCS. Tuttavia, al momento, le certificazioni sono prevalentemente applicate al cotone.
Il modello di certificazione OCS prevede due diversi standard per l’etichettatura dei tessuti biologici:
- Organic Content 100: Quando il tessuto contiene almeno il 95% di fibra biologica.
- Organic Content Blended: Quando il tessuto contiene almeno il 5% di fibra biologica.
Marchio ecologico mondiale nel settore tessile e dell'abbigliamento
(L'Associazione internazionale Oeko-Tex, con sede a Zurigo in Svizzera, è
attiva dal 1992, e ad aprile 1016 include 16 istituti indipendenti di
prova e ricerca) di sistema internazionale indipendente di
certificazione per i tessili, di sviluppo dei criteri di prova, i
requisiti e i metodi analitici di certificazione per i tessili, con il
quale si dichiara l'assenza di concentrazioni di sostanze pericolose o
nocive per la salute dell'uomo, in quantità superiore ai limiti ammessi
dagli standard Oeko-Tex. Questa garanzia si estende anche a quelle
sostanze che possono svilupparsi nel prodotto durante le normali
condizioni di utilizzo. Tra i vari parametri si controlla la presenza di
coloranti proibiti o cancerogeni, di formaldeide, di residui di metalli
pesanti, di pesticidi, il pH e la solidità del colore.
Prevede sei classi di certificazione. La Oeko-Tex Standard 100 è quella più importante per la salute dei consumatori e dell’ambiente. Regolamenta la presenza e l'utilizzo di sostanze chimiche pericolose per la salute, limitando al minimo il rischio di reazioni indesiderate, e inquinanti per l’ambiente. I test prendono in considerazione numerose sostanze, imponendo limiti più severi ad alcune già regolamentate e introducendo standard su altre che invece non sono regolamentate per nulla. Durante il periodo di validità del certificato, vengono effettuate analisi casuali sui prodotti per verificare il rispetto dei requisiti.
I
parametri sono stati redatti in accordo ai regolamenti dei Paesi
aderenti all'Associazione Oeko-Tex e un sistema di controllo globale da
parte degli istituti autorizzati garantisce una verifica continua del
rispetto dei requisiti. Solo i tessuti che sono stati testati e che
rispondono pienamente ai criteri del marchio possono fregiarsi del
contrassegno "Oeko-Tex Standard 100". L'Oeko-Tex Standard 100 è in
continuo aggiornamento grazie al costante lavoro di gruppi di esperti
dell'Associazione Oeko-Tex. Nuovi criteri di test e requisiti Oeko-Tex
Standard 100 sono entrati in vigore per tutte le certificazioni il 1
aprile 2016. I prodotti certificati Oeko-Tex e i fornitori possono essere ricercati nella Oeko-Tex Online Buying Guide.
Sono ora disponibili anche nuovi prodotti quali STeP by Oeko-Tex la certificazione per la produzione tessile sostenibile, MySTeP by Oeko-Tex database gestionale, e Made in Green by Oeko-Tex, etichetta per prodotti certificati Oeko-Tex Standard 100 realizzati in accordo con le linee guida Oeko-Tex di STeP.
Sono ora disponibili anche nuovi prodotti quali STeP by Oeko-Tex la certificazione per la produzione tessile sostenibile, MySTeP by Oeko-Tex database gestionale, e Made in Green by Oeko-Tex, etichetta per prodotti certificati Oeko-Tex Standard 100 realizzati in accordo con le linee guida Oeko-Tex di STeP.
Per
quanto riguarda gli articoli prodotti in Italia dette analisi vengono
effettuate presso il laboratorio del Centro Tessile Cotoniero e
Abbigliamento S.p.A. (denominato "Centrocot") di Busto Arsizio VA.
Sito internet: http://www.centrocot.it/ (ultima verifica: 28.07.2025)
La sua classificazione si divide in quattro classi di prodotto, a seconda della destinazione d'uso. Maggiore è il contatto con la pelle, più restrittivi sono i requisiti richiesti:
Sito internet: http://www.centrocot.it/ (ultima verifica: 28.07.2025)
La sua classificazione si divide in quattro classi di prodotto, a seconda della destinazione d'uso. Maggiore è il contatto con la pelle, più restrittivi sono i requisiti richiesti:
I - Per neonati e bambini fino a 2 anni d'età.
II -
Con contatto pelle, dove una vasta porzione della superficie del
tessuto viene a diretto contatto con la pelle quando indossato.
III -Senza contatto con la pelle, o solo quando solo una piccola parte del tessuto viene a contatto con la pelle quando indossato.
IV - Per arredamenti. Vale a dire utilizzo per motivi decorativi.
Sito internet: https://bettercotton.org/it/ (ultima verifica: 29.08.2025)
La MRSL (Manufacturers Restricted Substances List) pubblicata da ZDHC è un elenco di sostanze vietate all’uso durante i processi produttivi. I livelli di conformità alla MRSL vanno da 0 a 3. Un livello più elevato riflette una maggiore sicurezza che il prodotto chimico soddisfi i requisiti richiesti, e quindi una minore probabilità che contenga sostanze pericolose. ZDHL va oltre i tradizionali approcci alle restrizioni chimiche, che si applicano solo ai prodotti finiti (Product Restricted Substances List – PRSL) ed è quindi garanzia di maggior protezione per i lavoratori, le comunità locali e l’ambiente.
Gli altri standard conformi a ZDHC
Per evitare di creare nuovi standard di certificazione, ZDHC ha deciso di rendere possibile a quelli già presenti sul mercato di venire accettati come conformi alla loro MRSL. Tra questi, sono ad oggi presenti OEKO-TEX®, GOTS, Intertek e numerosi altri. Per le aziende che già adottano questi standard significa quindi essere già compliant a ZDHC, con livelli diversi di compliance a seconda dello standard.
CERTIFICAZIONI ETICHE (SOCIALI)
► BCI - Better Cotton Initiative
Certifica, dal 2005 (ed è diventato il più grande programma mondiale di sostenibilità del cototone), che il cotone utilizzato in un prodotto
sia stato coltivato secondo i principi della sostenibilità, dell’etica e
della responsabilità sociale. La certificazione è rivolta alla filiera
del cotone: prevede il coinvolgimento degli agricoltori, delle tessiture
e dei rivenditori. Obiettivo è la riduzione dell’impatto ambientale
nella coltivazione del cotone, il miglioramento delle condizioni di
lavoro e della qualità della produzione.
Principali requisiti imposti dalla certificazione tessile BCI:
Principali requisiti imposti dalla certificazione tessile BCI:
- Miglioramento delle pratiche agricole - Il produttore promuove un approccio basato sulla riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, sull’adozione di pratiche sostenibili per la gestione del suolo e sulla salvaguardia dei diritti dei lavoratori agricoli.
- Rispetto dell’ambiente - La BCI incoraggia la gestione sostenibile delle risorse idriche, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e la protezione della biodiversità.
- Tracciabilità della filiera - Gli operatori della filiera che aderiscono alla certificazione BCI devono garantire la tracciabilità della filiera, ossia l’identificazione della provenienza delle materie prime e del percorso di lavorazione del prodotto tessile.
Sito internet: https://bettercotton.org/it/ (ultima verifica: 29.08.2025)
► ZDHC - Zero Discharge of Hazardous Chemicals
Certificazione di sistema volontaria che mira a ridurre l’impatto ambientale e sanitario causato dalle sostanze chimiche utilizzate nell’industria tessile.
La sede europea di ZDHC Foundation è in Olanda, ad Amsterdam. È un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel novembre 2011 che riunisce brand, fornitori di prodotti chimici e aziende manifatturiere attorno all'obiettivo comune di una produzione più pulita e sostenibile.
L’obiettivo di ridurre l’impronta chimica del settore dell’abbigliamento e delle calzature, eliminando gradualmente le sostanze chimiche pericolose e guidando verso l’implementazione e la diffusione di una chimica tessile sostenibile, viene portato avanti con diversi programmi e strumenti:
La sede europea di ZDHC Foundation è in Olanda, ad Amsterdam. È un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel novembre 2011 che riunisce brand, fornitori di prodotti chimici e aziende manifatturiere attorno all'obiettivo comune di una produzione più pulita e sostenibile.
L’obiettivo di ridurre l’impronta chimica del settore dell’abbigliamento e delle calzature, eliminando gradualmente le sostanze chimiche pericolose e guidando verso l’implementazione e la diffusione di una chimica tessile sostenibile, viene portato avanti con diversi programmi e strumenti:
- Roadway Map to Zero - È il programma olistico che costituisce le fondamenta del programma ZDHC, creando le linee guida per il settore.
- ZDHC Academy / Implementation Hub - È una piattaforma, istituita nel 2016, volta a diffondere consapevolezza, conoscenza e competenze sulla gestione chimica sostenibile nella filiera.
- ZDHC Gateway - È il primo database globale per una chimica più sicura e una piattaforma globale per una migliore gestione dei prodotti chimici. Consente alle aziende di condividere dati sulle acque reflue, monitorando le prestazioni di produzione di diversi fornitori in base a standard coerenti.
La MRSL (Manufacturers Restricted Substances List) pubblicata da ZDHC è un elenco di sostanze vietate all’uso durante i processi produttivi. I livelli di conformità alla MRSL vanno da 0 a 3. Un livello più elevato riflette una maggiore sicurezza che il prodotto chimico soddisfi i requisiti richiesti, e quindi una minore probabilità che contenga sostanze pericolose. ZDHL va oltre i tradizionali approcci alle restrizioni chimiche, che si applicano solo ai prodotti finiti (Product Restricted Substances List – PRSL) ed è quindi garanzia di maggior protezione per i lavoratori, le comunità locali e l’ambiente.
Gli altri standard conformi a ZDHC
Per evitare di creare nuovi standard di certificazione, ZDHC ha deciso di rendere possibile a quelli già presenti sul mercato di venire accettati come conformi alla loro MRSL. Tra questi, sono ad oggi presenti OEKO-TEX®, GOTS, Intertek e numerosi altri. Per le aziende che già adottano questi standard significa quindi essere già compliant a ZDHC, con livelli diversi di compliance a seconda dello standard.
Sito internet: https://www.roadmaptozero.com/ (ultima verifica: 29.08.2025)
Le certificazioni sociali assicurano degli standard per i diritti dei lavoratori: ore di lavoro, ferie, stipendi, sindacalismi, sicurezza sul lavoro, ecc. Tutti elementi che per la maggior parte di noi sono scontati e assicurati, ma che in molti paesi vengono invece ignorati o scavalcati. La maggior parte di queste certificazioni sono infatti vitali in Paesi come Cina, India, Bangladesh, Sud America, Africa, ecc.
► FAIRTRADE
Attesta che un prodotto tessile, come abbigliamento ed accessori, è stato
realizzato nel rispetto dei loro diritti dei lavoratori e
gli agricoltori e secondo i criteri del commercio equo e solidale. FAIRTRADE si occupa di varie filiere, e quando il marchio ha una freccia (in genere su sfondo bianco con freccia a lato), sul retro della confezione (cartellino) si hanno maggiori informazioni.
Fairtrade Italia rappresenta Fairtrade International e il Marchio di Certificazione FAIRTRADE nel nostro Paese dal 1994.
Fairtrade Italia rappresenta Fairtrade International e il Marchio di Certificazione FAIRTRADE nel nostro Paese dal 1994.
Il Marchio FAIRTRADE per il cotone indica che il prodotto è realizzato con cotone grezzo che è stato coltivato e commercializzato in maniera etica e direttamente tracciabile, ovvero tenuto separato dal cotone non-Fairtrade, in tutti gli stadi della lavorazione. Un tessuto misto può esporre questo marchio se il 100% del cotone contenuto nel tessuto è certificato Fairtrade.
► SA 8000
Attesta in
primo luogo di verificare lo stato sociale dei lavoratori nelle
aziende: salute e sicurezza, libertà di associazione, orari di lavoro,
discriminazioni, retribuzione e altro ancora. È una certificazione
applicabile in diversi ambiti, non solo nella moda rilasciata dall’organizzazione Social Accountability Internation (SAI).
CERTIFICAZIONI PER IL BENESSERE DEGLI ANIMALI ALLEVATI
► R● D● S - Responsible Down Standard
Assicura che tutti gli elementi di imbottitura dei prodotti tessili identificati come piumini siano stati ottenuti da animali ai quali non sia stata causata alcuna sofferenza né stress inserendo anche un elemento di tracciabilità delle materie prime.
► R● M● S - Responsible Mohair Standard
Garantisce che il mohair utilizzato per la produzione di un filato o di un tessuto provenga da aziende agricole che attuano una gestione sostenibile del territorio e dell'allevamento zootecnico.
► R● W● S - Responsible Wool Standard
Riguarda la lana e garantisce la provenienza da allevamenti dove viene rispettato il benessere degli animali e il terreno viene gestito in maniera responsabile.
CERTIFICAZIONI PER IL RICICLAGGIO
► RCS - Recycled Content Standard
► RCS - Recycled Content Standard
Lo standard RCS prevede due tipologie di etichettatura; un prodotto è etichettabile RCS 100 se almeno il 95% delle fibre è riciclato, mentre è etichettabile RCS Blended se anche solo il 5% delle fibre è riciclato. In particolare questa certificazione è utilizzata nel settore laniero.
Il limite della RCS è che le fasi di Raccolta Materiali e Concentrazione Materiali sono soggette a autodichiarazione, raccolta documenti e visite in loco, senza la necessità di certificazione. RCS non affronta gli aspetti sociali o ambientali della lavorazione e della produzione, della qualità o della conformità legale.
Il limite della RCS è che le fasi di Raccolta Materiali e Concentrazione Materiali sono soggette a autodichiarazione, raccolta documenti e visite in loco, senza la necessità di certificazione. RCS non affronta gli aspetti sociali o ambientali della lavorazione e della produzione, della qualità o della conformità legale.
Certifica la presenza di materiali riciclati (minimo: 20%) in particolare di poliestere (conosciuto anche come rPET), poi estesasi ad altri materiali.
Questo
standard internazionale di prodotto è stato creato da Control Union
Certifications nel 2008 ed è attualmente di proprietà di Textile
Exchange. È certificato da terzi.
Principali requisiti imposti dalla certificazione tessile GRS:
Principali requisiti imposti dalla certificazione tessile GRS:
- Incentivazione dell'uso di materiali riciclati - Questo standard assicura che il contenuto di materiale riciclato è presente dall'inizio della produzione fino a quando il prodotto non è nelle mani del consumatore. Una garanzia per l'acquirente finale.
- Misure ambientali - In termini di sostenibilità e misure ambientali, il Global Recycled Standard proibisce l'uso di sostanze chimiche dannose per le persone o la terra durante la produzione. Le fabbriche devono mettere in atto forti politiche di protezione ambientale, con un'attenzione particolare all'efficienza energetica e idrica, al controllo dei rifiuti e delle emissioni.
Sito internet: https://textileexchange.org/ (ultima verifica: 29.08.2025)
Qual è la differenza tra GRS e RCS?
Mentre il Recycled Claim Standard (RCS) certifica solamente che i prodotti contengono un 5% minimo di materiale riciclato, il Global Recycled Standard (GRS) certifica una quantità minima del 20% di materiale riciclato ponendo un'enfasi speciale sui criteri sociali e ambientali.
Entrambi questi standard sono sostenitori del riciclaggio.
Il GRS può integrare il marchio RCS che è più focalizzato sul settore tessile.
Entrambi questi standard sono sostenitori del riciclaggio.
Il GRS può integrare il marchio RCS che è più focalizzato sul settore tessile.
► Cardato Riciclato Pratese
Da oltre 200 anni a Prato (siamo in Toscana a qualche decina di km da Firenze) si rigenera la lana “cénci” (lavorare come cenciaiolo, nuova figura professionale che, con l’esperienza e la sensibilità al tatto, riusciva a classificare le fibre in maniera sempre più accurata nella cernita degli stracci) un anticipo rispetto ai tempi di oggi, una forma di ante litterram di cultura che viene dal passato, un esempio di come l’artigianato, la dedizione e la responsabilità ambientale possano intrecciarsi, portando con sé non solo tessuti di lana pregiati, ma anche un profondo rispetto per le radici del mestiere tessile.
Il Cardato Riciclato Pratese è una lavorazione di recupero e rigenero di fibre tessili, una lavorazione che è un eccellente esempio di economia circolare.
Il riciclo e la nobilitazione di materie prime seconde di pre e post consumo, dona una nuova vita a fibre destinate a diventare rifiuto.
Il Cardato Riciclato Pratese è una lavorazione di recupero e rigenero di fibre tessili, una lavorazione che è un eccellente esempio di economia circolare.
Il riciclo e la nobilitazione di materie prime seconde di pre e post consumo, dona una nuova vita a fibre destinate a diventare rifiuto.
Per fregiarsi del marchio “Cardato Recycled” i tessuti e i filati devono essere:
L'Associazione nasce nel 2023, e registra il marchio "Cardato Riciclato Pratese" che ha l’obiettivo di certificare l’origine locale dei prodotti tessili riciclati garantendo il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità delle pratiche di produzione, la tracciabilità dei materiali e la qualità superiore del lavoro svolto nel distretto tessile di Prato.
- Prodotti all’interno del distretto pratese
- Realizzati con almeno il 65% di materiale riciclato (abiti o scarti di lavorazione
tessile) - Aver misurato l’impatto ambientale dell’intero ciclo di produzione tenendo conto
di tre aspetti: impatto del consumo di acqua, di energia e di CO₂
L'Associazione nasce nel 2023, e registra il marchio "Cardato Riciclato Pratese" che ha l’obiettivo di certificare l’origine locale dei prodotti tessili riciclati garantendo il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità delle pratiche di produzione, la tracciabilità dei materiali e la qualità superiore del lavoro svolto nel distretto tessile di Prato.
Il vocabolario della moda (in)sostenibile, che trovate nel dizionario:
● Biodegradabile ● Biologico ● Compostabile ● Cost per Wear ● Cruelty-free ● Eco-friendly ● Ecomoda ● Economia circolare
● Energy saving ● EPR (Extended Producer Responsibility) ● Fast fashion ● Fashion victims ● Fibersort
● Greenwashing ● Impronta idrica ● Köpskam ● Mulesing ● PFAS ● Plexon ● Prêt-à-Louer ● Pre-loved
● Rammendare ● Recycling (Riciclo) ● RiTES (Riciclo TEssile Sostenibile) ● Slow fashion
● Sostenibilità (Sustainable fashion) ● Upcycling ● Wardrobe fashion ● Wearable technology
● Pellame ● Pelle ● Pelliccia ● Pelliccia sintetica (impropriamente definita "Pelliccia ecologica") ● Pile
● Energy saving ● EPR (Extended Producer Responsibility) ● Fast fashion ● Fashion victims ● Fibersort
● Greenwashing ● Impronta idrica ● Köpskam ● Mulesing ● PFAS ● Plexon ● Prêt-à-Louer ● Pre-loved
● Rammendare ● Recycling (Riciclo) ● RiTES (Riciclo TEssile Sostenibile) ● Slow fashion
● Sostenibilità (Sustainable fashion) ● Upcycling ● Wardrobe fashion ● Wearable technology
● Pellame ● Pelle ● Pelliccia ● Pelliccia sintetica (impropriamente definita "Pelliccia ecologica") ● Pile
FIBRE TESSILI
(i link sono a voci del Commentario, per le altre voci si rimanda ai link "lettere" del Dizionario)
■ FIBRE ANIMALI: ● Alpaca ● Angora ● Cashmere ● Cammello ● Guanaco ● Lama ● Lana ● Mohair ● Pashimina ● Seta
● Vicuna ● Yak
■ FIBRE VEGETALI: ● Abaca ● Agave ● Alfa ● Bamboo (Bambù) ● Canapa ● Cocco ● Cotone ● Ginestra
● Ibisco ● Jucca ● Juta ● Kapok ● Kenaf ● Lino ● Ortica ● Rafia ● Ramiè
■ FIBRE MINERALI: ● Amianto
■ FIBRE ARTIFICIALI: ● Acetato ● Cisalfa ● Cupro ● Ingeo ● Lanital ● Lyocell (Tencel) ● Modal ● Rayon
● Triacetato ● Viscosa
■ FIBRE SINTETICHE: ● Acrilico ● Alginato ● Aramide ● Elastan (Elastam) ● Modacrilica ● Poliammide (Nylon)
● Poliestere ● Vinile (P.V.C.)
● Vicuna ● Yak
■ FIBRE VEGETALI: ● Abaca ● Agave ● Alfa ● Bamboo (Bambù) ● Canapa ● Cocco ● Cotone ● Ginestra
● Ibisco ● Jucca ● Juta ● Kapok ● Kenaf ● Lino ● Ortica ● Rafia ● Ramiè
■ FIBRE MINERALI: ● Amianto
■ FIBRE ARTIFICIALI: ● Acetato ● Cisalfa ● Cupro ● Ingeo ● Lanital ● Lyocell (Tencel) ● Modal ● Rayon
● Triacetato ● Viscosa
■ FIBRE SINTETICHE: ● Acrilico ● Alginato ● Aramide ● Elastan (Elastam) ● Modacrilica ● Poliammide (Nylon)
● Poliestere ● Vinile (P.V.C.)
In termini di sostenibilità, tuttavia, questa suddivisione non può considerarsi valida perché l’origine non decreta l’impatto. Sarebbe più appropriato suddividere i tessuti in base ad altri criteri: tessuti non rinnovabili, ovvero che hanno un bassissimo tasso di biodegradabilità, derivanti da risorse sempre meno reperibili in natura e il cui processo produttivo produce consumi energetici esorbitanti, emissioni di CO₂ elevate e un alto rischio di disperdere sostanze chimiche pericolose durante la lavorazione.
Link al dizionario per approfondire i termini in uso nell'abbigliamento e tessile:
A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N - O - P - Q - R - S - T - U - V - W - X - Y - Z
Rames Gaiba
© Riproduzione riservata
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